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Rillosi: «In Extravega la flessibilità è al potere e crea eccellenza»

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PADERNO DUGNANO – La flessibilità? Per chi occupa una posizione manageriale di una famosa multinazionale, oppure è un giovane collaboratore di qualche millennial startup nel mondo del digitale, è certamente già dato per scontato, ma per i collaboratori di una azienda manifatturiera, non avere orari fissi di lavoro, è una cosa che fanno in poche, speciali aziende. Alla Extravega Architectural Fabrications di Paderno Dugnano, piccolo paese a nord di Milano, questa di “organizzarsi tra dipendenti” per il maggior bene comune è una storia che si crea giorno dopo giorno, fin dagli anni Novanta. «Il bene maggiore è il bene dell’azienda, ma è anche il bene di ogni singolo collaboratore, e il bene delle famiglie di questo micro-mondo che si chiama Extravega. E’ il maggior bene di tutti i clienti, che dal 1985, anno della fondazione, spingono da sempre questa azienda all’eccellenza. Ed ovviamente è anche il maggior bene di tutti i fornitori, che aiutano Extravega a migliorare le proprie performance e capacità, anno dopo anno», spiega il fondatore e amministratore Antonio Rillosi. Una trentina di dipendenti, di cui il 30 per cento sono donne, unica sede produttiva mondiale in Italia, con sedi commerciali all’estero, negli States, a Londra e in Australia, la Extravega produce al proprio interno il Made in Italy per gli architetti più esigenti e per i clienti più esclusivi: è un servizio ai progettisti di tutto il mondo, un laboratorio che lavora al proprio interno tutti i materiali: metalli, vetro, legno, marmo e materiali compositi. Materiali naturali, che diventano facciate, scale, arredi e pezzi d’arte. In Extravega si producono pezzi unici e parti importanti di progetti di design ed architettura, da installare in giro per il mondo. Potrebbe sembrare uno slogan, ma il lavoro che viene svolto è un mix di sapienza artigiana, auto-organizzazione che deriva dall’esperienza, engineering e progettazione all’avanguardia. E molta innovazione tecnologica. Alle quali si è aggiunta la voglia di innovare anche nell’ambito dell’organizzazione aziendale, e la mancanza di orari fissi per i dipendenti, che praticamente si autogestiscono, è uno dei tanti fatti inusuali che lo testimonia. «Ho iniziato lavorando nell’azienda di mio padre e questa cosa dell’orario fisso, del cartellino, della campanella che suona, come a scuola, mi ha sempre dato fastidio, è qualcosa che limita la persona. E le sue idee. Quando ho fatto il mio percorso ho voluto farlo diverso», racconta Rillosi, che aggiunge: «Non ci ha guidato certo il mero tornaconto personale: è partito tutto da quella idea che dietro al fatturato c’era di più, c’era qualche cosa di valore: le persone. Se lavori libero, se puoi esprimere le tue idee, lavori meglio e dai di più. E si costruisce un bel gruppo affiatato, dove gli obiettivi sono di tutti. E l’azienda va meglio». I sindacati? «Inesistenti, a cosa servirebbero? Avete mai provato a chiedere a un sindacalista di aiutarvi a risolvere un problema di momentanea indisponibilità economica? Oppure di accompagnarvi con una certa esperienza nella apertura del vostro mutuo della prima casa?». La flessibilità è negli orari e, quando serve, anche nelle mansioni: «Ognuno dei miei collaboratori sa fare benissimo più cose, e, alla bisogna, si sposta anche di ruolo, anche perché cambiano i prodotti. Si fanno oggetti diversi ogni volta, e le persone, così allenate al nuovo che avanza, ragionano con grande elasticità. E non si annoiano mai, imparando cose nuove, crescendo in esperienza. E in soddisfazioni personali». Non si timbra neppure il cartellino, ognuno segna le proprie ore e quelle si contano. «Ci sono anche dei problemi o qualche incomprensione, come in ogni gruppo di persone. È certo, però, che questo sistema funziona: oggi siamo una delle aziende leader e questo nostro modus operandi è una vittoria e non lo gettiamo via per qualche contrattempo per il nervosismo di una giornata». Molte aziende della new economy in California fanno così da sempre: «Quando ho creato Extravega ho voluto fare così: insieme ai miei ragazzi e ragazze abbiamo inventato un posto dove si vanno a fare delle cose, non “a lavorare”. Con passione e voglia di farle bene. Perché il cliente questo lo capisce, e vede la differenza fra noi e i nostri concorrenti». Un modello nuovo che si è fatto pratica, e incredibilmente funziona: «Certi sistemi “militareschi” spinti all’eccesso portano le aziende a chiudere. Invece con lo spirito creativo che c’è qui, tutti si sentono più liberi di inventare, di creare, di proporre idee. Questo sistema è il nostro: perché dobbiamo veramente combattere con le competenze. Con il saper fare di ognuno di noi. Per il bene di tutti noi, e del Made in Italy».

Non solo robot: per l’Industria 4.0 servono persone che pensano

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CORMANO – Industria 4.0? Il tema è di stringente attualità, al punto che Ungari Group e Toyota Academy vi dedicano una giornata di studio e dibattito: il prossimo 11 maggio, presso la sede dell’azienda milanese specializzata nella distribuzione e assistenza dei carrelli elevatori Toyota, si tiene l’evento “La sfida per le PMI 4.0 – Ungari, un’esperienza di successo. Il metodo Toyota genera valore aggiunto al cliente” (scarica il programma). Ospite d’eccezione Maurizio Mazzieri, Deputy Managing Director di Toyota Material Handling Italia, uno dei massimi esperti internazionali nell’ambito del Toyota Production System, del Toyota Way e del Lean Thinking & Manufacturing e della logistica, protagonista dell’intervista esclusiva che segue.

Chiariamoci subito le idee: cosa significa Industry 4.0?

«E’ una buzzword coniata da Siemens, ripresa nel 2009 dalla Merkel e inserita nel piano di sviluppo industriale tedesco del triennio 2009-11. Noi ne parliamo oggi come se fosse una grande novità, probabilmente scoperta grazie agli strumenti di incentivazione come ammortamento e superammortamento, ma in realtà è un concetto maturo, che riguarda l’evoluzione dei sistemi di produzione industriale. Industria 4.0 – o smart factory o fabbrica intelligente – è il quarto gradino di questa scala evolutiva, preceduto dal primo che è il vapore, ovvero Taylor e il taylorismo; dal secondo, cioè la catena di montaggio di Henry Ford e la mass production, affiancata dalla lean production, ovvero il Toyota System; e dal terzo, vale a dire l’avvento e la diffusione dell’information technology».

Quali sono i concetti base dell’Industria 4.0?

«Stiamo parlando di economia della conoscenza, quindi come sempre il valore risiede nel sapere e nelle idee. Il concetto innovativo è che la conoscenza può essere trasferita alle macchine, quindi ai sistemi di produzione, e che le macchine possono imparare autonomamente. Quindi la conoscenza, secondo queste teorie, può essere generata dalle macchine».

E su quali capisaldi si fonda?

«Primo: la robotica applicata a sistemi cognitivi, quindi i sistemi di produzione intelligenti: Secondo: il CPS, ovvero Cyber physical system, cioè l’integrazione tra reale e virtuale. Terzo: lo IoT, ovvero Industrial Internet of Things, e ancora parliamo di connessione e collaborazione. Quarto: Big Data Analytics, ovvero generazione di conoscenza dall’analisi di dati complessi. Quinto caposaldo: cooperazione tra uomo e robot nell’ecosistema industriale dotato di sistemi di produzione intelligenti, ovvero connettivi e collaborativi».

