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E’ trentino l’elettrodomestico che funziona come orto verticale bio

TRENTO – Arriva il primo orto aereoponico per il pubblico: 1 metro x 2.30 di ingombro, produce la quantità necessaria  di vegetali e frutta per una famiglia di quattro persone.  «Bassi costi e facilità di gestione, per garantire alimentazione sana e sicurezza alimentare in qualsiasi area urbana, anche in condominio», dice l’inventore Matteo Sansoni, che ha presentato la sua “creatura” durante un evento svoltosi in Expo.  Vista la crescente urbanizzazione del mondo e la scarsità di terre fertili, il futuro dell’agricoltura è verticale. Colossi come Panasonic stanno investendo in queste nuove tecnologie, per creare sistemi hi-tech di coltivazione per poter coltivare anche indoor, con il minor uso possibile di suolo. Sembra che questa sfida di mercato sia stata vinta dalla trentina Veve – vegetali in verticale, la prima start up dedicata alla realizzazione di orti verticali aereoponici, ovvero dove le radici delle verdure e ortaggi risultano sospese nell’aria e gli elementi nutritivi vengono erogati tramite nebulizzazione, con uso ridotto di acqua e energia. Con una missione: un orto in ogni casa per garantire cibo fresco e local. «Credo che gli orti verticali, quelli rivolti al pubblico come il mio, svolgano una triplice funzione», spiega Sansoni. «La prima è quella di garantire  la sicurezza alimentare, dato che ognuno da Milano a Shanghai con un semplice balcone, una terrazza inutilizzata o anche un angolo di una stanza può avere frutta e verdure fresche e controllate direttamente.  La seconda è quella nutrizionale: l’orto veve può fornire a una famiglia di 4 persone il fabbisogno giornaliero di vitamine e nutrienti per una dieta sana. Infine riattiva il processo di restituzione del valore al cibo: stando a contatto ogni giorno con ciò che consumiamo impariamo il valore del cibo e impariamo a non sprecare». Oggi le poche soluzioni offerte sul mercato sono di tipo idroponico (ovvero senza terra, ma con abbondante uso di acqua), costose e non sempre semplici da installare. veve, invece ha optato per realizzare un  orto ready-made aeroponico. Questa scelta comporta due vantaggi: occupare poco spazio (anche solo un metro quadro per 2,30 m di altezza) e non richiede impianti idrici complessi, massimizzando la superficie di coltivazione. Tutti possono potenzialmente averne uno in casa. Basta attaccarlo alla presa elettrica e riempire il serbatoio di acqua. Per altro il sistema ha un impatto idrico limitatissimo risparmia il 90% di acqua rispetto ad un orto tradizionale. Perfetto per zone caratterizzate da siccità e scarsità idrica, dove l’agricoltura e gli orti tradizionali hanno un forte impatto sulle riserve acquifere. «veve è da considerarsi come un nuovo elettrodomestico smart, come la macchina del pane o del gelato», spiega ancora Sansoni. «Solo che questa produce , zucchine, fragole, rosmarino, insalata, pomodori eccetera. Tutto biologico ovviamente!» Sebbene possa essere anche usato su larga scala (serra ad alta produttività), veve è pensato per i semplici cittadini, per i condomini, per chi vuole l’orto urbano ma ha un balcone troppo piccolo.

L’alleanza con il colosso cinese apre il mercato italiano del fotovoltaico ibrido

ROVERETO – La Cina ha bisogno dell’Italia, almeno per quanto riguarda il mercato degli impianti di energie rinnovabili di nuova generazione. Il colosso cinese Solax, nato come spin off dall’università dello Zhejiang, grazie all’impresa trentina Eneray è la prima compagnia ad avere la certificazione (CEI 021 12/2014) idonea per distribuire moduli innovativi ibridi (consumo e stoccaggio) di sistemi fotovoltaici. Secondo gli analisti questi nuovi sistemi, in grado sia di alimentare un’abitazione o un’impresa, sia di immagazzinare energia per la notte, sono considerati the next big thing, la prossima grande onda del mercato delle rinnovabili. «Un mercato sicuramente destinato a crescere», spiega Davide Tinazzi, che sui sistemi hybrid ha scommesso con la sua start up, Eneray, nell’incubatore di imprese green, Progetto Manifattura. «Nel contesto italiano i prodotti ibridi sono molto interessanti, poiché, come anche accaduto in Inghilterra e Germania, gli incentivi per l’energia da fotovoltaico sono scomparsi, mentre la bolletta elettrica continua a salire. Per questo ora serve massimizzare la produttività degli impianti». Ragione per cui il fotovoltaico si sta sempre più orientando verso l’autoconsumo. Una trasformazione importante, quella dell’autogenerazione di energia decentrata, che apre scenari interessanti per i produttori di batterie (come ha sottolineato il recente annuncio del genio californiano Elon Musk) e di inverter per sistemi ibridi. «L’obiettivo oggi è usare tutta l’energia generata nel fotovoltaico, grazie a nuove generazioni di batterie e di inverter, come quello di Solax, tra i più performanti al mondo» prosegue Tinazzi. Una scommessa quindi su una tecnologia cinese, per poter portare insieme il meglio dei due mondi dal punto di vista tecnologico. La produzione di qualità di Solax con il know-how d’impianti di alto artigianato di Eneray. «Crediamo che l’Italia sia il mercato giusto dove andare, perché il partner Eneray ci ha dato un aiuto professionale per poter adattare i nostri prodotti al mercato italiano», continua Tom Ji, regional sales manager di Solax. «Abbiamo dodici diverse procedure di monitoraggio lungo la filiera e simo gli unici produttori cinesi approvati e distribuiti dal gruppo tedesco Krannich, noto per la rigidità sulla scelta dei prodotti». In Australia Solax è la compagnia numero uno nel segmento inverter, mentre nel Regno Unito ha conquistato l’argento, battendo anche compagnie tedesche e svedesi. «Per le nostre compagnie è importante trovare nuovi partner commerciali di ottimo livello, anche con eccellenze cinesi, che dimostrano il dinamismo della green economy italiana e la capacità di fare rete anche con soggetti complessi come i grandi colossi delle rinnovabili del dragone», spiega Michele Tosi, di Progetto Manifattura.

