Capitali umani - Page 3

All’Aquila il network di ricerca per lo sviluppo tecnologico dei contact center

L’AQUILA – Transcom, uno dei principali operatori a livello internazionale nel mercato dei contact center, presente in Italia con otto sedi e 4.000 addetti, annuncia la prossima apertura di un centro di ricerca e sviluppo all’Aquila in collaborazione e partnership con l’Università degli Studi del capoluogo abruzzese.  Il progetto di ricerca, che si articolerà nei prossimi tre anni e prevede il coinvolgimento di circa 40 persone ad alta qualificazione professionale, è finalizzato a sviluppare nuove soluzioni, processi innovativi e tecnologie avanzate con l’obiettivo di migliorare continuamente i servizi erogati dai contact center rivolti ai consumatori e ai cittadini. Grazie alla partecipazione dell’Università degli Studi dell’Aquila, il nuovo centro diventerà un polo di interscambio di competenze ed esperienze tra la ricerca accademica e il settore industriale delle imprese, anche attraverso il coinvolgimento di un network di pmi del territorio aquilano e abruzzese. «Investire nell’innovazione e nello sviluppo continuo fa parte della missione e dei valori fondamentali della nostra azienda e costituisce un reale fattore di vantaggio competitivo che possiamo offrire ai nostri clienti. Questo nostro nuovo progetto di creazione di un “centro di competenza” a L’Aquila – che abbiamo voluto chiamare LeonarDo 2.0.14, coniugando l’anno di nascita dell’iniziativa con il 2.0, che simboleggia l’era digitale in cui viviamo – fungerà certamente da polo di riferimento tecnico-scientifico per Transcom in tutta l’area dell’Europa centro meridionale», ha dichiarato Roberto Boggio, general manager della regione centro e sud Europa ed executive vice president di Transcom Worldwide. «La nostra idea guida è quella di un ateneo inteso come laboratorio di creatività, valorizzando il nostro patrimonio di competenze e mettendolo al servizio della comunità del territorio. Questo progetto di collaborazione con un’azienda internazionale avrà un rilevante valore scientifico e come università potremo svolgere il nostro ruolo di elemento generatore di competenze ad elevata qualificazione. Le ricadute tecnico-scientifiche del progetto consentiranno di produrre nell’ateneo aquilano rilevanti benefici anche in termini di capacità tecnologica al servizio dello sviluppo locale e territoriale», ha dichiarato Paola Inverardi,rettrice dell’Università degli Studi dell’Aquila.

Funziona il matching tra le pmi e i manager che investono risorse e competenze

MILANO – C’è l’azienda produttrice di marmi e graniti, con un fatturato di 3,4 milioni di euro, che ha acquisito le competenze di un direttore amministrativo  e la sua disponibilità a investire 200mila euro. E c’è la società specializzata nella produzione di impianti di cogenerazione per energie rinnovabili, con 2,5 milioni di euro di ricavi, che ha trovato un professionista esperto in sales & marketing disposto a portare contatti e un investimento di 225mila euro. Sono già diverse decine gli accordi andati a buon fine tra manager e piccole e medie imprese, nell’ambito delle azioni di matching favorite da BacktoWork24, l’innovativo sistema costituito dall’imprenditore milanese Carlo Bassi che, attraverso la raccolta di candidature riservate di manager, aziende e investitori, permette di far incontrare piccole e micro aziende, che necessitano risorse finanziarie e competenze manageriali, con dirigenti e quadri che vogliono rilanciarsi nel mondo del lavoro investendo risorse personali e professionalità. Oltre a manager e aziende, tra gli iscritti al network – entrato dal 2013 nell’orbita del Gruppo Sole 24 ORE – figurano anche imprenditori e operatori finanziari interessati a investire in società selezionate e con un grande patrimonio di know how. «In sei mesi di attività il nostro portale web ha raccolto l’iscrizione di 1.400 aziende e di oltre 1.700 manager/investitori con 280 milioni di euro di risorse private potenzialmente disponibili», spiega Bassi, secondo il quale BacktoWork24 risponde efficacemente a tre obiettivi: sostenere lo sviluppo delle piccole imprese che vengono ignorate dal sistema creditizio e soffrono di un deficit di managerialità; rendere produttivo il risparmio privato delle famiglie italiane, immobilizzato in patrimoni immobiliari e risparmi gestiti dalle banche; aiutare le decine di migliaia di lavoratori maturi ed esperti espulsi dal mercato del lavoro. Il meccanismo è semplice: entrando nel portale di BacktoWork24 ogni potenziale candidato (azienda, imprenditore, manager o investitore) può compilare una breve scheda di presentazione della propria attività e delle proprie richieste, dopo aver letto il regolamento e autorizzato il trattamento dei dati. Una volta verificata la giusta corrispondenza tra le richieste delle aziende e quelle di possibili manager/investitori, lo staff di BacktoWork24 selezionerà individualmente le une e gli altri per un primo colloquio di approfondimento e l’eventuale sottoscrizione del mandato di incarico. Ai piccoli imprenditori il sistema BacktoWork24, oltre alla selezione di competenze professionali necessarie e di disponibilità d’investimento, garantisce anche servizi complementari, che vanno dalla finanza agevolata all’advisory creditizio, dalle analisi di mercato ai piani di internazionalizzazione, fino alla ricerca di investitori istituzionali o alla gestione delle pratiche di accesso al fondo di garanzia pubblico per le pmi.