Ma la robotica “intelligente” non è una novità…

«Se parliamo di percezione di dati e segnali da parte di macchine, mediante sistemi sensoristici, era una funzione esistente già nel 1960.  Il problema attuale è di attaccarci le informazioni, cioè conoscenza, per generare intelligenza, sia essa umana che artificiale. Quindi, al di là delle ipotesi catastrofiche sulla perdita di otto milioni di posti di lavoro, io non sono molto preoccupato, perché vedo il robot come strumento collaborativo. Rispetto a 70 anni fa – quando il padre del Total Quality System, Taichi Ohno, poi ribattezzato TPS (Toyota System Production) dal fondatore di Toyota Kiichiro Toyoda, diceva che il lavoro dell’uomo si divide in due categorie: quello manuale, che può essere automatizzato, e quello oculare che non può essere automatizzato, semmai autonomizzato – oggi i robot vedono e possono individuare simboli e numeri ma non possono comprenderne la semantica e non sappiamo se e quando questo potrà mai accadere».

Come impattano questi capisaldi nell’ambito dell’industria italiana?

«Il problema è: chi ha recepito la questione dell’Industria 4.0? Perché io non conosco ne’ in Italia ne’ in Europa un’azienda che stia applicando tutti i capisaldi enunciati. Per qualcuno significa solo integrare manifatturiero e digitale. Attenzione però: si corre il rischio di digitalizzare gli sprechi. Se si introducono questi concetti evoluti nelle aziende così come le conosciamo oggi, rischiamo di avere un sacco di dati senza sapere come usarli. Dopo la crisi di Lehmann Brothers, il management è entrato in una spirale di “rifiuto della decisione”: siamo certi che disporre di tanti, troppi dati aiuti gli imprenditori a decidere? La verità è che non può esistere smart factory senza lean factory, altrimenti andremo a digitalizzare le inefficienze. Se per creare valore avvio determinate azioni senza eliminare gli sprechi – concetto di value stream mapping o mappatura del flusso di valore – alla fine avrò mille sensori che mi diranno in modo cibernetico che ho ancora poco valore e tanti sprechi. Potrò arrivare all’Industria 4.0 se prima riuscirò a identificare che cos’è il valore, se avrò alimentato la catena di creazione del valore anche attraverso la caccia agli sprechi, e soprattutto se avrò analizzato questo valore con gli occhi del cliente, principio che è alla base del Toyota Way. La cosa importante è che i creatori di questo valore saranno ancora gli uomini, perché i robot possiamo continuare a intenderli come strumenti di collaborazione e non sostitutivi dell’uomo».

Quindi il primo obiettivo è formare le persone?

«Una ricerca americana del 2007 ha rivelato che, da quando è uscito il libro “Toyota, la macchina che ha cambiato il mondo”, il 70% delle aziende manifatturiere Usa ha provato ad applicare il TPS e il 74% di queste non ci è riuscita, così come il 20% delle aziende giapponesi applica il TPS e l’80% no. C’è un’importante attività di conoscenza e formazione su cui concentrarsi, prima di introdurre nuovi paradigmi organizzativi o tecnologici. Se riteniamo che oggi il valore di un prodotto sia fatto dal cliente, che lo vuole sempre più customizzato, allora si può dire che il sistema Toyota come paradigma produttivo sia il più conveniente in questo scenario. Però in Toyota sappiamo anche perché da noi funziona e altrove no, se non raramente. Perché questo non è il TPS ma il Toyota Way, dove le due parole magiche sono monozukuri, cioè l’arte di saper fare le cose attraverso le persone, e hitozukuri, ovvero l’arte di saper formare le persone. Per noi, al centro del processo c’è sempre l’uomo: non ci sentiamo antitetici alla mass production, non siamo mai stati antitetici al taylorismo, abbiamo solo introdotto un nuovo paradigma produttivo sostenuto dal Toyota Way. Senza di questo non funzionerebbe la lean o la smart factory, e quindi non sarebbe possibile passare all’Industria 4.0. Lo ricordo ancora: per Toyota, Industria 4.0 è possibile solo with the human touch!».

Le piccole e medie imprese italiane possono applicare questo modello?

«Credo proprio di sì, a giudicare dalla crescita della Toyota Academy, la nostra business unit nata per erogare formazione e consulenza alle imprese di qualunque dimensione. Il motivo per cui training e consulting sono parti imprescindibili è legato al modo in cui intendiamo il principio giapponese del kaizen (ovvero “cambiamento per raggiungere la perfezione”, n.d.r.), che noi traduciamo in continuous improvement: a cosa serve introdurre in azienda un meraviglioso piano di efficientamento senza formare le persone che dovranno applicarlo?  Di fatto, penso che tra cent’anni Toyota sarà ricordata come azienda più per il change management che non per il paradigma produttivo».

Sì, ma Toyota ha un Edibta di 80 milioni di dollari al giorno. Come può calarsi il suo metodo in imprese di 50-100 addetti che fatturano mediamente dai 15 ai 50 milioni di euro all’anno?

«Sicuramente le pmi italiane possono applicarlo, forse più delle medio-grandi aziende francesi o tedesche, proprio se prendono come paragone la Toyota, che è nata piccolissima e ha avuto un’ascesa né rapida né ineluttabile, passando anche per momenti critici. Quando è stata fondata nei primi anni ’50, il Giappone era povero di risorse, proprio come l’Italia, con un’orografia come quella italiana che non facilitava la logistica. Sa perché è nata la lean production? Quando il figlio del fondatore chiese al padre di avviare una fabbrica di auto, il signor Toyoda gli impose di impiantarla in un capannone lungo non più di 300 metri, così che se l’azienda fosse fallita si poteva utilizzare per altre attività, vendere o affittare facilmente. Quindi la capacità di lavorare con poche risorse, di aguzzare l’ingegno, di partire da piccole imprese familiari, accomuna un colosso come Toyota – nato inizialmente come impresa di lavanderia e tessitura – a decine di migliaia di aziende italiane. Noi italiani siamo creativi come e forse più dei giapponesi, probabilmente abbiamo anche la stessa capacità di affrontare e risolvere i problemi; quello che un po’ ci manca è lo spirito di squadra, perché siamo individualisti, e la disponibilità a unire un po’ di sana disciplina al nostro fantastico buon senso».

Ponti: «Il successo di un’azienda si fonda su etica e qualità»

