Redazione

E’ italiana la vera «iron lady» dell’industria europea

SESTO SAN GIOVANNI – Chiamatela pure la Signora dell’acciaio, non si offenderà. Anche perché in mezzo all’acciaio ci vive tutti i giorni, come amministratrice del Csai (Centro servizio acciai inossidabili), una realtà fondata nel 1977 nel cuore di Sesto San Giovanni, l’ex-Stalingrado d’Italia, per il commercio dell’acciaio e da allora sviluppatasi come uno dei più importanti impianti per la lavorazione della lamiera e la produzione di semilavorati a livello europeo. Lei è Eleonora Terruzzi, subentrata al padre e fondatore dell’azienda e oggi capace di trainare il Csai a uno standard produttivo tra i più efficaci e versatili d’Europa. Ma come si fa a resistere in un campo come il manifatturiero quando nel giro di qualche chilometro quadrato tutte le più grandi fabbriche (Breda, Pirelli, Falck?) hanno chiuso i battenti da tempo? «Già trent’anni fa avevamo intuito che il futuro era nella possibilità di fornire ai clienti non solo la lamiera ma anche il prodotto semilavorato, per ottimizzare i cicli produttivi», spiega la Terruzzi. «Così, grazie alla operatività di 13 diverse tecnologie di taglio avanzato (dal plasma al laser?) e all’ampliamento della gamma degli acciai inossidabili disponibili, alla versatilità e agli impianti di cui disponiamo, possiamo ottenere lamiere con spessori da 0,4 a 150 millimetri e tagli circolari da 50 millimetri a 3000 millimetri di diametro». Senza contare un magazzino di lamiera pronta all’uso che dispone di 5.000 tonnellate di prodotto, per soddisfare anche le esigenze più breve tempo possibile. Come ha fatto allora una donna a diventare la vera «iron lady» italiana? «Mi sono laureata in Economia e commercio ma il lavoro l’ho imparato direttamente in stabilimento. In un campo come questo alle donne è richiesta una dose doppia di bravura, per non farsi abbattere dai pregiudizi e dalle difficoltà. Pensi che ho partorito la mia prima figlia il giorno successivo alla chiusura estiva dell’azienda».

Nell’anno della crisi l’export manifatturiero lombardo è cresciuto del 13%

Le imprese guardano all’estero per superare la crisi: cresce del 13%, infatti, l’export lombardo in un anno. Complessivamente l’interscambio commerciale della Lombardia vale oltre 170 miliardi di euro, con i primi dieci mercati di riferimento per l’export che, oltre ai Paesi europei, comprendono gli Stati Uniti (con le esportazioni che valgono oltre 4 miliardi di euro) e la Cina (2,2 miliardi di euro). I settori delle imprese lombarde manifatturiere che “corrono” all’estero sono quello dei macchinari (con 15,3 miliardi di euro vale circa il 20% del totale dell’export manifatturiero lombardo), seguito dall’industria dei metalli (14,1 miliardi, 18,8%), dai prodotti tessili (7,7 miliardi, 10,3%) e dalla chimica (7,6 miliardi, 10,2%). Milano esporta 27,5 miliardi di euro, seguita da Brescia (10,1 miliardi), che in un anno cresce di più con le sue esportazioni rispetto alla media lombarda (+19,9%), così come Monza e Brianza (+15,8%). L’export come risposta alla crisi: per un’impresa lombarda su tre è importante individuare nuovi mercati per i propri prodotti per affrontare la crisi e il 12% ritiene necessario capire le opportunità dei mercati esteri. È quanto emerge da un’elaborazione dell’Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza su dati Istat-Coeweb e dalla indagine “Crisi e impresa – 2012” condotta dalla Camera di commercio di Monza e Brianza che ha coinvolto circa un migliaio di imprese lombarde.

Anche in India l’automazione nei processi dei laminati parla milanese

BUSSERO ?– Dopo la Cina e il Brasile, tocca all’India: già presente su una trentina di mercati esteri con la sua produzione di equipaggiamenti??per l’automazione dei processi di lavorazione di diversi materiali laminati (carta, filo metallico, gomma e plastica, tessile, tessuto non tessuto?), la milanese RE Controlli Industriali ha dato vita alla sua terza joint venture estera: è la RE Shilp Equipment India, costituita insieme alla Shilp Ultra-Tech, società quotata in Borsa, già da due anni partner dell’azienda di Bussero per le attività sul mercato indiano. La RE Controlli Industriali è presente in India da un decennio, dove vende direttamente i suoi sistemi di automazione ai costruttori locali di macchinari per il converting, che ne tempo sono cresciuti e hanno richiesto un servizio di assistenza post-vendita sempre più efficiente. Da qui la decisione di attivare una struttura che potesse garantire una costante presenza sul territorio, sostenuta dall’affidabilità della produzione italiana e dalla competenza tecnica della società indiana. La RE Shilp ha sede ad Ahmedabad, nella regione del Gujarat – un’ora di volo da Bombay – una delle zone più attive e trainanti dell’economia indiana.