La seconda vita della plastica riciclata produce fatturato e tutela l’ambiente

OSPEDALETTO DI ISTRANA – Continua il trend di crescita di Aliplast SpA, realtà leader in Italia nella produzione di manufatti e materiali da imballaggio, in gran parte realizzati in plastica riciclata. L’azienda, che impiega attualmente oltre 200 addetti, ha infatti chiuso il bilancio 2014 a quota 82 milioni di euro, registrando un incremento dell’1,3% rispetto all’esercizio precedente. Nel corso dell’anno sono state oltre 70mila le tonnellate di materiale plastico lavorato, con più di 1,2 miliardi di bottiglie in Pet e 270 milioni di metri quadri di rifiuti di imballaggi in Pe (la superficie di 36.800 campi di calcio) avviati a riciclo, cui si aggiungono gli altri materiali trattati. Il fatturato aggregato generato nel 2014 dal gruppo di cui Aliplast è capofila – che comprende altre otto aziende presenti in Italia, Francia, Spagna e Polonia e sempre operanti nel segmento della raccolta, riciclo e rigenerazione della plastica oltre che nella produzione di materiali in plastica riciclata – ha invece raggiunto i 98 milioni di euro. «Questi dati ci confermano che stiamo proseguendo sulla strada giusta», sottolinea Roberto Alibardi, fondatore e presidente di Aliplast. «Innovazione, ricerca e attenzione all’ambiente sono le cifre che ci caratterizzano senza le quali non potremmo essere competitivi e offrire ai nostri partner prodotti e servizi certificati e di qualità, all’altezza delle loro esigenze». Fra i propri clienti Aliplast annovera infatti alcune delle più importanti realtà attive in Italia e all’estero nei più diversi settori, dal food & beverage – Ferrero, San Benedetto, Parmalat, Peroni, Saclà solo per citarne alcuni – all’edilizia e arredamento, alla logistica e ai trasporti. Nata nel 1982 come azienda di servizi per la raccolta di materiali plastici, Aliplast ha allargato via via la propria offerta affiancando all’attività di raccolta la rigenerazione e successivamente la produzione di manufatti e imballaggi in plastica riciclata: attualmente è la prima realtà in Italia a gestire in completa autonomia e indipendenza il ciclo integrato della plastica grazie al riconoscimento, emesso in ultima istanza dal ministero dell’Ambiente nell’agosto 2014, del proprio sistema Pari (Piano per la gestione autonoma dei rifiuti di imballaggio), che le permette di tracciare i propri imballaggi e i rifiuti generati dagli stessi.

Da 160 milioni di tonnellate di scarti agroalimentari i nuovi bioprodotti

CREMONA – L’Italia dispone ogni anno di un “tesoro” da 160 milioni di tonnellate di scarti agroalimentari, deiezioni animali e sottoprodotti agricoli che possono essere trasformati in “bioprodotti”. Il dato è emerso durante BioEnergy Italy, il salone delle tecnologie per le energie rinnovabili che si è tenuto a CremonaFiere (http://www.bioenergyitaly.com). Il settore dei bioprodotti è in continua espansione in Italia e può utilizzare una grande varietà di scarti e sottoprodotti agricoli come deiezioni animali (130 milioni di tonnellate), frazioni organiche di rifiuti urbani (10 milioni di tonnellate), residui colturali (8,5 milioni di tonnellate), scarti agro-industriali (5 milioni di tonnellate), fanghi di depurazione (3,5 milioni di tonnellate), scarti di macellazione (1 milione di tonnellate). A livello europeo il mercato dei principali bioprodotti (bioplastiche, biolubrificanti, tensioattivi vegetali e biosolventi) raddoppierà da 20 a 40 miliardi di euro nei prossimi 16 anni, occupando circa 93 mila addetti. E’ in aumento anche la domanda di materie prime agricole per lo sviluppo di bioprodotti, come dimostra la riconversione dell’ex petrolchimico di Porto Torres in Sardegna che consentirà, una volta completati gli impianti, di produrre 350 mila tonnellate di prodotti chimici biologici all’anno partendo dalle coltivazioni locali. Nel comparto chimico la bioeconomia è considerata dai governi di Europa, Stati Uniti e Cina la via maestra per garantire alle future generazioni sviluppo sostenibile, sicurezza alimentare e minore dipendenza dalle fonti fossili di energia. E’ un complesso di attività che ha il suo fulcro nell’agricoltura e che in Europa genera un fatturato di circa 2 mila miliardi di euro e dà lavoro a 22 milioni di persone, trasformando risorse biologiche rinnovabili e rifiuti biodegradabili in prodotti a valore aggiunto come alimenti, mangimi, bioenergie, intermedi chimici e bioprodotti. In ambito europeo è previsto un investimento di 2 miliardi di euro nei prossimi sette anni. La Germania, ad esempio, ha stanziato un budget di 2,4 miliardi di euro in cinque anni e altri programmi stanno partendo in Svezia, Belgio, Norvegia e Danimarca. Negli Stati Uniti sono state varate dal 2002 diverse leggi a sostegno dei bioprodotti derivati dall’agricoltura. In Cina le biotecnologie sono considerate una delle sette industrie strategiche emergenti e si punta in particolare sull’aspetto farmaceutico e sui bioprodotti. L’Italia vanta riconosciute punte di eccellenza e un indotto di attività in notevole crescita, con alcuni esempi esposti a Cremona. Dagli scarti industriali delle mele si ricavano la “cartamela” per fazzolettini e rotoli da cucina e la “pellemela” per le calzature e rivestimenti di divani. Una delle realtà che si è mossa in questa direzione è la Frumat, un laboratorio di analisi chimiche di Bolzano che lavora gli scarti reperiti nelle numerose aziende melicole dell’Alto Adige. Ogni anno nel settore ittico italiano circolano 10 milioni di cassette in polistirolo che devono essere smaltite e conferite nella raccolta rifiuti indifferenziata, con alti costi economici e un potenziale ed elevato livello di inquinamento per l’ambiente, a iniziare dalle acque marine. Ecco perché la Blue Marine Service, una cooperativa di San Benedetto del Tronto (AP) che commercializza prodotti ittici, ha iniziato a impiegare cassette realizzate in Polypla, un materiale bio-based totalmente realizzato con materie prime naturali biodegradabili, per lo stoccaggio e la movimentazione del pesce.