 

Per informazioni: info@backtowork.it, tel. 02.30224083-82esto indirizzo email è protetto dagli spambots. E’ necessario abilitare JavaScript per vederlo.


 

Per la specialista dei trattamenti termici la gestione del personale diventa “smart”

NERVIANO – In un’impresa di medie grandi dimensioni a forte “trazione” familiare, la gestione del personale rappresenta un aspetto assai rilevante nella governance complessiva dei processi aziendali: così, dopo trent’anni di crescita imprenditoriale accompagnata da un conseguente allargamento dell’organico, il Gruppo TTN ha deciso di affidarsi a Inaz – la società italiana specializzata in software e soluzioni per amministrare, gestire e organizzare il lavoro – per rendere più efficiente ed efficace l’area della risorse umane e, in particolare, le funzioni delle paghe e delle presenze. In che modo? «La nostra realtà ha nel tempo costruito una filiera di attività industriali legate ai trattamenti termici, ai rivestimenti, alle lavorazioni (forgiatura, tornitura, levigatura e foratura) e alla vendita degli acciai», racconta Ernesto Pirovano, fondatore dell’azienda nervianese nel 1978 e ancora oggi alla guida insieme ai figli Marco ed Elisabetta. Attualmente il Gruppo TTN è costituito da sette società che occupano circa 350 addetti, dislocati in diversi impianti nel nord Italia, e che alla fine del 2013 hanno registrato un fatturato aggregato di circa 40 milioni di euro. Proprio l’integrazione tra le diverse attività, ad esempio il reparto di nitrurazione ionica della TTN con i rivestimenti superficiali della CRT, ha reso possibile la messa a punto e l’affinazione di cicli di trattamento termico su acciai da utensili, mirati ad ottenere le migliori caratteristiche metallurgiche e mirati al successivo trattamento superficiale. «Per diversi anni – spiega Gianni Giannetta, responsabile area risorse umane – la gestione delle buste paga è stata affidata a un fornitore storico, ma all’inizio degli anni Duemila siamo entrati in contatto con Inaz, di cui avevamo cominciato a conoscere gli strumenti e le attività formative sul fronte dell’analisi dei costi del personale. Abbiamo così deciso di adottare il programma Presenze.net per rilevare e gestire le presenze/assenze dei nostri dipendenti, e successivamente, dal 2011, abbiamo implementato anche Paghe.net, il software dedicato per l’amministrazione del personale e l’elaborazione di paghe & contributi. E’ stata una rivoluzione, l’attuazione di un miglioramento generale favorito da un’innovazione che ha reso più agevole, precisa e puntuale la gestione delle risorse umane». Tra gli aspetti di maggior impatto determinati dall’adozione del “cruscotto” Inaz, Giannetta ne individua almeno tre: «Innanzi tutto, la rapidità e sicurezza dei flussi informativi: grazie al sistema di rilevazione delle presenze, possiamo conoscere in tempo reale le condizioni di presenza operativa dei nostri stabilimenti e monitorare le oscillazioni dei costi dei produzione. In secondo luogo, il programma Paghe.net garantisce una tale chiarezza e leggibilità della busta paga da aver drasticamente ridotto qualunque criticità legata a richieste di chiarimenti o altre problematiche nei rapporti con il personale. Infine, abbiamo ottenuto una notevole semplificazione del nostro sistema amministrativo, perché gli strumenti Inaz generano procedure semplici e snelle e forniscono in modo costante analisi e reportistiche ad hoc». Tale è stato il beneficio complessivo riscontrato dal Gruppo TTN nel rapporto con Inaz, che è già in piattaforma di lancio lo step successivo: l’ingresso nel mondo di Inaz Analytics, la soluzione di Business Intelligence per la navigazione dinamica dei dati amministrativi e l’analisi dei principali indicatori dell’area Payroll ed Hr.