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GHEMME – «Se cinquant’anni fa non avessimo deciso che dovevamo produrre aceto in modo genuino, senza ricorrere come la maggior parte degli acetifici all’impiego fraudolento di acidi acetici sintetici, oggi la Aceto Ponti non esisterebbe»: se lo dice Cesare Ponti, presidente dell’azienda piemontese che, fondata nel 1867 a Ghemme, oggi domina il mercato nazionale dell’aceto con un fatturato di 115 milioni di euro esportando un quinto della produzione in tutta Europa, c’è da credergli. «Abbiamo sempre pensato che le regole dovessero nascere dal basso, basandosi cioè su una autoregolamentazione consapevole dei problemi tecnici e organizzativi del mercato in cui si opera. Già negli anni ‘60 avevamo proposto al governo un sistema di controllo della qualità. Poi, in modo provvidenziale, abbiamo scoperto e applicato una metodologia scientifica basata sull’analisi al carbonio C14, che rileva la presenza di aceto sintetico. Da lì è iniziato il nostro vero salto competitivo». A fronte di un mercato assai concorrenziale, la Aceto Ponti ha avviato una strategia commerciale basata sulla qualità dei prodotti e una crescita aziendale fatta di aggregazioni e incorporazioni di altri piccoli produttori, compresi gli acetifici di prodotti igp come il balsamico. Oggi opera con cinque stabilimenti (a Ghemme, Treviso, Vignola, Paesana e Anagni), una produzione annua di quasi 100 milioni di bottiglie e un’occupazione di 200 addetti, sia sul mercato degli aceti sia in quello delle conserve con il brand Peperlizia e del biologico con il marchio Achillea. Ma come si conduce una realtà di queste dimensioni rispondendo all’appello di Papa Francesco per un’attività economica in senso evangelico, cioè al servizio della persona e del bene comune? Per Ponti i principi sono l’etica dei comportamenti e il rispetto delle leggi, che possono nascere anche da un’esperienza di fede: «chi evade o viola le regole opera sul mercato in modo sleale. Chi conduce la propria azienda nel rispetto delle norme e della trasparenza vive in modo costruttivo e utile anche il rapporto con la collettività. Da un punto di vista cattolico c’è un impegno morale che va oltre l’aspetto etico, nel senso che l’imprenditore gestisce l’azienda come un bene ancor più integrato alla comunità, perché è preoccupato del destino delle persone e della solidità nel tempo dell’opera economica che ha costruito». Le cosiddette risorse umane sono il valore aggiunto: «Conosciamo bene tutti i nostri dipendenti, in qualche caso abbiamo condiviso l’infanzia e la gioventù con qualcuno di loro. Ciò ha favorito la crescita della nostra azienda, che si è sempre considerata l’espressione positiva di una comunità e di un territorio, oltre che della nostra famiglia». Indubbiamente la pedagogia cristiana è una guida: «Non si tratta di paternalismo ma di attenzione educativa alla persona. Quando ho cominciato a occuparmi della gestione dell’azienda, insieme a mio fratello Franco, facevo fatica a richiamare i dipendenti che non lavoravano bene. Poi mi sono reso conto che invece di favorirne la crescita, rischiavo di penalizzarli. Negli anni difficili, ho invitato i dipendenti a rispettare sia il sindacato, perché è loro diritto essere tutelati, sia l’azienda e la nostra famiglia, applicando quello che definisco un sano realismo cattolico. Nei contratti di lavoro aziendale abbiamo previsto premi di produzione vincolati alla formazione delle persone, in base a un accordo con il sindacato raccontato anche dal professor Mario Deaglio in un suo saggio». Oggi la Aceto Ponti vede già coinvolta la quarta generazione, sempre mantenendo fede, è il caso di dirlo, ai valori fondativi: «Chi ha fede non è agevolato od ostacolato nella gestione di un’azienda, ma di certo ha uno spirito di competitività più durevole nel tempo: anche se messo sotto prova, l’imprenditore cattolico crede fortemente nella soluzione e nella ripresa perché ha una speranza che va oltre il limite del contingente. Il punto di debolezza di chi fa impresa è l’eccessiva sicurezza in se stessi, che può sfociare nel delirio di onnipotenza: è un problema antropologico e si chiama peccato originale. Per grazia, i cattolici hanno dei punti di richiamo e qualche arma in più per difendersi da questo rischio».

L’innovazione tra digitale e manifatturiero sboccia al Corefab

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CORMANO – Sabato 21 gennaio è ufficialmente nato Corefab: nel cuore della grande Tech Valley milanese, ha aperto i battenti la casa dell’Internet of Things e dell’Industria 4.0, dove imprenditori, investitori, professionisti, ricercatori, startupper e innovatori possono trovare il punto di incontro, di progettazione e di sviluppo per nuovi prodotti e nuovi processi. Corefab (www.corefab.it) è l’iniziativa voluta dalla famiglia Marelli, imprenditori da tre generazioni nel settore della meccanica, che dopo aver ceduto una delle loro aziende a un gruppo svedese hanno deciso di reinvestire risorse importanti nella riqualificazione di un capannone di proprietà in via Po 77 per trasformarlo nell’hub dell’innovazione industriale.
Il sindaco di Cormano Tatiana Cocca e la delegata alla Mobilità e Servizi di rete della Città Metropolitana Siria Trezzi sono intervenute per il taglio del nastro dell’unico “ecosistema” esistente in provincia di Milano interamente votato all’integrazione tra produzione manifatturiera tradizionale e tecnologia digitale, come spiega il promotore Remo Marelli: «Da sempre attivi con le nostre imprese nel mondo della meccanica, abbiamo subito immaginato il Corefab come un grande ingranaggio fisico e virtuale, un luogo dove unire idee, uomini e imprese, per traghettare la ricerca e i progetti di business verso l’approdo reale del mercato. Evitando così un’inutile dispersione di creatività e capitali. Una vera e propria rete tra imprenditori senior e giovani ricercatori o “inventori” di start up, che in modo sussidiario si collegano tra di loro per sviluppare nuove soluzioni». Con un’attenzione speciale a finalizzare interventi, servizi e competenze a favore della piccola e media industria, cioè la parte produttiva più dinamica del Paese ma anche la meno sostenuta sul fronte della ricerca e
innovazione. «Per poter raggiungere questi obiettivi – aggiunge il general manager Chiara Marelli – abbiamo realizzato, su progetto dell’architetto Donata Nicetta, un ambiente aperto e integrato, con 70 postazioni open, nuclei semi-aperti e uffici chiusi, sale riunioni e aule di formazione – oltre a uno spazio fitness e una nursery – dove su un’area di mille metri quadrati opereranno la sede lombarda della prestigiosa Toyota Academy, l’incubatore e sviluppatore di start up gestito da Altis-Università Cattolica e Cna Milano, la piattaforma di ricerca e trasferimento tecnologico promossa da Find Your Doctor (che raggruppa oltre un migliaio di ricercatori universitari) e Consorzio C2T, l’ente accreditato di formazione Boston Group, il coworking della rete InCowork, la redazione del web magazine Voxfabrica.it, l’agenzia dicomunicazione BCI impegnata nell’ambito del business ethics».
 Ma ci saranno spazi anche per una realtà non profit come l’Associazione San Giuseppe Imprenditore, che con il servizio del Telefono Arancione costituisce un punto di riferimento nazionale per gli imprenditori in grave difficoltà, e per un’area benessere curata da Neolife. Con le attività interne e le partnership qualificate, Corefab rappresenta per il territorio della Grande Milano e della Lombardia una piattaforma integrata di apprendimento e un incubatore-aggregatore per persone, progetti e organizzazioni impegnate a migliorare il proprio approccio con il mercato, attraverso servizi di coaching & mentoring, ricerca & sviluppo, trasferimento tecnologico, social networking, editoria e comunicazione.

 

    

 

Orsenigo: «Creare lavoro è la virtù che “fa” il buon imprenditore»

CANTU’ – C’era una volta un’impresa industriale comasca chiamata Orsogrill (oggi acquisita dal gruppo Feralpi), specializzata in elementi grigliati pressati ed elettrosaldati per l’edilizia, che forte di una storia giunta alla quarta generazione imprenditoriale operava con successo e qualità riconosciuta dal mercato. «Due impianti in Italia, 180 occupati, sedi estere in Francia e Brasile, un fatturato stabile intorno ai 55 milioni di euro. Poi, quasi senza rendercene conto, siamo precipitati in una voragine senza fondo. Eravamo alla fine degli anni Duemila e cominciava la peggiore crisi economica mai vista dal dopoguerra. Ciò ha segnato la chiusura della nostra attività, mediante un concordato fallimentare, ma anche l’inizio della rinascita»: per Lorenzo Orsenigo, 72 anni, presidente di Orsogrill fino al 2011 e oggi fondatore e animatore dell’ASGI – Associazione San Giuseppe Imprenditore, la conclusione drammatica dell’esperienza imprenditoriale ha in realtà comportato la presa di coscienza del valore autentico del fare impresa. E la volontà di mettersi a disposizione di tutti quegli imprenditori che la crisi ha portato sull’orlo di un baratro umano, morale e professionale. Se ne parlerà al primo convegno nazionale dell’associazione, in programma ad Asti il prossimo 19 marzo.