Si può fare la differenza tecnologica anche nella gestione dei rifiuti

MILANO – Bicocca fa la differenza eliminando i cestini dei rifiuti da tutti gli uffici. Quattro i punti fondamentali del progetto di gestione dei rifiuti che l’Università di Milano-Bicocca ha chiamato “Bicocca fa la differenza”: eliminare i cestini della raccolta indifferenziata dagli uffici e dalle aree comuni, creare isole ecologiche, introdurre erogatori di acqua potabile, realizzare un sistema di monitoraggio digitale dei rifiuti. È un innovativo sistema di gestione dei rifiuti, che combina l’aspetto informativo con la ricerca e porta a un immediato miglioramento della raccolta differenziata. L’ottimizzazione della raccolta differenziata comporterà un risparmio sui servizi di pulizia di circa 90 mila euro all’anno. Il progetto è stato presentato nello spazio della Galleria della Scienza, dove sono state posizionate le isole ecologiche, installati gli erogatori dell’acqua e ricostruiti due uffici di dimensioni reali dai quali sono stati eliminati tutti i cestini per spiegare come funziona il nuovo sistema di gestione dei rifiuti e quali sono le novità per studenti e dipendenti dell’Ateneo. Il nuovo sistema porterà all’installazione su ogni piano di isole ecologiche per conferire vetro, plastica e indifferenziato, e consentirà di raggiungere il 70 per cento di raccolta differenziata, riducendo le emissioni di CO2 di circa il 50 per cento. Le isole ecologiche saranno 500. Negli uffici rimarrà esclusivamente il contenitore della carta. Le isole ecologiche, dotate di QR code, saranno monitorate dagli stessi utenti che, con l’applicazione mobile PolApp sviluppata dal Geomatic Laboratory del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio e di Scienze della Terra, potranno inviare “alert” sulla correttezza della differenziazione dei rifiuti e sul livello di riempimento. Il nuovo sistema di gestione dei rifiuti è stato sviluppato dal Centro di Ricerca Polaris del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio e di Scienze della Terra, in collaborazione con la Direzione generale e l’area Risorse immobiliari dell’Ateneo che si occupa della gestione logistica del Campus. Al progetto hanno collaborato Amsa per la cartellonistica e gli aspetti logistici della gestione dei rifiuti e il consorzio Comieco che ha fornito 500 contenitori per la carta. I consorzi Corepla (Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero degli imballaggi in plastica), Coreve (consorzio recupero vetro), Cial (consorzio imballaggio alluminio) e Ricrea (Consorzio nazionale riciclo e recupero imballaggi acciaio) sono stati costantemente presenti nelle fasi di realizzazione del progetto. Anche il consumo della plastica, grazie all’installazione nel Campus di 40 erogatori di acqua potabile filtrata liscia e gassata, diminuirà sensibilmente. A studenti e personale saranno fornite gratuitamente borracce in acciaio, ricaricabili agli erogatori, con una conseguente riduzione del 30 per cento del numero di bottigliette di plastica e del 30 per cento delle emissioni di C02.

Come produrre ceramiche speciali e risparmiare il 35% della bolletta elettrica

BUCCINASCO – Se l’energia è una delle voci di maggior incidenza sul conto economico di un’azienda manifatturiera italiana, è fondamentale mettere in atto tutte le opzioni che consentono di ridurne il costo: è quello che ha fatto la Sinterall, piccola impresa milanese leader nel settore delle ceramiche speciali per applicazioni industriali (elettrotecnico, elettronico, meccanico, aerospaziale, petrolchimico, energetico, nucleare, alimentare, biomedicale), che opera dal 1946 utilizzando processi tecnologici all’avanguardia e ad alto impatto “energivoro”.  Per l’approvvigionamento di energia elettrica, Sinterall si è affidata ad Aira Group, associazione di scopo specializzata nella gestione energetica attraverso l’individuazione e la scelta delle migliori condizioni contrattuali, tecniche ed economiche a favore delle aziende associate, come spiega il presidente Damiano Cottone: «Il nostro obiettivo è quello di supportare le aziende verso una corretta sostenibilità, evitando sprechi che spesso equivalgono a migliaia di euro e contribuendo così ad una maggiore competitività nei mercati». Aira Group va oltre la logica del gruppo d’acquisto, in quanto il rapporto contrattuale è comunque diretto tra l’azienda e il fornitore. Ma il lavoro degli esperti di Aira Group è finalizzato a costruire le basi contrattuali di maggior vantaggio per l’azienda consumatrice: «Grazie alla collaborazione con alcuni dei più importanti players di mercato, siamo in grado di proporre quotazioni in acquisto ben al di sotto delle medie, attivando contratti ad hoc. Il continuo monitoraggio del mercato ci permette di scegliere il contratto giusto al momento giusto, passando ad esempio da un prezzo PUN o TTF a un prezzo fisso e viceversa. L’analisi costante delle bollette garantisce che prelievi, potenze, accise, oneri A/Uc e prezzi siano dovutamente applicati». In sostanza, Aira Group si occupa di tutto quello che l’imprenditore dovrebbe fare per analizzare in modo dettagliato le forniture energetiche, ma non riesce a fare perché impegnato sul suo core business. E’ ciò che è capitato all’Ing. Guido Borgognoni, titolare della Sinterall: «Per la nostra attività, che si è evoluta verso un concetto quasi “sartoriale” di produzione delle ceramiche, utilizziamo forni elettrici discontinui. Le otto fasi di processo cui sottoponiamo i materiali (ossidi di alluminio e zirconio, biossidi e triossidi di titanio, nitruro di silicio, steatite…) comportano alte pressioni e temperature dai 1.400 ai 2.000°C, con picchi di consumo notevoli. Quando abbiamo cercato di rinegoziare il contratto di fornitura elettrica con il nostro gestore storico, non abbiamo trovato ascolto. In più c’era sempre il problema dei conguagli di fine anno, con costi aggiuntivi fuori controllo. Così due anni fa abbiamo colto la proposta di Aira Group: il passaggio a un fornitore svizzero che ci ha garantito un risparmio del 15% sulla bolletta elettrica. E non è finita: dopo un anno Aira Group ha individuato un’ulteriore possibilità di riduzione proposta da un altro fornitore: Sinterall ha cambiato fornitore ottenendo un ulteriore sconto del 10%. A settembre 2014 abbiamo cambiato nuovamente fornitore, sempre grazie al supporto di Aira Group, ottenendo un nuovo sconto del 10%». Risultato: in tre anni Sinterall ha abbattuto di un terzo il costo dell’approvvigionamento energetico. Senza aggravi burocratici e amministrativi e nella massima trasparenza e affidabilità.