Con la smartcard in radiofrequenza è più facile il self service

GESSATE – Avete portato la vostra auto in un impianto di lavaggio automatico? State prelevando una bibita da un distributore automatico? Avete scommesso sulla vostra fortuna iniziando una partita a videopoker? In tutti i casi, siete alle prese con la più avanzata tecnologia italiana che sovrintende ai sistemi di pagamento e alle apparecchiature di gestione self service: la progetta, la realizza e la installa in migliaia di apparati diffusi in più di cento Paesi di tutto il mondo un’azienda di Gessate, la Comesterogroup, che occupa 150 addetti nello stabilimento milanese e nelle sue quattro sedi internazionali (in Francia, Spagna, Polonia e Regno Unito) e muove un giro d’affari di circa 40 milioni di euro.  «La nostra azienda ha saputo ritagliarsi negli anni – spiega il presidente, Davide Chionna – un ruolo di leadership nei mercati dell’autolavaggio, del vending e dell’amusement. Ora stiamo guardando alle notevoli potenzialità del settore self service, sia food sia non food, che fa sempre più parte delle abitudini di consumo degli italiani». Così, forte della recente creazione della società RFTech,  nata dall’acquisizione della MCF-RFTech di Sozzago (Novara) che ha portato in dote Mifare®, la tecnologia di contactless smartcard più diffusa al mondo, la Comesterogroup lancia sul mercato World Key Easy Charge, il nuovo dispositivo di ricarica per card, chiavi e tag, basato sulla tecnologia di trasmissione in radiofrequenza. Le dimensioni compatte e il design semplificato ne fanno un apparecchio adatto all’installazione in qualsiasi tipologia d’ambiente: centri commerciali, palestre, aeroporti, stazioni, sale gioco, uffici, bar e internet café. La struttura ad alto spessore, i sistemi di chiusura potenziati, la serratura ad alta sicurezza e le speciali barre di protezione in acciaio lo rendono resistente ai tentativi di effrazione o manomissione.

Per superare la crisi c’è chi investe in laboratori e aule di formazione

MARANO SUL PANARO – Ha vinto il Premio OK Italia di Unicredit e il Premio decennale Cna per le imprese eccellenti, finalizzati a riconoscere l’impegno delle aziende sul fronte della formazione e dell’innovazione strategica: è la modenese Galvanica Nobili, specializzata in cromatura dura a spessore, rettifica e lucidatura su acciai, rame e bronzo, soprattutto per il settore della meccanica oleodinamica. «Come la maggior parte delle aziende del settore – spiega il presidente Moreno Ghiaroni – anche noi abbiamo attraversato un periodo difficile, con un calo del fatturato del 50% e la messa in cassa integrazione di quasi la metà dell’organico. Ma abbiamo reagito, investendo nel nostro capitale più importante, quello umano, e nell’innovazione dei nostri processi». Nonostante la crisi è stato portato avanti il progetto di ampliamento dello stabilimento di Marano, per un totale di circa 1.000 metri quadri: 500 per la produzione e altri 480 serviranno per laboratori e un’aula per la formazione. «Il nostro è un settore maturo e la competitività si gioca proprio sulla capacità di dare risposte personalizzate alla clientela; per questo l’aggiornamento permanente del personale tecnico e commerciale è una condizione essenziale del nostro sviluppo».

Unione strategica tra gli ingranaggi plastici e la meccanica di precisione

CARBONARA SCRIVIA  –  Con un’operazione che fa seguito all’ampliamento del proprio impianto produttivo, la Mopla ha perfezionato l’acquisizione della Tecnical, nota azienda alessandrina, specializzata nella costruzione di stampi e nella meccanica di precisione. «Questa è la risposta di Mopla a chi ci offre la possibilità di spostare le produzioni verso i Paesi low cost», dichiara Dino Savoia, presidente dell’azienda di Carbonara Scrivia, che consolida così la vocazione manifatturiera di un’impresa a carattere familiare, con una cinquantina di dipendenti, passata dalla fabbricazione di ingranaggi fini di piccole dimensioni (per contatori d’acqua) ad altri settori merceologici, in particolare a quello automotive, collaborando allo sviluppo di ingranaggi per sistemi di avviamento, per pompe, alzacristalli, per tergicristalli, sistemi di iniezione. «Nel corso degli anni – aggiunge Savoia, che conduce l’azienda con la moglie Chiara ed i due figli Marco e Carlo – il mercato ha intensificato la ricerca per la progressiva sostituzione di alcune parti in metallo con componenti plastici. Le esigenze delle case automobilistiche riguardavano la riduzione dei costi dei singoli manufatti, il rispetto delle politiche ambientali legate al riciclaggio dei materiali, standardizzazione della produzione, l’alleggerimento complessivo dell’auto. In questo scenario Mopla ha concordato e sviluppato l’attività assieme ai grandi produttori di materia prima, nella ricerca e sviluppo di nuove applicazioni e nuovi tecnopolimeri, in particolare nel settore automotive, dove le possibilità di intervento sono talmente vaste da permettere di proporre costantemente idee alternative.

