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Censimento industria: il 90% del sistema produttivo è governato da famiglie

ROMA – Il mondo del non profit cresce e si diversifica, la pubblica amministrazione si snellisce, il settore delle imprese subisce trasformazioni nel contesto della crisi e della globalizzazione. A confermarlo sono i risultati del 9° Censimento Istat su industria e servizi, istituzioni pubbliche e non profit. Alla rilevazione hanno partecipato oltre 300mila organizzazioni non profit, 13mila istituzioni pubbliche e un campione di 260mila imprese (tutte quelle con 20 e più addetti e circa 190mila unità produttive di piccole e piccolissime dimensioni). Accanto ai dati tradizionali, alcuni approfondimenti inediti su occupazione, governance, internazionalizzazione e strategie finanziarie costituiscono una solida base informativa per un monitoraggio continuo delle trasformazioni della realtà produttiva italiana. Il confronto tra 2001 e 2011 è fortemente condizionato dal 2008, anno in cui la crisi economica ha investito i sistemi produttivi di tutti i Paesi europei e dell’Italia in particolare, interrompendo una fase di crescita che mostrava segni di accelerazione. Al 31 dicembre 2011, le imprese attive sono 4.425.950, con un aumento dell’8,4% rispetto al 2001. Sul territorio, si registra un consistente aumento delle imprese nel Sud (12,2%), seguono Centro (11,5%) e Isole (10,7%). Per quanto riguarda l’occupazione, la rilevazione censuaria registra 11,3 milioni di lavoratori dipendenti, 5,1 milioni di indipendenti, 421 mila esterni e 123mila temporanei. L’incremento rispetto al 2001 è modesto (+4,5%); tuttavia nel corso del 2011, circa 295mila imprese con almeno tre addetti hanno effettuato nuove assunzioni: la percentuale più alta (31,4%) si registra nell’industria. Per quanto riguarda la governance, si conferma il carattere familiare del sistema imprenditoriale italiano, che vede in oltre il 90% delle imprese con almeno tre addetti una persona fisica come socio principale. Raramente il primo socio ha nazionalità estera, il fenomeno è più frequente in Toscana (5,1%) e Lombardia (4,5%). La proprietà delle microimprese (tra 3 e 9 addetti) appare piuttosto stabile nel tempo: nel 72,7% dei casi non vi è stato nel periodo 2006-2011 un passaggio generazionale, né è previsto per il 2012-2016. A capo delle microimprese nella maggior parte dei casi si trovano uomini al di sopra dei quarant’anni, diplomati, con precedenti esperienze di lavoro dipendente. Nelle regioni meridionali una minore età media degli imprenditori si associa a una quota mediamente più elevata di imprenditori senza precedente esperienza lavorativa.

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