Lei ha vissuto sulla propria pelle la vicissitudine dell’imprenditore che vede svanire l’azienda costruita in anni di sacrifici e passione. Cosa dice oggi ai suoi ex-colleghi?

«Se sei in difficoltà, non disperare. Io ci sono già passato, mi sono fermato in tempo e ho fatto i passi necessari per salvare la mia vita, la mia famiglia e quelle dei miei dipendenti. Il lavoro di una vita da imprenditore è un valore indistruttibile e nessuna difficoltà deve essere vissuta con vergogna o umiliazione. Ci sono strumenti e opportunità, ma soprattutto rapporti umani e forme di solidarietà, che aiutano a uscire anche dalla situazione più critica».

In concreto, cosa si propone di fare l’associazione che ha fondato?

«Il primo compito è stare vicino all’imprenditore che vive un periodo critico nella vita della propria azienda: la solitudine è il rischio più grave, mentre la compagnia umana, l’amicizia e i consigli giusti sono la prima fonte di positività. Secondo: mettere a disposizione dell’imprenditore professionalità, strumenti e opportunità che consentono di risolvere in modo adeguato le situazioni di default, salvaguardando il patrimonio familiare e tutelando i lavoratori. Terzo, vogliamo rivalutare la missione del fare impresa, essenziale all’economia e nobile se ben esercitata, cioè seguendo le leggi dello Stato e, secondo i nostri intendimenti, la morale del Vangelo. Perché san Giuseppe era un artigiano, un piccolo imprenditore come tanti di noi. Vogliamo batterci affinché il ruolo e il valore del “buon” imprenditore, cioè il creare e mantenere lavoro, sia riconosciuto e valorizzati».

In che modo si può continuare  a fare bene impresa, allora?

«Bisogna cercare mercato fuori dall’Italia: oggi ci si salva se si porta la quota export del fatturato almeno al 60%. Poi bisogna aggregarsi: un piccolo imprenditore deve fare un passo indietro per farne tre in avanti con altri colleghi, facendo rete. Oppure si vende l’attività in toto o in parte a un’impresa più grande capace di portare il prodotto in giro nel mondo. Dico ai miei colleghi: lamentatevi di meno e studiate bene, insieme ai soci o ai familiari, la strada del futuro. Ma soprattutto continuate a operare con onestà e serietà, perché fare impresa è un’opera d’arte e l’unico modo di essere artisti è amare e rispettare fino in fondo ciò che si fa».

Dalla biodiversità alla varietà culinaria, per generare lavoro e sviluppo

MILANO – Spettacoli colorati e divertenti di ballerini, cantanti e trampolieri lungo tutto il Decumano hanno riempito il sito espositivo in occasione delle celebrazioni del National day dell’Ungheria a Expo Milano 2015. Ad aprire la cerimonia ufficiale, il sottosegretario della Difesa italiano, Domenico Rossi, a cui ha fatto seguito il discorso di Sandor Fazekas, ministro dello Sviluppo Rurale ungherese. Presente anche il commissario generale dell’Expo Milano 2015, Bruno Antonio Pasquino. «L’Italia è il quinto partner economico per l’Ungheria – ha sottolineato Rossi – e i rapporti commerciali tra le due nazioni creano lavoro per circa 28mila magiari. Questo Paese rappresenta una possibilità straordinaria di sviluppo della sostenibilità nel settore agricolo e lotta allo spreco alimentare. Non a caso la zona centrale del Padiglione è ispirata all’Arca di Noè, simbolo di saggezza e salvezza degli uomini. L’Ungheria inoltre svolge un ruolo primario nell’individuazione di politiche mirate alla tutela di specie animali, vegetali e conservazione di biodiversità per il benessere delle generazioni future. Una sana e corretta alimentazione è legata alla ricerca scientifica». Proprio a tal proposito, l’Ungheria ha comunicato che al termine dell’Esposizione Universale il padiglione sarà rimontato a Szombathely, la più antica città magiara, come parte integrante del Centro della tutela creativa del patrimonio e dello sviluppo dei valori. «Il nostro padiglione è stato visitato da oltre 2 milioni di persone – ha spiegato il Ministro Fazekas – ed è particolarmente attrattivo per la sua cucina: il kürtőskalács è stato premiato come uno dei migliori dolci di Expo Milano 2015. Il padiglione dell’Ungheria rappresenta la nostra terra, finalmente libera grazie alla rivoluzione del 1956. Ed è da allora che la nostra intraprendenza ci ha dato modo di iniziare a difendere e condividere i valori europei, a svolgere lavori creativi e offrire grandi prodotti sfruttando le nostre risorse naturali, in particolare l’acqua. In Ungheria, grazie a splendidi parchi nazionali che si estendono su oltre 25mila ettari di terreno, possiamo facilmente sviluppare progetti legati all’agricoltura sostenibile, dando lavoro ad oltre 15.000». I festeggiamenti sono poi proseguiti per tutta la giornata al padiglione ungherese con spettacoli, celebrazioni e degustazioni di prodotti tipici.

Passaggio di consegne con Dubai 2020 all’insegna delle connessioni

MILANO – «Expo Milano 2015 si sta avvicinando alla chiusura ed è un onore volgere lo sguardo al futuro, al 2020. La prossima Esposizione universale aprirà infatti esattamente tra cinque anni a partire da oggi». A sancire il passaggio di consegne tra le due Esposizioni universali, Reem Al Hashimi, ministro di Stato e direttore generale del Bureau Dubai 2020, intervenuta alla cerimonia ufficiale in occasione del National Day degli Emirati Arabi Uniti. I presenti alla cerimonia sono stati invitati alla prossima Expo, dal tema “Connettere le menti, Creare il futuro”, con una creazione di sabbia  “Save the date: 20 ottobre 2020”, realizzata dall’artista emiratina Shaimaa Al-mogeri, esibitasi poi in uno straordinario spettacolo. «Expo Milano 2015 si è assicurata un posto importante nei libri di storia e il suo tema ha lasciato un’eredità tangibile e di grande valore con la Carta di Milano», ha sottolineato Reem Al Hashimi. L’Esposizione Universale ci ha dato l’opportunità di aprire le porte della nostra nazione e dimostrare chi siamo. Spero abbiamo saputo trasmettere ai visitatori l’essenza di una nazione giovane, capace, dinamica, ricca di entusiasmo e di determinazione. Siamo orgogliosi del nostro passato – ha concluso Al Hashimi – e siamo fiduciosi per il futuro, lavoriamo duramente per il presente insieme ad altre nazioni nel tentativo di assicurare una vita migliore e di pace». Ad assistere alle celebrazioni, per la parte italiana, Federica Guidi, ministro dello Sviluppo Economico: «Il Padiglione degli Emirati Arabi Uniti è davvero impressionante, con una forma originale e un design unico. Ci permette di pensare alle problematiche interconnesse della terra, dell’alimentazione, dell’energia e dell’acqua e presenta le soluzioni più avanzate che gli Emirati Arabi Uniti hanno sviluppato in questi settori. Voglio esprimere il mio ringraziamento per la vostra decisione di tramandare l’esperienza di Milano Expo 2015, riassemblando il Padiglione ad Abu Dhabi per trasformarlo in un hub per società di energie rinnovabili». A margine dell’evento in Expo è stato sottoscritto il “programma di business internazionale” tra la Camera di commercio di Milano e quella di Dubai per favorire il passaggio di consegne, nell’ambito delle imprese, tra i due Expo e la buona riuscita di Expo Dubai 2020. Una collaborazione che prevede una serie di attività che vanno dall’accoglienza di delegazioni e buyers, alla disponibilità di spazi per il business, ricerche, training, road shows e supporto generale.