Espone al Mecspe di Parma la rete delle pmi meccaniche varesine

VARESE – Il contratto di rete sarà formalizzato entro marzo 2012, probabilmente in occasione del Mecspe, la fiera della subfornitura e meccanica specializzata di Parma, ma l’aggregazione di Mech Net già opera sul mercato e si apre anche a quelli esteri, incontrando responsabili acquisti di aziende europee: succede a Varese dove, con il supporto della Camera di commercio e delle locali associazioni artigiane, tredici aziende di produzione e servizi si sono alleate per dar vita al primo raggruppamento industriale nel campo della meccanica. «Il progetto è partito nel febbraio 2009 ed è in attesa delle formalizzazioni contrattuali di legge, ma oggi già operiamo come una vera e propria rete di piccole imprese in grado di fornire soluzioni integrate e complesse presentandosi alla clientela come un unico interlocutore», racconta Paolo Rolandi, titolare di un’azienda meccanica di Cassano Magnago e portavoce di Mech Net. «Così è successo che abbiamo incontrato i buyer di società norvegesi, tedesche e svedesi, interessati sia ad acquisire forniture e lavorazioni meccaniche, sia a studiare il nostro modello di rete per replicarlo nei loro Paesi». Di fatto, Mech Net oggi rappresenta una filiera integrata che spazia dalla meccanica ai trattamenti fino alla costruzione di impianti, grazie all’operato di oltre un centinaio di addetti e di 110 macchine utensili, per un fatturato aggregato di circa 8,5 milioni di euro e un data base di oltre 2.500 clienti serviti. I prossimi passi? «Dopo la costituzione formale del contratto di rete avremo alcuni mesi di rodaggio per verificare l’operatività del sistema, ma già stiamo lavorando a due importanti progetti di sviluppo che ci daranno un’ulteriore spinta verso il mercato», conclude Rolandi.

Guarda all’America la specialista delle valvole in alluminio

COLOGNO MONZESE – «Abbiamo investito 3 milioni di euro in nuove tecnologie e mai scelta è stata più azzeccata: se oggi ci stiamo espandendo su mercati esigenti e di qualità come la Germania e la Francia, lo dobbiamo proprio allo sviluppo di nuove produzioni con materiali differenti»: è soddisfatto Giuseppe Pons, sales manager della Rubinetteria GST, nell’annunciare l’acquisizione di sei nuovi clienti a livello europeo per i quali la società di Cologno Monzese produrrà componentistica industriale in ottone e alluminio, la nuova frontiera di un’azienda che è nata nel 1950 con la chiara vocazione allo stampaggio di componenti in ottone per impianti frigoriferi. Oggi la Rubinetteria GST, presieduta dai soci Enzo Tridella e Daniele Borghetti, fa parte del gruppo Tridella Brass, che occupa una settantina di addetti e fattura circa 16 milioni di euro. «Quando la crisi ha cominciato a farsi sentire con un calo del fatturato del 35% – racconta Pons – abbiamo capito che dovevamo orientarci su altri mercati e clienti. La scelta di investire in innovazione di processo e prodotto ci permette ora di fronteggiare anche all’estero la concorrenza sulle produzioni specializzate e di sganciarci dall’ambito delle produzioni standard, che oramai vengono tutte da est Europa, Cina e Taiwan». Di fatto, l’evoluzione del mercato ha portato la Rubinetteria GST a essere una delle pochissime aziende attive nel nord Italia in grado di produrre valvolame conto terzi in una gamma così ampia di tipologie. Ma oltre alle lavorazioni meccaniche per altri produttori, la società produce anche milioni di valvole di sovrapressione per gli scaldabagni, che vende soprattutto in Medio Oriente. E ora da Cologno si guarda anche a una possibile espansione commerciale verso l’immenso mercato americano.