Inaugurato nelle Marche il primo quartiere interamente eco-sostenibile

PORTO POTENZA PICENA – Diventa realtà il progetto che trasforma un’ex area industriale in degrado sulla Riviera Adriatica in quartiere modello di sostenibilità ambientale e qualità della vita. È stata infatti completata a Porto Potenza Picena (Macerata), a pochi passi dal mare, la prima parte di Ecocittà, con la realizzazione di un edificio residenziale e commerciale ad alto risparmio energetico, un’area verde da 7mila metri quadrati con sistema di recupero dell’acqua piovana dove prima sorgevano vecchi capannoni industriali, l’illuminazione a basso consumo e le prime vie, intitolate a premi Nobel per la pace. Ecocittà rappresenta un unicum perché i concetti della sostenibilità (alta efficienza energetica, realizzazioni in classe A e A+, edilizia sostenibile secondo il protocollo Itaca Marche) vengono per la prima volta estesi a un intero quartiere.  «Questa prima realizzazione è un traguardo importante – commenta Paolo Giorgini, amministratore delegato di Ecocittà management – perché c’è già tutta la filosofia del progetto: risparmio energetico, edilizia sostenibile, ampi spazi aperti, tanto verde e comfort. Con Ecocittà costruire vuol dire non consumare nuovo suolo, ma riqualificare e valorizzare il territorio». L’area completata è pari a 15mila metri quadri. Il primo edificio ospita due piani commerciali e tre residenziali con 26 appartamenti ed è caratterizzato da chiostri, ballatoi, giardini pensili e ampie superfici scoperte, con gli attici che spiccano con le grandi terrazze sul mare. Un edificio contemporaneo e funzionale che, come vuole il progetto architettonico curato da Fima Engineering, non tralascia aspetti tipici dell’architettura del territorio rivisitati in chiave contemporanea, con ampio utilizzo di materiali naturali come il cotto, utilizzato non più solo come rivestimento della facciata ma anche per creare un effetto di ombreggiamento e diminuire i carichi termici in estate. L’edificio è realizzato secondo principi di alta efficienza energetica (classe A), con soluzioni costruttive per ridurre al minimo la dispersione termica (elevato spessore dell’isolamento termico a cappotto, tetto in legno ventilato, infissi ad elevate prestazioni, isolamento dei solai e dei muri, eliminazione dei ponti termici). Dal punto di vista tecnico – impiantistico, a cura di We Plan Ingegneria, l’edificio è dotato,  per il riscaldamento e l’acqua calda sanitaria, di un impianto centralizzato con alimentazione a metano e caldaia a condensazione, integrato al solare termico; il sistema centralizzato presenta notevoli vantaggi in termini di ottimizzazione dell’energia e anche di sicurezza: niente gas in casa, anche grazie alla cucina ad induzione. L’energia elettrica necessaria ai servizi condominiali sarà fornita da un impianto fotovoltaico installato su tetti e lastrici.  Il percorso eco-sostenibile continua anche all’esterno dell’edificio, con un sistema per il recupero dell’acqua piovana che verrà riutilizzata per l’irrigazione e un impianto di illuminazione delle aree pubbliche a basso consumo.

Qualità certificata per il manutentore dei grandi impianti fotovoltaici

ROMA – Kenergia Sviluppo, leader in Italia nella fornitura di servizi di monitoraggio, gestione e manutenzione di grandi impianti fotovoltaici, ottiene dall’ente Dasa-Rägister la certificazione Iso 9001:2008, lo standard internazionale più importante al mondo che delinea le modalità per il raggiungimento di alte prestazioni operative, assicurando la massima qualità dei processi gestionali e produttivi. «Per noi – afferma Giovanni Simoni, presidente di Kenergia Sviluppo, che è partecipata dalla compagnia milanese Infrastrutture – questa certificazione è il naturale riconoscimento dell’impegno profuso da tutto il nostro team. In un settore dove la forte competitività tende a sottrarre risorse alla qualità dei servizi, la nostra azienda è invece orgogliosa di non derogare all’offerta di un servizio professionale, innovativo e secondo costante ricerca di best practice, nella certezza di migliorare le performance tecniche ed economiche degli impianti fotovoltaici che gestiamo per i nostri clienti». «La nostra missione – ha dichiarato Mario Cosenza, direttore relazioni esterne di Dasa-Rägister – è quella di fornire un servizio di certificazione di alto livello che permetta alle aziende per cui lavoriamo di migliorare e valorizzare le prestazioni della propria organizzazione nei confronti delle risorse umane, dell’ambiente e del business. Kenergia Sviluppo, che opera in un settore complesso quale la gestione e manutenzione di impianti fotovoltaici, ha fornito evidenza di un forte impegno verso la qualità del servizio e il miglioramento continuo». Negli ultimi cinque anni Kenergia Sviluppo ha fornito servizi su oltre 300 megawatt prodotti in un centinaio di impianti, in gran parte di proprietà di primari investitori italiani e internazionali. La società, che si avvale della collaborazione di 25 tecnici specializzati e chiuderà il 2014 con un fatturato di circa 2 milioni di euro, è proprietaria di un sistema Scada di monitoraggio e gestione degli impianti e rende un servizio di monitoraggio 24 ore su 24 e per 365 giorni all’anno. «Abbiamo avviato da tempo un programma di formazione interna e di messa a punto di modelli e procedure in grado di assicurare il rigoroso rispetto delle norme, con la consapevolezza dell’importanza di investire nella salute e sicurezza dei lavoratori e dei clienti», ha commentato Pier Francesco Rimbotti, presidente di Infrastrutture. «Su questi aspetti già oggi Kenergia Sviluppo non si limita a ciò che prevedono gli obblighi di legge e per questo il prossimo obiettivo sarà quello di ottenere anche la certificazione secondo lo standard Ohsas 18001:2007».

Puntando sul geologo-manager la leader delle bonifiche torna a crescere

RIMINI – L’ultima impresa in ordine di tempo è stata la partecipazione all’incredibile operazione di “traghettamento” della Costa Concordia dall’Isola del Giglio al porto di Genova come supporto tecnico anti-inquinamento a bordo della Goletta Verde di Legambiente. Un tecnico ambientale ha prelevato e analizzato campioni d’acqua per verificare eventuali sversamenti di idrocarburi: per chi ha bonificato 15mila serbatoi petroliferi e industriali in trent’anni d’attività, un’ulteriore segno distintivo di un’eccellenza assoluta nel campo dei servizi ambientali. Guidata dai fratelli Pivi ed “esplosa” negli anni ’80 con i servizi di manutenzione delle aree di servizio dei carburanti, la riminese Petroltecnica ha messo a punto negli anni uno specifico know how e una forte sinergia con tutti i grandi gruppi petroliferi prima ancora che le norme specifiche intervenissero a disciplinare la gestione dei rifiuti e le modalità di caratterizzazione e di bonifica dei siti contaminati. «Nel tempo il nostro servizio di Pronto Intervento Ambientale, per risolvere i problemi legati agli sversamenti di idrocarburi nel suolo e nel sottosuolo, è diventato un’area di business», spiega Gianlorenzo Minarini, entrato come geologo neolaureato in Petroltecnica e oggi responsabile della Divisione Ambiente. «Da una parte abbiamo consolidato il settore della manutenzione e diagnostica dei serbatoi interrati, introducendo primi in Italia la tecnologia robotizzata “No Man Entry” con i dispositivi il “Ragno, il “Bruco” e il successivo “Camaleonte”, tutt’ora in uso. In parallelo si è sviluppata l’attività di protezione ambientale per le bonifiche dei siti contaminati (depositi, raffinerie, industrie ecc.), che dalla fine degli anni ’90 è diventata il core business della società». Nel 2010 le criticità generali del settore industriale e l’ingresso di nuovi player hanno comportato per Petroltecnica una fase di riorganizzazione e hanno “imposto” a Minarini l’assunzione di una vera e propria responsabilità manageriale. «Al di là della mia formazione tecnica, avevo bisogno di acquisire competenze più ampie e profonde in ambito gestionale ed economico finanziario. Ho avuto la possibilità di iscrivermi nel 2013 all’ Executive Master in management delle pmi promosso da Altis – Università Cattolica, che propone un programma didattico diversificato in tutti gli ambiti che un manager deve presidiare, dall’HR al marketing, dal controllo di gestione alla finanza, con una struttura concepita proprio per chi deve far combaciare formazione e lavoro, cioè una mirata presenza in aula e la possibilità di operare in e-learning». La frequenza del master si è intersecata allo sviluppo del rilancio aziendale: «Durante il corso ho riportato la teoria alla pratica in azienda, avendo una visione finalmente allargata delle problematiche interne ed esterne: ad esempio, il modulo sul marketing è diventato un progetto di comunicazione e strategia commerciale finalizzato all’ingresso in un nuovo segmento di mercato; il modulo di programmazione e controllo ha conferito un metodo al sistema di budgettazione e di analisi economica delle commesse. Abbiamo anche affrontato la questione del passaggio generazionale, per dare continuità alla crescita delle pmi». In sostanza, Petroltecnica ha sostenuto l’investimento formativo sul proprio manager e ha ottenuto un risultato operativo immediato sulla governance aziendale per gestire la risalita.