Tra sicurezza alimentare e sostenibilità energetica l’obiettivo è “fame zero”

MILANO – «La sicurezza alimentare e lo sviluppo sostenibile sono tra le priorità nazionali della Thailandia»: con queste parole Chavalit Chookajorn, segretario permanente del ministero dell’Agricoltura e delle Cooperative thailandese, ha aperto il National Day del Paese a Expo Milano 2015. Alle celebrazioni della Giornata nazionale ha partecipato la Principessa Maha Chakri Sirindhorn, terza figlia del re Bhumibol Adulyadej (Rama IX) e della regina thailandese Sirikit..  Ad accogliere l’intera delegazione sono stati Maurizio Martina, ministro per le Politiche agricole, ambientali e forestali e Bruno Antonio Pasquino, Commissario generale di Expo Milano 2015. «La Thailandia – ha spiegato Chookajorn – applica la “Filosofia del re della sufficienza economica”, una dottrina che enfatizza moderazione, ragionevolezza e prudenza, e che è diventata una fonte di ispirazione per la sostenibilità in ogni ambito della vita». Entro il 2030 il Paese mira a produrre il 20% dell’energia da fonti rinnovabili, affiancando dunque alla sicurezza alimentare anche quella energetica. Il ministro Martina, nel suo discorso, ha elogiato le finalità educative del padiglione thailandese sui temi della sostenibilità e dell’innovazione e ha sottolineato i forti rapporti commerciali tra Italia e Thailandia: «Credo che la liberalizzazione degli scambi tra Unione Europea e Asia porterebbe grandi benefici per entrambi i Paesi, soprattutto per il nostro comparto agroalimentare», ha commentato il ministro facendo riferimento ad un mercato di 600 milioni di persone. Martina ha rimarcato l’importanza della lotta alla fame, questione al centro del dibattito aperto dall’Esposizione Universale: «L’obiettivo “Fame Zero 2030” – ha spiegato – deve essere raggiunto con l’impegno concreto della comunità internazionale e dei nostri due Paesi».  Le celebrazione sono proseguite con uno spettacolo sul tema “Cultura del suolo e dell’acqua” e una dimostrazione di Thai Boxe con il campione Buakaw Banchamek. La Principessa di Thailandia Maha Chakri Sirindhorn, a capo della delegazione, ha quindi visitato Palazzo Italia, dove il Segretario Permanente del Ministero dell’Agricoltura e delle Cooperative thailandese Chavalit Chookajorn ha firmato la Carta di Milano.

Da uno dei Paesi più verdi al mondo un invito all’eccellenza della sostenibilità

MILANO – “La vita cresce in Uruguay”: è all’insegna di questo motto che il Paese latino americano ha festeggiato il proprio National Day a Expo Milano 2015. Una data importante e molto sentita, quella del 25 agosto, perché coincide con l’anniversario della dichiarazione di indipendenza del Paese nel 1825. Per questo motivo, la partecipazione degli cittadini uruguaiani di Milano è stata molto calorosa: «Grazie a voi e a tutti i nostri connazionali che rendono grande il nostro piccolo Paese, durante occasioni speciali come questa», ha dichiarato Liliam Kechichian, ministro del Turismo dell’Uruguay, durante la cerimonia dell’alzabandiera. «E’ la prima volta che il nostro Paese partecipa a un’Esposizione universale.  La nostra presenza è al tempo stesso un’opportunità e un privilegio. Il tema di quest’anno sembra creato su misura per l’Uruguay, un Paese all’avanguardia in ambiti chiave come la sostenibilità, la tracciabilità, il settore dell’agroalimentare e quello delle energie rinnovabili», ha aggiunto il ministro Kechichian. L’identità dell’Uruguay come Paese che unisce tradizione e tecnologia caratterizza tutta la proposta uruguaiana a Expo: il padiglione ha una struttura a forma di spirale che ha come obiettivo la ricerca di equilibrio tra spazi verdi e spazi costruiti. «L’Uruguay è tra i 25 Paesi più verdi al mondo», ha ricordato il Commissario generale di Expo Milano 2015 Bruno Antonio Pasquino, che ha accolto la delegazione dell’Uruguay. «Offre non solo un’esperienza gastronomica di altissimo livello, ma anche pratiche ambientali e sostenibili d’eccellenza, che concorrono alla riflessione sui temi proposti da questa Esposizione universale”. Dopo l’alzabandiera e i discorsi istituzionali, la delegazione uruguaiana ha sfilato lungo il Decumano insieme ai visitatori sulle note del “candombe”, il ritmo originale della comunità afro-uruguaiana, suonato dalle “cuerdas de tambores”, le tradizionali percussioni. Ai festeggiamenti ha partecipato anche il cantante uruguaiano Jorge Drexler, vincitore del premio Oscar alla migliore canzone originale con “Al otro lado del rio” scritta e interpretata per il film “I diari della motocicletta”.

Tra arte orafa e cultura del cibo, il futuro dei giovani è nel made in Italy

MILANO – “Oro zafferano rosso melograno”: non poteva esserci un titolo più azzeccato per un evento che, nel cuore dell’Expo, ha posto sotto i riflettori quell’impareggiabile gusto del vivere tutto italiano che unisce il bello al buono. Organizzato dalla Fondazione Ghirardi – primaria agenzia formativa di Torino che gestisce una delle più prestigiose scuole orafe d’Italia e sta lavorando all’esportazione dell’oreficeria “made in Italy” in alcuni poli d’eccellenza in Cina – l’incontro condotto dal giornalista Efrem Bovo ha messo a tema la ricchezza delle scuole formative d’alta gamma, sia nel campo del lusso (oro e gioielli) sia in quello della cucina. «Si tratta di altissime qualità che, dalle mani dei maestri, passano in quelle dei giovani allievi, che a loro volta diventeranno maestri e realizzatori di prodotti e di una cultura del buon gusto apprezzata in tutto il mondo. Questo percorso ha nell’istruzione il suo fondamento e nelle risorse umane il suo valore», ha dichiarato Carlo Mora, presidente della Fondazione Ghirardi. Accompagnato in questa considerazione da Veronica Porro, direttrice della Scuola orafa Foral di Valenza, che “sforna” ogni anno decine di giovani preparati per entrare nelle grandi maison dell’industria orafa come Bulgari. Fondamentale in questo senso è il rapporto, sempre stretto e coerente, con la specificità del territorio: dei valori e delle ricchezze locali, che si trasformano in marketing territoriale e opportunità per tutte le filiere produttive, hanno parlato Erminio Renato Goria, neo eletto presidente della Camera di commercio di Asti, Paola Malaballa, presidente dell’Unione industriali astigiana, e Dario Ferrari, presidente dell’Ail (Associazione imprenditori lombardi) e di Distretto 33, consorzio d’imprese dell’area del Sempione che ha ottenuto appalti e incarichi per opere e servizi da svolgere nell’ambito di Expo. Il ruolo delle istituzioni è stato ancora una volta definito come essenziale: lo hanno ribadito il sindaco di Canelli Marco Gabusi, promotore di un’azione sinergica tra espressioni della cultura storica cittadina e nuove tendenze turistiche, e il sindaco di Asti Fabrizio Brignolo, che ha sottolineato l’impegno dell’amministrazione a sostenere lo sviluppo e l’innovazione di eventi tradizionali come il famoso Palio. Se il cibo inteso come emozione e piacere – con le sue pregiate espressioni legate allo zafferano e ai vini piemontesi – ha costituito il sottofondo e anche la degna conclusione della serata con il cooking show svolto allo spazio Art Design Box, anche il cibo nella sua accezione di “pane per i poveri” ha calcato la scena dell’evento. Ne hanno discusso Angela Motta, consigliere della Regione Piemonte e promotrice della prima legge regionale contro lo spreco e per il recupero degli alimenti, don Ivo Piccinini, assistente spirituale della Coldiretti di Alessandria, e Piercarlo Fabbio, membro del consiglio nazionale del Movimento cristiano lavoratori, che sta portando avanti in Africa, insieme all’associazione Cefa, l’importante progetto “Dal seme al cibo”, che consente alle famiglie di piccoli agricoltori di avviare un proprio orto e una minima possibilità di sussitenza autonoma.   