Sarà lanciato nel 2014 il satellite progettato dagli studenti del Politecnico di Milano

MILANO – Si chiama Esmo, acronimo di European Student Moon Orbiter, ed è un progetto dell’Agenzia spaziale europea (Esa) il cui ambizioso obiettivo è costruire un satellite, interamente progettato da studenti ?universitari, in grado di posizionarsi in orbita attorno alla Luna. Al momento il progetto coinvolge 21 università in undici Paesi con più di 250 studenti. L’Italia partecipa al progetto con ben tre squadre, due con sede al Politecnico di Milano e una all’Università dell’Aquila. ?Il progetto è coordinato dalla società Surrey Satellite Technology Ltd, prime contractor di Esa, che mette a disposizione degli studenti? la possibilità di interagire con i suoi tecnici e ingegneri per avere ogni tipo di supporto tecnico sul lavoro da svolgere, oltre all’opportunità di partecipare a workshop in cui possono confrontarsi tra loro, in un ambiente internazionale, riguardo agli sviluppi presenti e futuri del progetto. ?«L’avere tra le mani un progetto che verrà realmente realizzato e mandato in orbita è una grande emozione. Ci dà molta soddisfazione poter essere in grado di partecipare e abbiamo lavorato sodo per sviluppare le necessarie competenze tecnicoscientifiche», dice Antonello Cherubini, membro della squadra del Politecnico di Milano che si occupa del sistema di propulsione del satellite. «Gestire una squadra di studenti è una grossa sfida poiché richiede non solo competenze ingegneristiche, ma anche imparare a destreggiarsi tra questioni organizzative e manageriali», aggiunge Stefania Tarquini, studentessa a capo dello stesso gruppo. Gli obiettivi del progetto ESMO sono:

? lanciare una sonda progettata e costruita interamente da studenti universitari e metterla in orbita lunare;

? eseguire nuove misurazioni rilevanti per dimostrazioni tecnologiche degli strumenti imbarcati;

? acquisire immagini della luna e ritrasmetterle sulla terra a scopo scientifico e didattico, in modo che scuole e istituti superiori possano richiedere immagini di particolari zone del suolo lunare.

Il satellite lunare alloggerà anche un piccolo radar, un rilevatore di radiazioni e un radiometro a microonde passive, oltre ad un esperimento per testare un protocollo di comunicazione lunare di tipo internet. Due le squadre del Politecnico coinvolte nel progetto. La prima, Propulsion? System Liquid Feed , è composta da 25 membri e si occupa dell’alimentazione liquida dei motori (tubature, valvole, regolatori di pressione); la seconda, Attitude and Orbit Control System, dovrà invece riconoscere, attraverso componenti posti su satellite, l’orientamento dello stesso nello spazio e modificarlo opportunamente.

Una joint venture brasiliana per la specialista del controllo

CINISELLO BALSAMO – Mentre lancia sul mercato il nuovo contabilizzatore di energia ISONRG ML311, sviluppato dal proprio laboratorio di ricerca & sviluppo nello stabilimento di produzione italiano, la Isoil Industria annuncia la costituzione della joint venture con il distributore brasiliano Lamon. Con sede a Belo Horizonte, nello stato di Minas Gerais, la nuova società è stata chiamata Isoil Lamon Industria De Equipamentos e Servicos De Instrumentacao Ltda e vede Isoil Industria come socio di maggioranza. Per la società di Cinisello Balsamo l’operazione rappresenta un passo importante nella strategia di sviluppo in America Latina, al fine di aumentare la penetrazione dei prodotti nel Mercosur e gestire direttamente dal Brasile tutta la catena dei distributori commerciali. «La presenza diretta – spiega l’amministratore delegato Roberto Guazzoni – ci consentirà di ridurre considerevolmente i costi di trasporto e l’impatto delle tariffe doganali, aumentando in modo consistente la forza competitiva. Inoltre la capacità di supporto tecnologico locale sarà potenziata grazie a nuovi programmi di formazione tecnica». I prodotti saranno realizzati in Italia, mantenendo e sviluppando il know how produttivo specifico, e saranno assemblati e calibrati direttamente in Brasile nelle nuove strutture produttive dotate dei banchi di calibrazione necessari per i misuratori, realizzati secondo le norme ISO 17025. Questa nuova struttura permetterà a Isoil Industria di poter rispondere con maggiore velocità alle richieste dei clienti locali, riducendone in modo effettivo il lead time e assicurando un supporto tecnico e operativo di alto livello. L’azienda è strutturata in divisioni: Isocontrol si occupa della misura e del controllo del processo industriale e del ciclo integrato delle acque; Isothermic è specializzata nella misura e controllo dell’energia termica e dell’automazione industriale e civile; Isotrack è concentrata nella strumentazione per materiale rotabile ferroviario e per i trasporti pubblici in genere.

