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ANIMA: Più occupazione e competitività con il libretto formativo

MILANO – Se c’è un luogo, oggi, in cui è difficile far crescere le competenze del capitale umano e la competitività aziendale, questo è la piccola impresa, perché le leggi e le politiche di sviluppo sono talmente aggrovigliate e differenziate tra un regione e l’altra da rendere quasi impossibile dare ai lavoratori e agli imprenditori delle pmi le stesse opportunità di accrescimento culturale, organizzativo e tecnico di cui godono le grandi aziende, tanto che meno del 25% delle pmi manifatturiere gestisce piani formativi organici. «Il libretto formativo e la certificazione delle competenze possono essere la risposta a questa anomalia del sistema italiano, a patto che sia una strada condivisa da tutte le parti sociali e che si faccia in fretta, perché siamo alla fine della corsa: nel 2012 hanno chiuso 41 imprese manifatturiere al giorno, con 800mila lavoratori lasciati a casa»: così Barbara Pigoli, direttore di FormaMec (l’ente di formazione della Federazione Anima di Confindustria, che associa un migliaio di aziende italiane della meccanica), ha aperto i lavori della tavola rotonda promossa da FormaMec sul tema “Competenze in azienda, valore per il mercato”, alla quale hanno partecipato associazioni datoriali (Anima, Federacciai), i sindacati confederali territoriali e di categoria, enti di formazione e imprenditori. Durante l’incontro è stato presentato il rapporto di ricerca “Il libretto formativo e la certificazione delle competenze: il ruolo delle imprese”, condotto dalla stessa Pigoli insieme a Elena Righetti dell’Istituto italiano di valutazione, con i contributi di Ial, Riconversider e Fondimpresa. Tornato in auge con il decreto legislativo 13/2013 in attuazione della Legge Fornero, il libretto formativo rappresenta, per il lavoratore, uno strumento di comunicazione sul proprio curriculum di apprendimento e di competenze acquisite, per la ricerca di un lavoro, per la mobilità professionale e per il passaggio da un sistema formativo all’altro. Per il sistema delle imprese, costituisce uno strumento di informazione finalizzato da un lato a evidenziare in modo omogeneo e attendibile il percorso formativo della persona, facilitando la riconoscibilità di professionalità e competenze individuali all’interno di un percorso di inserimento e mobilità lavorativa, e dall’altro a far emergere la capacità competitiva dell’azienda rispetto al mercato. La testimonianza di Massimo Vitale, amministratore delegato della Isovit, azienda di Paderno Dugnano specializzata nelle bonifiche ambientali dell’amianto e in impianti a rischio (acciaierie, industrie chimiche e farmaceutiche, siti energetici…), ha infatti dimostrato che investire in formazione continua è un fattore di competitività e di occupazione: «Siamo passati da 8 a 40 dipendenti, con i quali abbiamo sviluppato negli ultimi anni un sistematico piano di formazione e aggiornamento delle competenze. Grazie a questo know how, centrato in particolare sulla sicurezza, abbiamo potuto crescere acquisendo diverse commesse con clienti importanti (Tenaris, Enel, Edison…), facendo leva non tanto sul prezzo più basso ma proprio sulle abilitazioni e qualifiche dei nostri addetti».

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