Al ritmo della democrazia cresce l’economia nella terra del cacao

MILANO – La Repubblica del Ghana ha celebrato il National Day in Expo Milano 2015. La delegazione del Paese, guidata dal presidente del Ghana John Dramani Mahama, è stata accolta dal Commissario generale di Expo 2015 Bruno Antonio Pasquino e dal sottosegretario di Stato al ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Francesca Barracciu. «L’Italia – ha dichiarato il sottosegretario Barracciu – intende rafforzare il rapporto di cooperazione e amicizia iniziato già negli anni Sessanta, che si basa sul perseguimento della pace e sul potenziamento dei diritti umani. Il Ghana è infatti un paese noto alla comunità politica internazionale per essere promotore di una nuova stagione di democrazia in Africa». «Sono orgoglioso e onorato di essere qui», ha affermato il presidente del Ghana Dramani Mahama. «Ringrazio gli organizzatori per aver ospitato questo evento che ci permette di dimostrare i potenziali della nostra economia, e nella mia lingua dico Aiko,”bel lavoro”. Expo non poteva avere un tema e una realizzazione migliori». Dopo la cerimonia dell’alzabandiera sul palco dell’Expo Centre si sono esibiti le ballerine e i musicisti del Gruppo Ghana Dance Ensemble. Accompagnati dalle tradizionali percussioni, hanno offerto un saggio dei ritmi e delle danze tradizionali. La delegazione ghanese ha poi visitato il Padiglione Italia e il proprio spazio all’interno del Cluster Cacao e Cioccolato. Nell’ambito della Giornata Nazionale della Repubblica del Ghana, al Conference Centre, si è svolto un business forum. Le celebrazioni sono proseguite con cooking show a base di cacao e degustazioni di cioccolata e bevande tipiche del paese africano.

La prosperità diventa solidarietà attraverso la ricchezza del mare

MILANO – Eleganza e solidarietà, tradizione e modernità hanno connotato la celebrazioni del National Day del Principato di Monaco all’Esposizione universale. Accolto dalle note della banda Les Carabiniers du Prince, che ha suonato dal vivo gli inni nazionali, il Principe Alberto II di Monaco è stato il grande protagonista della giornata. A dare il benvenuto al Reale, il Commissario unico delegato del Governo per Expo Milano 2015, Giuseppe Sala. Gli interventi ufficiali sono stati aperti, come di consueto, dal Commissario generale di Expo Milano 2015 Bruno Antonio Pasquino, che ha sottolineato la lungimiranza del Principato, «tra i primi ad aderire all’Esposizione universale. Il Paese ha saputo fare un uso sapiente della prosperità, trasformandola in solidarietà con qualità e impegno: il padiglione sarà poi ricostruito in Burkina Faso e adibito a centro polifunzionale per le popolazioni locali». Attesissime le parole del Principe di Monaco: «Expo Milano 2015 sta portando avanti un messaggio forte, affrontando con efficacia i problemi legati all’alimentazione e all’ambiente. Occorre collaborare a livello internazionale per cercare soluzioni condivise che possano portare a un reale cambiamento, perché le generazioni future abbiano una madre terra accogliente». Presenti al National day anche il Presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni e il sottosegretario del ministero degli Affari Esteri Benedetto Della Vedova, che ha sottolineato l’efficace cooperazione tra Italia e Principato di Monaco per quanto riguarda le attività economiche, incluso il turismo. «Stiamo collaborando all’apertura formale del negoziato – ha detto Della Vedova – che porterà il Principato all’integrazione nel mercato UE, intensificando i rapporti economici tra Italia e Monaco per affrontare insieme la sfida della crescita». Le celebrazioni sono continuate con la parata ufficiale lungo il Decumano verso il Padiglione Monaco, poi la visita al Padiglione Italia e a quello del Kazakistan: il Principato di Monaco, infatti, è il primo Paese ad aver confermato la propria partecipazione a Kazakhstan Expo 2017.

Una storia millenaria di collaborazione che unisce le sponde del Mediterraneo

MILANO – «L’Esposizione Universale mi regala l’opportunità di lanciare un appello alla comunità internazionale affinché si possa essere uniti per arrivare a una stabilità nei Paesi islamici, promuovendo continuamente il rispetto e la tolleranza». E’ questo il messaggio di pace e di unità lanciato dal Primo ministro dell’Egitto, Ibrahim Mahlab, alla cerimonia ufficiale del National Day dell’Egitto a Expo Milano 2015. L’arrivo della nutrita delegazione egiziana a Expo Milano 2015 è stato salutato in maniera calorosa da una folla di connazionali, che ha anche cantato con gioia l’inno nazionale egiziano durante la cerimonia dell’alzabandiera. «Vorrei davvero ringraziare il popolo italiano, nostro grande amico, per il supporto che abbiamo ricevuto durante questi periodi così difficili che abbiamo dovuto fronteggiare negli ultimi anni. La nostra storia millenaria ci aiuterà anche nel futuro», ha sottolineato il Premier egiziano. E’ proprio la lunga e ricca storia del Paese, l’idea centrale del Padiglione Egitto, dal titolo evocativo “La storia infinita”, a simboleggiare un viaggio senza fine. «Il grande calore con cui siete qui a Expo Milano 2015 è un tratto distintivo delle relazioni tra i due Paesi», ha sottolineato il Commissario generale di Expo, Bruno Pasquino. «L’Italia e l’Egitto sono un ponte, fisico e culturale, fra le due diverse sponde del Mediterraneo. Il vostro Paese è un esempio per la comunità internazionale, grazie alle vostre politiche che promuovono il dialogo religioso e la valorizzazione di un Islam moderato. Sono anche certo – ha concluso Pasquino – che l’esperienza dei nostri due Paesi sarà fondamentale per ridurre la malnutrizione nel mondo e promuovere uno sviluppo sostenibile». Dopo la cerimonia, la delegazione dell’Egitto ha visitato Palazzo Italia. Al Cluster Bio-Mediterraneo, dove si trova il padiglione della nazione africana, il Paese ha proposto ai visitatori spettacoli e performances culturali.