Dal doposcuola al baby sitting, nasce il welfare aziendale

MANDELLO DEL LARIO – Nasce in riva al Lago di Como il primo modello di welfare aziendale riconosciuto e finanziato in Lombardia: è stato firmato lo scorso 13 dicembre l’accordo tra la Regione e il Consorzio Lariano di Mandello, per il progetto di welfare che coinvolge le 70 imprese del Consorzio e circa un centinaio di dipendenti. «Dalla crisi si può e si deve uscire insieme, imprenditori e lavoratori uniti, perché siamo sulla stessa barca», dichiara Carlo Invernizzi, titolare dell’azienda meccanica Invernizzi Edoardo e presidente del Consorzio Lariano, nato nel ’98 e oggi vero punto di riferimento per tutto il comparto delle pmi manifatturiere, degli artigiani e delle imprese di servizi di Mandello.« Nelle piccole imprese come le nostre – prosegue Invernizzi – il rapporto con i collaboratori è l’aspetto primario per la buona conduzione e lo sviluppo delle attività. Per questo abbiamo pensato e ora finalmente avviato una serie di servizi che puntano a dare aiuto e serenità ai nostri lavoratori, soprattutto nella gestione quotidiana dei figli». Con un finanziamento di 140mila euro, di cui 112mila erogati dalla Regione e 28mila dal Consorzio lariano, i lavoratori con figli dai 6 ai 14 anni possono usufruire di alcuni servizi di welfare gestiti dalla Cooperativa Il Talento di Lecco: il doposcuola tutti i giorni dalle 14,30 alle 18, con accompagnamento in pulmino; la copertura dei ponti durante le feste natalizie e pasquali, con servizio di accoglienza dalle 8 alle 18 presso un centro ricreativo; il baby sitting assicurato tutti i giorni nel caso di emergenze che i genitori non riescono a coprire; due soggiorni estivi settimanali all’anno, completamente spesati; un fondo di agevolazione a disposizione dei lavoratori che utilizzano anche altre servizi, con la possibilità di disporre di un voucher da 250 euro all’anno.

La rete degli artigiani crea arredi per il Louvre

MILANO – La solidità del metallo e la flessibilità della creatività. Così Extravega Milano si presenta al mercato, portanto avanti due anime: la lavorazione del metallo in serie e la produzione di oggetti di design personalizzati, spesso anche pezzi unici, necessari a completare un opera architettonica. Ecco che, con la medesima dedizione, prendono forma facciate, zone reception, uffici, musei, hotel, appartamenti e ville.
“Il nostro stile è definito dalla formula Architectural Fabrications, significativa del desiderio di creare oggetti customizzati per chiunque possa apprezzare l’esclusività” commenta Antonio Rillosi, amministratore unico di Extravega. L’azienda, situata a Paderno Dugnano con 30 dipendenti e un fatturato di più di 4 milioni di euro l’anno, nel 2000 si è lanciata in un’avventura: la realizzazione dei mobili del Museo Pompidou a Parigi. Una sfida che ha richiesto la collaborazione di diverse competenze. Nasce così Extra Group, una partenership tra imprese artigiane con l’obiettivo di mettere la propria specializzazione al servizio di tutto il complesso produttivo inerente il mondo delle costruzioni. Oltre a Extravega, fanno parte del consorzio Design Glass (vetreria), Dimensione Laser (tagli laser e carpenteria) e GBV (lavorazioni meccaniche). In totale Extra Group conta 70 dipendenti e un fatturato di oltre 11 milioni di euro. “La nostra forza è che forniamo un prodotto di qualità artigianale, ma realizzato attraverso l’alta tecnologia permessa dai macchinari che utilizziamo per la produzione in serie” spiega Rillosi “e visti i buoni risultati e la crescita continua di tutti i nostri collaboratori, dopo 26 anni di attività, puntiamo a restare sempre più “in rete”, cioè connessi, a quegli architetti che amano rendere unici i loro progetti, usando finiture esclusive, materiche su materiali, quali acciaio inox, ottone, bronzo, corten, alluminio, titanio, vetro e legno, sempre più apprezzati anche dai nuovi clienti.”