I francesi lasciano: torna l’insegna italiana sullo storico garden center di Pavia

MILANO – Dopo circa dodici anni il colosso francese Botanic lascia l’Italia e lo storico garden center di Montebello della Battaglia, in provincia di Pavia, passa all’insegna Viridea: oltre 5.400 metri quadrati di superficie di vendita coperta, a cui si affiancano circa 3.300 metri quadrati di area scoperta, inseriti all’interno di un importante polo commerciale. Botanic Montebello, che nel 2013 ha realizzato un fatturato pari a 4,7 milioni di euro, cesserà l’attività alla fine di agosto. Dal 1° settembre l’insegna Viridea subentrerà alla catena francese rilevando il personale, per un totale di 31 dipendenti, andando così ad affiancare gli altri sette punti vendita a marchio Viridea già presenti in Lombardia, Piemonte e Veneto. Il nuovo garden si caratterizzerà per un percorso commerciale del tutto simile a quello ormai consolidato degli altri punti vendita, con l’aggiunta di un reparto dedicato all’alimentazione biologica che rappresenta una vera novità. «E’ con particolare soddisfazione che ci apprestiamo a proseguire l’avventura legata al marchio Viridea, andando a operare presumibilmente sul più vecchio garden center italiano», commenta Fabio Rappo, fondatore e amministratore unico di Viridea. «Ciò consentirà una migliore penetrazione in un bacino di utenza che vede il marchio Viridea già presente nel pavese a San Martino Siccomario e il miglioramento dell’efficienza generale attraverso l’aumento dei volumi complessivi». Nel 2013 la rete dei sette Viridea Garden Center –  nata nel 1997 dall’esperienza della Rappo, società attiva dal 1983 nel campo del giardinaggio professionale – ha accolto complessivamente oltre 6,5 milioni di visitatori registrando un fatturato pari a 48,3 milioni di euro, dato che ha confermato la posizione di spicco dell’azienda nel mercato italiano di riferimento.

Con i nuovi modelli brevettati il bagno mobile è sempre più ecologico

CERTALDO  – Dal cilindro di Sebach continuano a uscire importanti novità. L’azienda toscana – che ha rivoluzionato il settore dei bagni mobili facendoli diventare oggetto di arredo urbano, protagonisti di cantieri, vie, festival, eventi, concerti, grandi manifestazioni in tutta Italia – ha presentato tre nuovi modelli: All-in-one, Top San® No Touch 2.0 e Tanica Estraibile. L’All-in-one è il frutto di uno studio che permette di comporre una struttura modulare formata da diverse cabine (ad esempio bagno più doccia, doccia più spogliatoio, ecc…), a seconda delle esigenze e tipologie di servizio. Le destinazioni possono essere diverse, ma è il settore dell’agricoltura che può avere il maggior numero di impieghi, con la possibilità di utilizzo durante la raccolta della frutta, nelle semine e molto altro ancora. Il Top San® No Touch 2.0 è l’innovativo bagno mobile che combina il dispositivo brevettato di pulizia a ogni utilizzo a nastro rotante in acciaio inox con il sistema di azionamento a pedale, grazie al quale si potenziano le performance in termini igienici, pratici e di risparmio idrico. Ulteriore elemento distintivo è rappresentato dall’essere un bagno ad “acqua pulita”, cioè dotato di un serbatoio di acqua pulita che viene utilizzata per pulire il wc – l’acqua viene “mixata” con il prodotto di pulizia adeguato – garantendo un maggior livello di igienizzazione. Infine la Tanica Estraibile by Sebach permette di soddisfare un’esigenza primaria in luoghi difficilmente raggiungibili, con la tanica estraibile che, grazie alle maniglie laterali, può essere facilmente estratta, pulita e riposizionata nella cabina. Questi bagni, che seguono la normativa Uni-En-16194, si basano sui principi legati al totale rispetto ambientale, riconosciuti anche dalla Carta dei principi per la sostenibilità ambientale e dall’Epd (Environmental Product Declaration), ai quali Sebach è completamente conforme. Presente in tutta Italia fin dal 1986, l’azienda di Certaldo, coordinata dalla holding Ylda Group Spa, vanta oggi una rete di oltre 80 concessionari e più di 1.000 punti noleggio, movimentando oltre 25mila bagni al giorno. Dal 2011 è presente con Sebach France sul mercato transalpino, con l’obiettivo di replicare il modello di successo italiano.

A fine maggio sarà presentata la prima cella di stagionatura a impatto zero

BIGARELLO – La prima cella di stagionatura per l’industria agroalimentare a consumo energetico prossimo a zero è  l’oggetto della sperimentazione che Ersaf, l’Ente regionale lombardo dei servizi all’agricoltura e alle foreste, sta realizzando da dodici mesi  presso la sua sede mantovana presso l’Azienda Carpaneta, nell’ambito del progetto Energaid. A  conclusione della sperimentazione, il prossimo 29 maggio è previsto un evento di presentazione indirizzato agli operatori del settore agroalimentare e ai costruttori di pannelli prefabbricati per pareti e coperture delle celle e magazzini di stagionatura di carni, formaggi e frutta. Qual è l’obiettivo del progetto? «Produrre innovazione reale, migliorare la sostenibilità energetica, ambientale ed economica dei processi di stagionatura alimentare tramite l’evoluzione della tecnologia di isolamento termico attivo.Gli aspetti peculiari dell’innovazione sono la temperatura d’ambiente costante e controllata, con consumo energetico prossimo allo zero; le significative ricadute positive sotto il profilo della sostenibilità ambientale; i tempi di ritorno economico particolarmente competitivi; la drastica riduzione della potenza elettrica impegnata», spiega Gianantonio Zapparoli, della struttura poroduzioni e filiere dell’Azienda Carpaneta.L’innovazione di Energaid riguarda l’involucro dello spazio climatizzato, per controllare o annullare gli scambi di calore dell’ambiente interno, da e/o verso l’ambiente esterno. L’isolamento termico è ottenuto attraverso una soluzione originale: un flusso d’acqua percorre un circuito annegato nel materiale isolante.La cella sperimentale deve simulare le condizioni classiche di stagionatura previste per il formaggio grana, con una temperatura oscillante tra 16-18°C con umidità relativa di 82-85% durante tutto l’anno. Nell’incontro del 29 maggio gli ospiti verranno guidati nella visita alla cella di stagionatura pilota; si effettueranno quindi comparazioni con casi studio di magazzini di stagionatura del formaggio, paragonando  costi energetici e costi economici. Per partecipare all’evento è necessaria la prenotazione (tel. 0376459559, gianantonio.zapparoli@ersaf.lombardia.it).