Diritto all’alimentazione per tutti dall’alleanza tra scienza e tecnologia

MILANO – È stato il calciatore Marek Hamsik il grande protagonista delle celebrazioni del National Day della Slovacchia.  Ad accogliere il capitano del Napoli, arrivato a Expo Milano 2015 insieme al presidente slovacco, Andrej Kiska, sono stati i canti tradizionali del coro Spevácky zbor Lúčnica. Alla cerimonia dell’alzabandiera, scandita dagli inni, hanno partecipato Riccardo Nencini, viceministro alle Infrastrutture e Trasporti, Bruno Antonio Pasquino, Commissario generale di Expo Milano 2015, e una nutrita delegazione slovacca composta da Miroslav Lajčák, vice rimo ministro e ministro degli Affari Esteri e Europei, Vazil Hudák, ministro dell’Economia, Marek Maďarič, ministro della Cultura, Vladimir Kováčik, ministro dell’Istruzione, della Scienza, della Ricerca e dello Sport, e Francis Palko, Ministro dei Trasporti, della Costruzione e degli Affari Regionali. «Mi congratulo con l’Italia per questo successo straordinario», ha esordito il presidente Kiska. «L’Esposizione Universale è una celebrazione del progresso e dello sviluppo e, per quanto riguarda il nostro Paese, mostra ciò di cui abbiamo dato prova e quello che siamo capaci di realizzare. Ma ci indica anche quello che è un obiettivo prioritario non ancora raggiunto: il diritto all’alimentazione per tutti. La Slovacchia – ha spiegato il presidente Kiska – è tra i Paesi che sono riusciti con maggior efficacia a ridurre le emissioni di CO2 nell’Ue. Vanta numerose tecnologie per lo sfruttamento intelligente dell’energia. Per questo sono lieto di apporre la mia firma in calce alla Carta di Milano, che non solo espone dei problemi, ma propone anche delle soluzioni concrete». «A più di 150 anni dalla prima Esposizione Universale di Londra – ha ribadito il viceministro Nencini – possiamo dire che la scienza e le tecnologia ci permettono di affrontare il tema della nutrizione con una concezione diversa, decisamente molto più benaugurante di quanto non fosse un secolo e mezzo fa. L’idea di costruire l’Expo, guardando a questi contenuti, si avvicina molto al modo di vivere degli slovacchi. Qui hanno diritto di cittadinanza Paesi di varia etnia, di lingue decisamente diverse, di diversa grandezza. Ma il diritto di cittadinanza è assolutamente uguale per tutti». Dopo la parte ufficiale, le celebrazioni sono proseguite con spettacoli di musica tradizionale al Padiglione slovacco, dove un autentico bagno di folla ha accolto Marek Hamisk.

Un interscambio nato dalla cultura che punta su tecnologia ed energia

MILANO – «I Paesi partecipanti a Expo Milano 2015 dovrebbero collaborare per arrivare a una produzione sufficiente di cibo sano per tutte le persone del mondo». Con questo importante auspicio il ministro dell’Industria, delle Attività Minerarie e del Commercio, Mohammad Reza Nematzadeh, ha aperto ufficialmente le celebrazioni del National Day della Repubblica Islamica dell’Iran. In rappresentanza dell’Italia, una delegazione composta dal sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri, dal Commissario generale di Expo Milano 2015, Bruno Antonio Pasquino, e dal sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. In rappresentanza dell’Iran, tra gli altri, oltre al ministro Nematzadeh, è intervenuto il ministro della Cultura Ali Jannati, a significare la stretta collaborazione culturale tra i due Paesi. Ringraziando l’Italia per aver organizzato l’Esposizione Universale in un momento in cui la fame e la povertà sono un problema cruciale che coinvolge l’intero pianeta, Reza Nematzadeh ha annunciato che «nonostante le limitazioni a esso imposte, l’Iran è disposto a collaborare a livello internazionale per supportare la produzione agricola attraverso lo scambio di esperienze scientifiche». Ferri ha voluto esprimere la propria soddisfazione per il ritrovato ruolo dell’Iran nello scenario regionale e internazionale pur sottolineando che l’amicizia esistente tra Italia e Iran non si è mai spenta, anche negli anni difficili delle sanzioni economiche imposte a Teheran: «Quello delle risorse energetiche è il settore storicamente più propizio nelle nostre relazioni commerciali. Accanto all’energia, sono molti i settori in cui sarà possibile aprire nuove forme di collaborazione: dalle infrastrutture, ai trasporti, al turismo». L’obiettivo è incrementare gli scambi commerciali che prima delle sanzioni erano arrivati a 7 miliardi di euro, mentre nel 2014 ammontavano a 1,1 miliardi. A questo proposito il ministro Nematzadeh ha ricordato che il suo Paese accoglie investimenti iraniani e stranieri con condizioni favorevoli. I due Paesi, entrambi riconosciuti come culle di cultura e civilizzazione, vantano anche una forte collaborazione culturale: le università italiane hanno visto un incremento di sette volte nel numero di studenti iraniani negli ultimi dieci anni. «L’Italia crede nel dialogo fra le civiltà, quale strumento principe delle relazioni internazionali», ha continuato Ferri, che ha ricordato che a Milano è esposta ancora per pochi giorni la “Penelope di Persepoli”.  Mohammad Reza Nemetzadeh ha sottolineato che le celebrazioni della giornata nazionale dell’Iran a Expo Milano 2015 cadono nel giorno della nascita di Avicenna, il filosofo, medico e saggio iraniano i cui scritti sono stati tradotti e diffusi in tutto il mondo.

La verde terra dell’Eire punta all’agricoltura eco-sostenibile

MILANO – Sono state danze e musiche tradizionali a dare il via alle celebrazioni del National Day dell’Irlanda a Expo Milano 2015. Alla cerimonia di apertura della Giornata nazionale del Paese – che si è aperta con gli inni nazionali italiano e irlandese e il consueto alzabandiera – sono intervenuti il Presidente della Repubblica di Irlanda Michael D. Higgins e il sottosegretario di Stato al ministero delle Riforme e dei rapporti con il Parlamento Ivan Scalfarotto. «Sono lieto di essere qui, per celebrare il nostro National Day. Oggi – ha dichiarato il Presidente Higgins – è un giorno importante per i nostri due Paesi: cento anni fa James Joyce iniziò a scrivere proprio in Italia il suo capolavoro. L’amicizia tra i nostri Paesi deriva da un rapporto culturale molto profondo che ci ricorda di rimanere uniti. Questa Expo – ha proseguito Higgins – ha sollevato un tema fondamentale, che tutti noi condividiamo: quello di un pianeta fragile. La fame rappresenta la più grande violazione ai diritti umani e uno dei nostri più grandi fallimenti. Per questo motivo, abbiamo bisogno dell’impegno dei leader di tutto il mondo e di politiche ambiziose finalizzate a un benessere globale». In Expo Milano 2015, l’Irlanda – che nei primi tre mesi del 2015 ha generato un interscambio commerciale con l’Italia pari a 1,1 miliardi di euro – presenta un modello di produzione agricola sostenibile, chiamato Origin Green: «Si tratta di un programma di sostenibilità unico al mondo, che vuole dare un aiuto concreto alle sfide che stiamo affrontando». Una vivace e coinvolgente esibizione di danze tradizionali, scandite dalla melodia di violini, flauti e arpa celtica, ha intrattenuto i visitatori e la delegazione del Paese. Al termine, il Presidente Higgins ha visitato il padiglione irlandese e Palazzo Italia, prima di proseguire la visita del sito espositivo.

La verde terra dell’Eire punta all’agricoltura eco-sostenibile

MILANO – Sono state danze e musiche tradizionali a dare il via alle celebrazioni del National Day dell’Irlanda a Expo Milano 2015. Alla cerimonia di apertura della Giornata nazionale del Paese – che si è aperta con gli inni nazionali italiano e irlandese e il consueto alzabandiera – sono intervenuti il Presidente della Repubblica di Irlanda Michael D. Higgins e il sottosegretario di Stato al ministero delle Riforme e dei rapporti con il Parlamento Ivan Scalfarotto. «Sono lieto di essere qui, per celebrare il nostro National Day. Oggi – ha dichiarato il Presidente Higgins – è un giorno importante per i nostri due Paesi: cento anni fa James Joyce iniziò a scrivere proprio in Italia il suo capolavoro. L’amicizia tra i nostri Paesi deriva da un rapporto culturale molto profondo che ci ricorda di rimanere uniti. Questa Expo – ha proseguito Higgins – ha sollevato un tema fondamentale, che tutti noi condividiamo: quello di un pianeta fragile. La fame rappresenta la più grande violazione ai diritti umani e uno dei nostri più grandi fallimenti. Per questo motivo, abbiamo bisogno dell’impegno dei leader di tutto il mondo e di politiche ambiziose finalizzate a un benessere globale». In Expo Milano 2015, l’Irlanda – che nei primi tre mesi del 2015 ha generato un interscambio commerciale con l’Italia pari a 1,1 miliardi di euro – presenta un modello di produzione agricola sostenibile, chiamato Origin Green: «Si tratta di un programma di sostenibilità unico al mondo, che vuole dare un aiuto concreto alle sfide che stiamo affrontando». Una vivace e coinvolgente esibizione di danze tradizionali, scandite dalla melodia di violini, flauti e arpa celtica, ha intrattenuto i visitatori e la delegazione del Paese. Al termine, il Presidente Higgins ha visitato il padiglione irlandese e Palazzo Italia, prima di proseguire la visita del sito espositivo.