Dall’elettricista imprenditore la presa usb rivoluzionaria

MILANO – «Sa quando è nata l’idea di I-Socket? Una sera a casa dovevo mettere in carica il mio I-Phone e mi resi conto che tutte le prese di casa erano impegnate da grovigli di cavi e spine di alimentatori per la ricarica di cellulari, lettori mp3 e altri aggeggi elettronici. Con una moglie e tre figli direi che è inevitabile. Così ho pensato a una presa che potesse alloggiare, al posto del normale “frutto”, una serie di porte Usb»: con un’intuizione tanto semplice quanto geniale, l’elettricista milanese Maurizio Boccotti, 39 anni, ha dato il via a una piccola invenzione che potrebbe rivoluzionare abitudini consolidate. Ha ideato I-Socket, prima presa con quattro porte Usb integrate in un unico frutto, in grado di alimentare qualsiasi dispositivo elettrico con collegamento Usb, dagli smartphone alle fotocamere digitali. «I-Socket sostituisce una normale presa a muro – spiega Boccotti – ed elimina l’ingombro di alimentatori che occupano spazio in casa o in ufficio. Consente anche di risparmiare energia rispettando le norme europee per lo stand by on/off». La presa, nata nel luglio 2010, ha richiesto mesi di lavoro per poter essere presentata all’ufficio omologazioni e brevetti, ma oggi è anche un’im?presa, la Alema Technology Srl: «Per poter sostenere lo sviluppo del prodotto e presentarlo al mercato, ho costituto una società con il mio amico e socio Alessandro Vastalegna, scontando tutte le innumerevoli difficoltà soprattutto finanziarie che devono superare le start up. Ora, dopo il lancio del prototipo in occasione dello Smau di Milano, abbiamo avviato i contatti per iniziare da gennaio la distribuzione di I-Socket, che sarà venduta sia tramite il sito www.i-socket.net sia presso rivendite di materiali elettrico e grandi magazzini del “fai da te”».

L’insospettabile passione artistica dei produttori di robot industriali

CARATE BRIANZA – Si fanno chiamare “integratori di sistemi ad alta tecnologia”, ovvero fornitori di soluzioni robotizzate per l’automazione industriale: sono gli specialisti della ADBrobot, società fondata nel 2008 da Oscar Guerrini e Roberto Cazzaniga, che oggi fattura mezzo milione di euro. I due soci hanno trasformato una piccola società della Brianza in un centro di applicazione della tecnologia nipponica a marchio Fanuc Robotics, con impianti di carico e scarico, manipolazione, pallettizzazione, assemblaggio, verniciatura e visione artificiale realizzati in Italia e all’estero (Francia, Bielorussia, Repubblica ceca, Stati Uniti, Messico?). «Forse non ci bastava essere imprenditori della robotica – racconta Guerrini -, settore in cui la nostra attività era circoscritta alla progettazione e integrazione di sistemi prodotti da altri. Così abbiamo voluto proporci sul mercato anche con una nostra produzione, cercando di portare la capacità creativa che anima i nostri progetti di automazione anche in altri mondi». Mettendo insieme arte e tecnologia, ispirazione e conoscenza dei materiali, è nata Mosait (www.mosait.it), una sorta di factory costituita da ADBrobot e da due aziende partner (la CMB di Inverigo e la Tesla di Monza), dove tecnici e artisti uniscono le conoscenze per realizzare originali mosaici con tessere di vetro, smalti, pietre, ori e metalli in genere. «Con le idee di artisti e designer quali Fabio Ferri, Matteo Golfetto o Mauro Clementi – spiega Guerrini – produciamo mosaici che sono veri e propri pezzi unici su commissione del cliente, per quattro grandi aree d’impiego: a muro, per pannelli su fondo di legno o vetro, per porte e tavoli, in grande formato per pavimentazioni e rivestimenti». Mosait opera già in Lombardia, Emilia Romagna, Lazio e Puglia ma l’ambizione di Guerrini e dei suoi partner ha come orizzonte l’Europa: «Abbiamo già avuto riscontri e interessi concreti da produttori di arredi che operano in Medio Oriente e nord Africa».

Coordinamento per il manifatturiero: serve un vero impegno governativo sul fronte del sostegno all’export

ROMA  – Meno poltrone e più servizi per l’export. Un combattivo slogan coniato per le rappresentanze estere dell’Italia, dal Coordinamento per il Manifatturiero (che raggruppa otto realtà associative: Amafond, Anima, Assocarta, Assofond, Assomet, Confindustria Ceramica e Andil, Federacciai e Unacoma) all’indomani di due notizie di sicuro interesse: le industrie italiane crescono nell’export e il vecchio Ice rinasce con buone intenzioni. «L’Ice poteva presentare molti difetti – che sicuramente dovevano essere migliorati – ma rappresentava l’unico strumento che il nostro Paese poteva fornire alle piccole e medie imprese per internazionalizzarsi – commenta Piero Starita, presidente di Amafond – Ora il Governo deve provvedere a una rapida riattivazione dell’agenzia che sostituirà il soppresso Ice con una dotazione adeguata di risorse sia in termini di budget che di personale addetto. La situazione di incertezza e di stallo che si protrae da luglio 2011 sta mortificando e disorientando le imprese sul fondamentale fronte dell’esportazione che per il nostro settore rappresenta oltre il 70% del nostro fatturato». L’Italia esporta. E lo fa bene. Indiscusso il successo del 2011: nel solo mese di dicembre 2011, l’apporto netto dell’export al Pil nazionale è stato in termini reali di 1,5 punti. La crisi italiana e il drammatico calo della domanda interna impone più attenzione verso i mercati esteri e, dunque, verso le nuove scelte governative. Il Coordinamento per il Manifatturiero raggruppa le imprese dei settori dell’industria manifatturiera di base: carta, ceramica e laterizi, fonderie e macchine per le fonderie, metallurgia non ferrosa, acciaio, macchine agricole e meccanica, con un fatturato complessivo di circa 167 miliardi, 615 mila addetti e 4536 imprese. «I nostri associati stanno spingendosi verso l’export ancora con più impegno e determinazione di prima. Anche le piccole e piccolissime si rendono conto che solo un export stabile e geograficamente diversificato può assicurare crescita e futuro».