Dalle scatole agli eco-arredi: le insospettabili e molteplici vite del cartone

CARATE BRIANZA – Stuzzichini, cocktail, tanta gente e buona musica live. Si direbbe la perfetta ambientazione per un aperitivo domenicale in centro città, ed invece è l’atmosfera che ha accolto le decine di visitatori accorsi alla sede dello Scatolificio Camossi ai primi di marzo, per l’inaugurazione del nuovo marchio dell’azienda, la SC Ecodesign. Fondato da Paolo Camossi a Carate Brianza nel 1966, lo Scatolificio Camossi è sempre stata una realtà a conduzione familiare attiva nella produzione di imballaggi in cartone ondulato. In seguito alla scomparsa di Paolo, avvenuta nel 2008, la gestione è passata alla figlia Laura, la quale ha dovuto subito affrontare, insieme alla madre Nadia, il periodo più buio della storia dell’impresa. Trasferitasi da poco nel caratese, la ditta – che dà lavoro a 11 dipendenti e ha registrato nel 2013 un fatturato di 1,2 milioni di euro- ha avviato un deciso piano di rilancio e ha recentemente affiancato al suo tradizionale ambito di attività il nuovo brand SC Ecodesign, che realizza mobili e oggettistica in cartone riciclato, principalmente per l’interior design. «La nostra intenzione è di inseguire il trend della praticità, della eco-sostenibilità, del biologico, del riciclabile. Insomma, di tutto ciò che è green e ha a che fare con la natura», sostiene Laura Camossi. «La pasta di cellulosa è un materiale duttile, con cui si può progettare qualsiasi cosa, dalle sedie alle grucce, dai tavoli ai cestini, dalle cantinette portabottiglie alle panche». Ma l’ostacolo da superare è l’apprensione iniziale: «chi guarda i nostri prodotti è incuriosito, ma ha anche timore che non reggano il loro peso. In realtà non c’è pericolo e i prodotti garantiscono tutte le prestazioni in sicurezza, perché le nostre sedie sono testate per sopportare fino a un peso di 140 chilogrammi, le panche addirittura 300». Durante l’happy hour gli ospiti hanno potuto scoprire e apprezzare le numerose creazioni dell’architetto Alberto Pirelli, la “mente” che sta dietro al design di questi originali prodotti. «Oltre al fatto che sono tavole di cartone ad incastro, senza viti, facilissime da montare le une con le altre, la rinuncia ad ogni trattamento chimico non causa nessun problema di smaltimento», puntualizza l’architetto, che sintetizza così: «più che costruire prodotti, proponiamo uno stile di pensiero». L’azienda madre punta parecchio sul nuovo business: ne è testimonianza lo stesso evento di presentazione e il fatto che la SC Ecodesign manterrà un bilancio separato. La sua produzione sarà destinata, per il momento, ad ambiti molto ristretti: «siamo concentrati prevalentemente su due binari: da un lato l’arredamento di scuole primarie e secondarie per fare divertire i bambini, dall’altro l’azienda punterà su allestimenti di locali, lounge bar, temporary shop, enoteche e servizi catering», svela la Camossi. Per avere successo, tuttavia, è necessaria una riflessione sulle strategie di marketing: «Stiamo pensando di presentarci a diverse fiere – conclude l’amministratrice – non solo in Italia ma anche all’estero, come Germania, Inghilterra e Scandinavia, Paesi in cui il concetto di eco-compatibilità è molto sentito. Perché non basta fare cose belle, bisogna farle conoscere!». 

La cogenerazione al servizio della miglior produzione agroalimentare italiana

ORZINUOVI – Nuova sinergia tra il Gruppo AB e il settore dell’agroalimentare italiano: la cogenerazione entra in casa Orogel, realtà di eccellenza nel mercato food in Italia, costituita da 2mila soci produttori che coltivano i terreni più vocati per offrire la migliore varietà di prodotti ortofrutticoli freschi, surgelati e confetture. La società bresciana, leader europeo del settore della cogenerazione, ha infatti installato due impianti Ecomax® 20ngs nello stabilimento Orogel di Cesena,  dove si produce un quarto dei prodotti vegetali del nostro Paese. I due impianti a gas naturale, con una potenza elettrica di 4 megawatt, assicurano la copertura del 70% circa di fabbisogno elettrico e il 65/70% del fabbisogno termico dello stabilimento romagnolo. L’assetto dell’impianto scelto massimizza l’utilizzo delle produzioni che sono variabili, essendo legate alla stagionalità e alla disponibilità di prodotto dell’industria alimentare. I volumi attesi per quanto riguarda l’energia elettrica prodotta sono di circa 21mila megawatt ora all’anno, con un recupero termico di circa 12.500 megawatt ora. Il risparmio annuo è di circa 1 milione e 200 mila metri cubi di gas pari a 2.300 tonnellate di CO2, 1.600 chilogrammi di CO e 3.700 chilogrammi di NOx  di emissioni evitate nell’ ambiente. Il percorso intrapreso da Orogel con il Gruppo AB nello stabilimento di Cesena è un ulteriore passo dell’azienda romagnola in direzione dell’autoproduzione, dell’efficienza energetica e della ricerca di alti standard tecnologici. Per il gruppo bresciano, l’installazione realizzata a Cesena arricchisce un “portfolio” di referenze che comprende oltre 800 impianti avviati per un totale di  potenza elettrica nominale che supera i 1.100 megawatt. Negli ultimi anni la capacità produttiva è quadruplicata e il numero di dipendenti ha superato le 500 unità. AB è oggi presente con filiali dirette in Polonia, Serbia, Croazia, Spagna, Romania, Repubblica Ceca, Austria, Brasile, Paesi Bassi, Olanda e Canada.

