Con i nanosensori smartphone e tablet viaggiano nel futuro

VENEZIA – L’ integrazione tra sensori elettronici miniaturizzati – la cui realizzazione è resa possibile dalle nanotecnologie – e dispositivi mobili è uno dei campi di ricerca più significativi del settore dell’elettronica e dell’information technology in generale. Significa dotare smartphone e tablet di sistemi rilevamento molto sofisticati, per rendere la vita sempre più semplice e per restare più “connessi” con gli altri. Luigi Occhipinti guida questi programmi nel settore di ricerca e sviluppo Ims – Start System Integration di STMicroelecronics e li ha illustrati al recente NanotechItaly: “L’ aspetto della sensoristica integrata nei dispositivi mobili ha influenzato positivamente l’industria della microelettronica e dei semiconduttori. Un esempio lo abbiamo visto con i sensori MEMS (sistemi micro-elettromeccanici, ndr) che sono basati su tecniche di fabbricazione del silicio. Sono in grado di tradurre in impulsi alcune grandezze fisiche, meccaniche e chimiche di vario tipo. Svolgono ad esempio le funzioni di accelerometri, giroscopi che di fatto ci consentono di realizzare dei sensori di movimento nei dispositivi mobili, facilitando ad esempio la navigazione assistita da GPS e molto altro ancora. Oppure di rilevare parametri ambientali quali la pressione, la temperatura, l’umidità, l’altitudine ed altri parametri anche di tipo chimico”. Il dipartimento di ricerca di STMicroelectonics sta lavorando su due filoni di ricerca, entrambi molto promettenti. Spiega Occhipinti: «All’interno del mio dipartimento sviluppiamo nuove piattaforme tecnologiche che aprono la strada verso nuove tipologie di sensori sia di tipo ambientale sia nel campo della salute. Basti pensare che un semplice sensore di pressione di tipo “mems” miniaturizzato – integrato in uno smartphone – rende noto al sistema non solo le coordinate al suolo ma anche l’altezza raggiunta dal dispositivo, fungendo da “altimetro”. L’altro campo è quello dei micro-sensori per la diagnostica molecolare. Essi consentono di rilevare sia sostanze di tipo biologico che chimico ed effettuare delle analisi “personalizzate”, non più in ospedale o in laboratorio ma presso il paziente. In pratica vengono messi a contatto con liquidi biologici come sangue e urine e possono anticipare e, in alcuni casi, sostituire le analisi di tipo tradizionale». Ma forse il campo di ricerca più promettente di sviluppi per il futuro è quello della “elettronica flessibile”: «Normalmente i sensori vengono integrati all’interno di supporti rigidi come una scheda-madre o comunque all’interno di un “hardware”. Stanno prendendo piede i cosiddetti sensori on board, cioè micro-rilevatori che possono essere “montati” facilmente su un paziente o su una sua protesi. Ad esempio come laboratori ST abbiamo realizzato un nanosensore elettronico all’interno di una lente a contatto. Questo dispositivo integrato nella lente applicata sull’occhio del paziente è in grado di rilevarne la pressione intra-oculare, misurando la variazione del raggio di curvatura della lente. Questo tipo di sensori apre degli sviluppi potenziali enormi. Basti pensare alla possibilità di integrarli all’interno di dispositivi che vengono usati per un tempo determinato, come ad esempio i cerotti», conclude Occhipinti.

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