8 marzo in bianco e nero: storia di un’imprenditrice che lotta per salvare la sua azienda

LODI – «Pensi che non mi ricordavo neppure che oggi è la Festa della donna: è da mesi che ogni mia risorsa e fatica è totalmente dedicata alla mia azienda, alla lotta che sto conducendo per non far saltare una piccola realtà industriale che però dà lavoro a poco meno di 10 lavoratori e lavoratrici e ha saputo arrivare nel 2007, prima della crisi, a un fatturato di 2.5 milioni di euro producendo imballaggi di cartone»:? è tormentata dal presente e assillata dal futuro, Maria Antonietta Vimercati, titolare della Innovapack di Merlino (Lodi), una piccola impresa specializzata nella progettazione e produzione di imballaggi in cartone per impieghi industriali. Ma non molla: «Stiamo provando a resistere, riducendo i costi e portando nuovi capitali. Nel 2011 è entrato un nuovo socio e abbiamo iniettato quasi 250mila euro. Abbiamo risanato l’indebitamento ereditato dalla precedente gestione ma questo non è sufficiente, soprattutto per le banche, a fronte di un continuo calo degli ordinativi». A differenza di altri scatolifici o produttori di imballaggi, la Innovapack è un’azienda con un forte know how progettuale: «In genere è il cliente a chiedere un determinato tipo di imballaggio, ad esempio per confezionare una lampada di design. In questo caso la capacità di intuire ed elaborare una soluzione è importante. Ciononostante, oggi quello che fa sempre la differenza è il prezzo. Ho visto imballaggi progettati e fabbricato da noi per grandi marchi, presi e dati a un altro fornitore perché li producesse a un prezzo più basso, magari per pochi centesimi a pezzo. Noi abbiamo lavorato quattro mesi per rispondere a quella richiesta, ma questo impegno oggi non ha più valore, è bravo chi fa il prezzo più basso, secondo l’ufficio acquisti di queste grandi imprese. Forse chi ha portato via l’ordine a me lavora lo stesso bene, ma quanto ci guadagnerà lavorando sottocosto? E la qualità sarà la stessa? Non credo. Ci sono delle logiche che vanno al di là delle strategie di un’azienda e questo stato di impotenza è destabilizzante». La crisi passa soprattutto attraverso le dinamiche a volte poco comprensibili della globalizzazione: «Tra il 2009 e il 2010 abbiamo lavorato per Ikea, che aveva bisogno di produrre grandi quantitativi di bancali di cartone per spedizioni destinate al Medio Oriente. Prima li fabbricavano in Romania, poi ci è arrivata questa richiesta e siamo stati in grado di soddisfarla, generando un grande volume di lavoro, quasi 800mila euro per 9 mesi. Stavamo addirittura decidendo di investire in un nuovo macchinario per garantire all’Ikea? un prodotto coerente con le loro richieste, ma all’improvviso, consegnato l’ultimo ordine, dall’oggi al domani il rapporto si è concluso.? La cosa incredibile è che non c’è in Italia un ufficio acquisti Ikea a cui rivolgersi, tutto è deciso in Svezia e non c’è modo di capire quali orientamenti seguano».? Così Maria Antonietta ha provato a ripartire entrando senza questo cliente importante nell’annus horribilis dell’economia italiana, il 2011, che ha chiuso con un fatturato a 1,2 milioni di euro, trovandosi costretta per la prima volta a licenziare due addetti. «Forse chi fa oggi la battaglia ideologica sull’articolo 18 non si rende conto che per un imprenditore lasciare a casa un lavoratore è come darsi una coltellata, perché poi quando il lavoro magari riprende si è in difficoltà e comunque si è persa una risorsa e una competenza importante. Sostenere tutti questi impegni sta diventando veramente difficile e sono preoccupata perché in questo momento nelle mie scelte imprenditoriali sono coinvolte altre persone e famiglie». Eppure la Innovapack ha un potenziale notevole, opera in un settore dove la diversificazione produttiva e la flessibilità operativa sono ancora requisiti indispensabili: «Quest’azienda continua a produrre reddito, tutto sommato. Ma non basta. La mia paura è legata alla fragilità del contesto in cui operiamo, dove basta un granello di sabbia per far inceppare tutto».