Al via Bio-Qed, il progetto di ricerca europeo per lo sviluppo di biochemicals

NOVARA – Aprire nuove strade industriali per la produzione di importanti chemicals ottenuti da fonti rinnovabili anziché dalle tradizionali fonti petrolchimiche: è questo lo scopo del progetto Bio-Qed, finanziato dall’Unione Europea all’interno del VII Programma quadro e coordinato da Novamont (azienda leader nello sviluppo e produzione di biomateriali con 323 addetti e 135 milioni di euro di fatturato), che coinvolge dieci partner provenienti da 6 Paesi europei (Italia, Germania, Francia, Paesi Bassi, Croazia, Spagna), tra cui primarie realtà del mondo industriale e della ricerca europei come Fraunhofer Institut, Nova Institut, Cargill, Lubrizol, Rina, TNO, Miplast, Patentopolis e Mater-Biotech. Bio-Qed, partito a gennaio e di durata quadriennale, si inserisce all’interno della strategia UE sulla bioeconomia, che ha lo scopo di indirizzare il sistema economico europeo verso un più ampio e sostenibile uso delle risorse, conciliando le esigenze dell’agricoltura e della sicurezza alimentare con l’uso sostenibile delle fonti rinnovabili per fini industriali. «Questo progetto riveste un’importanza strategica per la ricerca Novamont, che ha accumulato una significativa esperienza nell’integrazione di processi chimici e biotecnologici per la trasformazione di biomasse attraverso lo sviluppo di tecnologie proprietarie. Ci darà modo di consolidare ulteriormente le nostre relazioni con i protagonisti della bioeconomia a livello internazionale», ha commentato Luigi Capuzzi, direttore della ricerca Novamont.

La finanza scommette sulle rinnovabili: tre nuove società nell’indice Irex

MILANO – Irex, l’indice di Althesys che segue l’andamento delle società rinnovabili quotate in Borsa Italiana, si aggiorna con l’ingresso di tre nuove società specializzate in energia pulita, tutte quotate al listino Aim, il Mercato alternativo del capitale di Borsa Italiana dedicato alle piccole e medie imprese italiane che vogliono investire nella loro crescita. Sono Innovatec, società del gruppo Kinexia focalizzata sul business dell’efficienza energetica, True Energy Wind, che opera nel settore del mini-eolico ed Enertronica, attiva nella produzione di inverter per impianti fotovoltaici. L’indice di riferimento del mercato italiano delle aziende green, partito nel 2008 con nove titoli, che ha riflesso negli anni scorsi le difficoltà del settore con l’uscita di alcune società, con l’ingresso delle tre nuove imprese ha raggiunto una capitalizzazione totale di 877 milioni di euro. All’aumento ha contribuito anche la crescita delle quotazioni, dovuto ai risultati positivi registrati nella seconda parte dell’anno dalla maggioranza delle società. E crescono anche le quotazioni, arrivando l’Irex Index a 6.148 punti, +33% da inizio anno, segnando un +60% dal minimo raggiunto a metà giugno 2013. Le energie rinnovabili rappresentano una quota ormai consolidata delle attività delle società quotate e le prime 50 imprese globali del settore capitalizzavano a metà 2013 561 miliardi di euro, in ripresa rispetto al 2012. In questa cornice s’inseriscono le small-mid cap italiane quotate, monitorate dall’indice Irex. Nel 2013 il comparto delle energie rinnovabili in Borsa ha avuto una flessione nel corso dei primi sei mesi dell’anno, per poi seguire un trend di crescita costante per tutto il secondo semestre (ad eccezione del mese di novembre, dove ha segnato un calo influenzato dall’andamento dell’indice Ftse Oil and Gas).  Il settore conferma la sua vivacità e dinamismo ed evidenzia un ritrovato interesse da parte della finanza, che sembra trovare conferma anche in questi giorni. Ad oggi fanno parte dell’Irex Alerion, EEMS, Enertronica, ErgyCapital, Falck Renewables, Frendy Energy, Innovatec, K.R. Energy, Kinexia, Terni Energia, True Energy Wind.

Sviluppato a Milano il software per la ricarica dei veicoli elettrici

MILANO – Nelle colonnine di ricarica per veicoli elettrici che stanno spuntando un po’ come funghi in tante città italiane, batte un giovane cuore “made in Milan”: è il software che gestisce i protocolli di comunicazione e lo scambio di informazione con le colonnine, sviluppato in Italia da Siemens. Al team di sviluppo partecipa WellD, piccola innovativa società informatica con sedi operative a Lugano e Milano, nata cinque anni fa per iniziativa di quattro ex studenti dell’Università della Svizzera italiana: «Per conto e con la collaborazione di Softeco Sismat S.p.a. abbiamo lavorato con Siemens per elaborare il programma che consente alle colonnine del progetto di mobilità elettrica Enel, già attive in diverse città (Pisa, Roma, Genova, Modena, Bologna, Reggio, Bari, n.d.r.), di dialogare con l’amministrazione della rete: quando un utilizzatore collega il suo veicolo alla colonnina di ricarica, bisogna gestire informazioni come il controllo delle tessere, i dati di consumo, i flussi di ricarica e le tariffazioni», spiega Michele Giacobazzi, uno dei tre soci che, tra l’Italia e la Svizzera, coordinano un team di nove giovani informatici e ingegneri. L’esperienza con Siemens e Softeco Sismat ha rappresentato una grande opportunità per WellD, perché ha proiettato la start up nel mercato delle nuove tecnologie per l’infrastrutturazione della rete di green mobility. «Nell’avvio della collaborazione con i tecnici Siemens non abbiamo utilizzato sistemi già pronti o integrazioni con framework esistenti o librerie sviluppate da altri. Le prime versioni del software sono arrivate dopo più di un anno, perché definire e consolidare una comunicazione affidabile e robusta con una colonnina e verificare che tutto funzionasse correttamente in ogni situazione  è stata un’operazione abbastanza complessa.  Ora questa piattaforma di monitoraggio e gestione della comunicazione tra apparecchi in rete è replicabile anche in altre applicazioni industriali». Oltre al flusso delle comunicazione, il software di Siemens interviene anche sull’erogazione dell’energia elettrica: «se nello stesso momento più auto richiedono energia nello stesso punto della rete elettrica, il sistema rimodula automaticamente i flussi di ricarica ottimizzando l’energia a disposizione e distribuendola su tutte le colonnine, in modo da non raggiungere un tetto di energia richiesta impostato ed evitare problemi di consumo eccessivo o di blackout». Per Siemens, Enel rappresenta il cliente principale nel mondo delle infrastrutture di ricarica, ma il sistema è replicato in più installazioni utilizzate da diverse realtà. «Oggi sono circa 2mila le colonnine gestite dal sistema, di cui circa 300 pubbliche, a disposizione di tutti gli utenti. Ci sono poi quelle dei privati con colonnina installata presso il proprio domicilio, connessa alla rete con un contatore dedicato, che non influisce sui consumi domestici. Ci sono inoltre molti progetti per l’industria, ovvero grandi aziende che hanno flotte di auto elettriche e devono allestire gli impianti di ricarica nei parcheggi aziendali. Il progetto più importante è quello di Poste Italiane, che ha circa 500 colonnine già installate per la ricarica dei veicoli elettrici. Anche questa infrastruttura è gestita dal sistema Siemens».