Una tradizione millenaria che accompagna la cultura del cibo nel futuro

MILANO – Kimono colorati, musiche tradizionali, manga e cartoni animati. È con un mix di tradizione e modernità che il Giappone ha celebrato il National Day in Expo Milano 2015. «Siamo orgogliosi di poter partecipare alla prima Esposizione Universale che affronta il tema del cibo», ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura Yoshimasa Hayashi, durante la cerimonia dell’alzabandiera. «Il Giappone ha una tradizione e una saggezza millenaria legata all’alimentazione, per cui mettiamo a disposizione di Expo 2015, dei suoi visitatori e della sua eredità tutto il nostro potenziale». Ad accogliere all’Expo Centre la delegazione nipponica sono stati il commissario del Governo per Expo Milano 2015 Giuseppe Sala, il commissario generale di Expo 2015 Bruno Pasquino, il ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Maurizio Martina e il vicepresidente e assessore alla Salute della Regione Lombardia Mario Mantovani. Erano presenti la moglie del primo ministro Akie Abe  e il ministro dell’Economia, Commercio e Industria Daishiro Yamagiwa. «Le esperienze e le tradizioni straordinarie di Giappone e Italia nel campo dell’agricoltura e dell’alimentazione – ha dichiarato il ministro Martina – hanno portato a una collaborazione concreta e fruttuosa tra i due Paesi già nella fase preparatoria di Expo 2015 e per la Carta di Milano. Il Padiglione del Giappone, apprezzatissimo dai visitatori, è proprio la vincente dimostrazione di come un grandioso passato diventi futuro». Il Giappone ha portato in Expo Milano 2015 la “Diversità armoniosa”. È questo il tema del Padiglione, che si articola in tre concept: armonia tra natura e agricoltura, la saggezza nella cultura del cibo giapponese e la gratitudine verso la natura che dona nutrimento. Al termine della cerimonia, la delegazione giapponese ha visitato il Padiglione Italia. Le celebrazioni del National Day sono proseguite con due parate lungo il Decumano, in cui sono state proposte dieci feste che vengono celebrate nella regione Tohoku. Nel corso del pomeriggio si è svolto il Science and Technology in Society (Sts) Forum e poi di nuovo spazio alle arti tradizionali e contemporanee, alla musica e alla cultura nipponica con il Japan Day Special Live 2015.

Una sinfonia di colori e gusti all’incrocio tra oriente e occidente

MILANO – «L’Azerbaijan partecipa a Expo Milano 2015 per la prima volta da Paese indipendente: per noi è un’occasione grandiosa per far conoscere al mondo la nostra terra, i suoi tesori e per consolidare il rapporto con l’Italia e la comunità internazionale»: Ilham Aliyev, Presidente della Repubblica dell’Azerbaijan si è espresso così nel discorso ufficiale in occasione del National Day del Paese azero. Ad accogliere la delegazione asiatica, il Commissario unico delegato del Governo per Expo Milano 2015, Giuseppe Sala, il Commissario Generale di Expo Milano 2015, Bruno Pasquino e l’Ambasciatore d’Italia in AzerbaiJian, Giampaolo Cutillo. Il Presidente azero era invece accompagnato dalla first lady Mehriban Aliyeva, dalla figlia Leyla e dal ministro degli Affari Esteri Elmar Mammadyarov. «A Expo Milano 2015 – ha continuato il Presidente Aliyev – vogliamo raccontare la storia di un Paese, posto al crocevia tra Oriente e Occidente, ricco di risorse e di storia, musica e arte. E aperto al mondo: dopo i Giochi Europei di Baku, ospiteremo nel 2017 i Giochi della Solidarietà Islamica». Il profondo coinvolgimento dell’Azerbaijan per l’Esposizione Universale è stato messo in evidenza dal Commissario Bruno Pasquino: «Il vostro è stato il terzo Paese ad aderire all’evento, lavorando con efficacia fin dalla fase preparatoria. Il Padiglione azero, con la sinfonia di colori, suoni e gusto, affascina i visitatori e continuerà a farlo anche in Azerbaijan; sarà infatti ricostruito dopo Expo nella piazza centrale di Baku». Dopo la cerimonia dell’alzabandiera, le delegazioni hanno raggiunto il Padiglione Italia, dove Ilham Aliyev ha firmato la Carta di Milano, e successivamente si è tenuto il pranzo ufficiale.

 

Dall’alveare dell’innovazione 16mila nuovi prodotti all’anno

MILANO – «È un piacere essere qui per celebrare la creatività, le innovazioni e lo sviluppo del Regno Unito»: con queste parole Lord Francis Maude of Horsham, ministro per il Commercio e gli Investimenti di Londra, ha aperto ufficialmente le celebrazione del National Day della Gran Bretagna, iniziato con i trilli dei bugles, i corni militari del terzo battaglione di Sua Maestà, e la classica cerimonia dell’alzabandiera, sulle note degli inni italiano e inglese. «Eventi della portata dell’Esposizione Universale – ha aggiunto un pragmatico Lord Maude –  possono davvero creare opportunità interessanti: le Olimpiadi 2012 hanno permesso alla Gran Bretagna di aumentare i suoi investimenti di circa 19 miliardi di euro. Auguriamo all’Italia un’eredità commerciale simile». Tra i presenti all’evento, oltre al ministro Maude e al Commissario generale di Expo Milano 2015, Bruno Pasquino, anche l’ambasciatore inglese Christopher Prentice e il console Tim Flear.  «Il vostro padiglione è uno dei più avanzati dell’intera esposizione», ha esordito il Commissario Pasquino . «Il Regno Unito è un alveare di innovazione e creatività che contribuisce a nutrire il pianeta, grazie anche ai 78 premi Nobel nelle sole scienze naturali e allo sviluppo di circa 16.000 nuovi prodotti alimentari ogni anno». »Come ministro degli Investimenti voglio enfatizzare il nostro ruolo nel creare crescita economica», gli ha fatto eco Lord Maude. Expo è un’occasione unica per scambiare best practices e collaborare per trovare soluzioni alle sfide di una crescita sostenibile.  Per sconfiggere la fame non dobbiamo solo produrre più cibo, ma cambiare mentalità, avere nuove tecnologie e sviluppare importanti collaborazioni internazionali. E la Gran Bretagna è un leader mondiale nel far questo. Abbiamo istituti di ricerca agricola, produttori innovativi e dinamici e rivenditori che sono i maggiori esportatori di prodotti sostenibili». Prima della conclusione della cerimonia, segnata da nuovi squilli di tromba, il ministro ha ricordato che l’impegno di Londra a sostenere le sue imprese nel commercio globale avrà una manifestazione tangibile anche a Expo Milano 2015: «Prossimamente nel padiglione Uk ospiteremo settimane del business che aiuteranno a sostenere la sfida di nutrire il Pianeta. Il miglior aiuto alla lotta contro la fame viene dal commercio libero e da un’economia aperta, insieme a governi stabili con cui negoziare. I nostri colleghi italiani ci aiutano in questo». Parallelamente, a Palazzo Italia si è tenuto un incontro privato tra David Cameron, Primo Ministro inglese, e il Presidente del Consiglio Matteo Renzi.