Assolombarda: nuove rotte globali per il 60% delle imprese milanesi

MILANO – Il 60% delle imprese dell’area milanese è attiva sui mercati esteri: un esercito di pmi (il 70% delle imprese internazionalizzate ha meno di 50 dipendenti) che per la maggior parte opera nel settore manifatturiero, in particolare nei comparti meccanico (17%), chimico-farmaceutico/gomma (16%), elettronico (12%) e metallurgico (12%). Riguardo la distribuzione geografica, le imprese stanno proseguendo lungo un percorso, tracciato con particolare vigore negli anni di crisi, che le porta a prestare sempre maggiore attenzione verso nuovi mercati di sbocco, soprattutto extraeuropei. Una strategia di diversificazione – molto più diffusa che nella media nazionale – che dimostra la rapidità di reazione delle imprese milanesi di fronte ad una crisi di domanda dell’eurozona che, in questi anni, le ha messe a dura prova. Sebbene anche nel 2011 l’epicentro delle attività sui mercati esteri è localizzato in Europa (Francia, Germania e Spagna) si avvicinano alle prime posizioni, grandi mercati lontani – come gli Usa, la Cina e il Brasile – ma anche altri più in orbita europea, come Russia e Turchia: paesi verso i quali si concentrano le intenzioni di sviluppo per i prossimi tre anni delle nostre imprese. Questi i principali risultati che emergono dall’indagine sui processi di internazionalizzazione delle imprese dell’area milanese, condotta dal centro studi e dall’area mercato impresa di Assolombarda su oltre tremila imprese associate, presentata a Milano nel corso del convegno «Mercati esteri: scenari economici e politici e il posizionamento delle aziende dell’area milanese», promosso in collaborazione con Ispi e al quale è intervenuto anche il presidente del Senato Renato Schifani.  «Nella situazione attuale caratterizzata da una crisi della domanda interna, l’internazionalizzazione rappresenta un veicolo fondamentale per le nostre pmi», ha sostenuto il presidente di Assolombarda Alberto Meomartini, «e la crescita impetuosa nei Paesi emergenti, in particolare nei Brics, offre un’opportunità che non deve essere dispersa. Questo implica da parte delle nostre aziende la capacità di saper adattare, con la dovuta flessibilità, le loro strategie d’internazionalizzazione alla mutevole geografia economica. E in quanto a prontezza di riflessi le aziende milanesi hanno dato un’ottima prova: l’export verso i paesi extra-UE è arrivato, in tempi recenti, a sfiorare il 60% delle esportazioni globale».

Partite Iva italiane: poco aperte all’innovazione nei servizi on line

ROMA – Tra agosto e dicembre 2011 Fattura24 (prima soluzione open source italiana che permette di gestire i propri documenti contabili sul web) ha condotto su un campione eterogeneo di oltre 10mila partite Iva italiane un indagine volta a verificare la predisposizione all’innovazione da parte di professionisti, lavoratori autonomi e piccole e medie imprese, in particolare riguardo all’utilizzo dei servizi on line di fatturazione elettronica e condivisione documentale. Dall’indagine è emerso che il 79% degli intervistati gestisce i documenti contabili localmente sul proprio personal computer utilizzando nel 44% dei casi i pacchetti Office preinstallati. Il 35% circa utilizza strumenti contabili appositi e soltanto l’1% ha tentato la strada dell’innovazione passando a soluzioni on line. «L’indagine ha confermato lo scenario atteso – spiega Salvati Patrizia, Ceo di Fattura24 – nonostante il dilagare di Internet  e dei servizi on line. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il principale  ostacolo all’innovazione non sembra legato alla resistenza al cambiamento ma alla scarsa preparazione tecnica che non permette di valutare complessivamente costi, benefici e rischi delle soluzioni più innovative». Infatti alla domanda «Per creare e gestire le sue fatture utilizzerebbe un servizio di cloud computing ?», il 54% del campione ha risposto che non conosce cosa siano i servizi cloud e il 12% che non si fida. Per condividere i documenti con il proprio commercialista, la maggior parte del campione ha dichiarato di consegnarli personalmente, il 40% utilizza le email mentre il 13% li spedisce via fax. Modesto anche l’utilizzo della Pec, la posta elettronica certificata: il 54% ritiene che non serva per inviare e ricevere le fatture mentre soltanto l’11% la utilizza sempre. Un esito sconfortante? Non necessariamente. Dall’indagine emerge che il 47% degli intervistati infatti è consapevole che i servizi di fatturazione on line saranno il futuro e un altro 24% pone dei quesiti sulla sicurezza che una volta chiariti permetteranno alle partite Iva italiane di introdurre soluzioni innovative nella gestione quotidiana del proprio business.