Commessa milionaria per la bonifica ambientale delle acciaierie di Piombino

MILANO – Tenaris Dalmine ha scelto la milanese Isovit, una delle poche società italiane in possesso delle più importanti certificazioni e autorizzazioni (Iso 9001 e 14001, Ohsas 18001, iscrizione all’albo dei gestori ambientali in due categorie), per la bonifica e messa in sicurezza del sito Tenaris di Piombino. Una commessa che vale diversi milioni di euro e attribuisce un riconoscimento significativo alla professionalità e all’impegno costante di Isovit nel perseguire con estrema attenzione la politica di salute, sicurezza e ambiente nell’ottica del miglioramento dell’efficienza aziendale, come spiega Massimo Vitale, uno dei titolari: «Negli ultimi anni abbiamo cercato di selezionare la clientela concentrandoci soprattutto in ambito industriale, dove operare in sicurezza è un valore riconosciuto. Per questo abbiamo investito molto (80mila euro nel 2012, n.d.r.) nel capitale umano. Investire nella formazione dei nostri operatori, partendo dai corsi “base” come antincendio e primo soccorso fino ad arrivare ai corsi peculiari quali l’uso di piattaforme aeree, il lavoro in ambienti confinati e l’ottenimento di patentini per la rimozione dell’amianto, è il cardine della politica Isovit. Solo così riusciamo a offrire ai nostri clienti un servizio puntuale, flessibile e rispettoso delle normative cogenti e vigenti in materia di sicurezza». Fondata nel 1963 per la messa in opera di isolamenti termici in ambito industriale, la Isovit ha via via sviluppato competenze nelle bonifiche di tipo ambientale, partendo dai primi anni Novanta con l’entrata in vigore della normativa sulla rimozione dell’amianto: «Oggi i nostri principali clienti sono le acciaierie ma anche le industrie chimiche, farmaceutiche e termoelettriche. Negli ultimi anni abbiamo lavorato anche oltre frontiera, sempre per incarico di imprese italiane, in particolare negli Stati Uniti, Germania e attualmente in Romania, anche se il nostro business è realizzato prevalentemente sul mercato interno». Niente male, per una piccola impresa che fattura 8 milioni di euro con una quarantina di addetti.

Brillano le idee “verdi” per migliorare l’efficienza delle energie alternative

RIMINI – Con la cerimonia di premiazione dei vincitori del concorso “Laboratorio delle Idee”, promosso da Multiutility SpA in collaborazione con Officine Italiane Innovazione, si è conclusa a Rimini la manifestazione KeyEnergy, che ha posto sotto i riflettori le innovazioni e i progetti per rendere sempre più efficiente la gestione energetica nel mondo delle imprese. Tre le idee innovative premiate dal comitato scientifico della Fondazione Ambiente Pulito. Al primo posto si è classificato il progetto presentato da Luigi Maldera, amministratore delegato di de3lla società pugliese MBL Solution, che ha ideato un modulo fotovoltaico innovativo con incapsulamento senza Eva.  Grazie alla particolare tecnica costruttiva, il modulo garantisce una lunga durata e un’elevata resistenza in condizioni estreme, trovando quindi interessanti applicazioni in regioni, come il Medio Oriente e l’Africa, dove le temperature sono molto elevate. Secondo classificato il torinese Arcangelo Massafra, con l’idea Wind Ball per la produzione di energia eolica. Al terzo posto lo studio bresciano Piccinini Raoul, con il progetto di produzione di energia da moto ondoso.

Con la cogenerazione anche le alghe diventano una fonte energetica utile

MILANO – L’ultima innovazione è un progetto di green energy a base di alghe, sfruttate per produrre il biogas necessario ad alimentare un impianto di cogenerazione che produce energia elettrica. D’altro canto, utilizzare bene la materia prima è la prima fonte di risparmio energetico. Lo sa bene Paolo Macchi, rappresentante legale della milanese Power Ventures, letteralmente “Iniziative energetiche”, società specializzata nella progettazione, realizzazione e conduzione di impianti di cogenerazione, che ha ereditato e portato avanti un’eccellente esperienza delle iniziative imprenditoriali di famiglia nel settore del gas metano: «Ha iniziato mio padre negli anni ’70, quando in provincia di Varese ha creato una della prime reti di distribuzione del metano. Da allora ci siamo sempre occupati di energia costruendo impianti, gasdotti e sistemi di distribuzione all’utenza. Parallelamente abbiamo gestito altre iniziative imprenditoriali, ad esempio nel campo della meccanica per la produzione di impianti di sollevamento, o in quello immobiliare, a supporto e completamento degli altri business più innovativi». Quando nel 2011 Franco Macchi ha lasciato l’azienda a 78 anni, il figlio Paolo ha assunto le redini puntando con decisione sulla cogenerazione, ancora poco conosciuta in Italia ma estremamente vantaggiosa per un Paese che dispone di poche risorse fossili per la produzione di energia: «La cogenerazione utilizza il calore prodotto tipicamente da un motore, molto simile tecnologicamente quello di un’autovettura, per produrre energia elettrica e trasferire il calore a un altro fluido. Può essere applicata a quasi tutti i settori civili e industriali che utilizzino il calore entro una certa fascia di temperature. L’ambito ideale è quello ospedaliero, alimentare, tessile e chimico, in cui c’è un impiego costante di energia per la produzione di vapore, riscaldamento, acqua calda, illuminazione eccetera». Aspetto peculiare di Power Ventures è che si assume buona parte del rischio imprenditoriale sostenendo spesso l’investimento del motore di cogenerazione, e cedendo al cliente solo l’energia elettrica  e il calore prodotti a un prezzo più competitivo del precedente a cui il cliente l’acquistava. Così Power Ventures, nonostante la recessione, è arrivata in pochi anni ad avviare una decina di impianti nel nord Italia, avendo come base operativa Milano e centro tecnico Padova. «Il più importante è quello di un’azienda bergamasca del tessile industriale, la TexCene: è un sistema del valore di 2 milioni di euro strutturato su due impianti accoppiati che consumano mediamente in un mese oltre 400.000 metri cubi di gas, quando una famiglia ne consuma 2.000 all’anno! Tale gas è meglio utilizzato rispetto al consumo che si avrebbe senza la cogenerazione. Il tutto si traduce in un risparmio economico per il cliente. L’aspetto interessante è che spesso ci troviamo in concorrenza con gruppi multinazionali che si stanno espandendo nel settore della cogenerazione, disponendo di capitali impressionanti, mentre Power Ventures riesce a crescere pur mantenendo caratteristiche da impresa di “artigianato industriale”, così come i nostri clienti affermano, soddisfatti».