Oltre 2.500 ore di formazione per realizzare gli impianti enologici del futuro

GREZZANA – «Ho benedetto la crisi, perché mi ha costretto a rivoltare l’azienda e decidere che la vera ricchezza non sta nel prodotto o nella tecnologia, ma nelle persone che ci lavorano ogni giorno»: Stefano Albrigi, 56 anni di cui 22 vissuti da imprenditore alla guida della veronese Albrigi, una delle più innovative aziende italiane nel campo della realizzazione di impianti per l’industria alimentare (soprattutto quella vinicola, ma anche la chimica, la farmaceutica e la cosmetica, n.d.r.), ha impresso una svolta importante al suo business quando ha compreso che per restare sul mercato doveva guardare più avanti dei competitor, dotando la sua impresa di un know how e di una capacità di servizio a 360° rispetto alle complesse problematiche dei diversi settori food e non food. «Da dieci anni sto allenando la mia squadra, 47 addetti interni e altrettanti in giro per il mondo a vendere i nostri impianti, per affrontare il futuro e l’evoluzione del mercato, partendo da un lavoro sistematico sull’aggiornamento professionale, che nel 2013 ha comportato oltre 2.500 ore di formazione in azienda su diversi aspetti (sicurezza, lingue estere, saldatura, marketing, disegno tecnico, informatica…). Cerchiamo di fornire un servizio completo ai nostri clienti, acquisendo una profonda conoscenza tecnica e normativa per ciascun settore che trattiamo. Quando entriamo in un’azienda per progettare e realizzare una nuova cantina o un impianto per detersivi, dobbiamo prima essere in grado di spiegare al nostro cliente dove reperire i finanziamenti agevolati per sostenere l’investimento oppure quali aspetti di sostenibilità e compatibile ambientale devono essere tenuti in considerazione». Il “prodotto”, poi, è quasi una logica conseguenza: Albrigi progetta e produce impianti a basso impatto ambientale, riducendo al minimo l’uso di prodotti inquinanti come detersivi e liquidi refrigeranti. Costruisce più di 40 differenti modelli di serbatoi in acciaio inox: fermentatori, miscelatori, autocalvi, reattori, criomaceratori, macerazione carbonica, délestage, stabilizzazione tartarica eccetera. «Contenitori che durano cinquant’anni e qualcuno poi riesce pure a rivenderli come usato». E’ per questa ragione che ogni giorno Albrigi gestisce progetti e installazioni in più di trenta Paesi in tutti i continenti, con l’export a generare oltre il 70% dei 7 milioni di euro di fatturato, aiutando piccoli produttori a crescere o garantendo la miglior qualità ai grandi marchi dell’agroalimentare (Sanson, Zuegg, Aia eccetera). «Uno degli interventi più interessanti è il centro enologico sperimentale della cantina Masi Agricola, in Valpolicella, unico al mondo. Una ditta che esporta in Canada e nord America più della metà del  vino prodotto e ha investito cifre consistenti per dotarsi delle tecnologie più avanzate. Per noi è stato un trampolino di lancio perché abbiamo completato e messo a punto le nostre esperienze. Che oggi sono adottate anche dai produttori di eccellenza della Napa Valley in California».

Studenti di quattro regioni a “scuola d’azienda” per conoscere l’aerospaziale

TORINO – Alenia Aermacchi  lancia il nuovo progetto “A Scuola d’Azienda”, un’iniziativa che vedrà coinvolti alcuni studenti di istituti tecnici superiori delle Regioni dove Alenia Aermacchi è presente con i propri insediamenti produttivi: Campania, Lombardia, Piemonte e Puglia. A fine 2013 scorso sono state sottoscritte le convenzioni con gli istituti tecnici che consentiranno, al termine dell’anno scolastico, agli studenti del III e IV anno di avere l’opportunità di trascorre sei settimane in uno degli stabilimenti di Alenia Aermacchi della loro Regione. Lo scopo è svolgere un tirocinio formativo che si inserisce quale progetto specifico nel quadro più ampio di applicazione di quanto previsto dal Decreto Legge n. 104 del 12 settembre 2013. Per i vertici di Alenia Aermacchi «l’alternanza scuola-lavoro contribuisce all’integrazione tra i sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro, facendo leva su di una sempre più stretta collaborazione tra i diversi ambiti. Questa iniziativa è un primo, efficace esempio di attività rivolta a trasformare un determinato territorio, nel caso specifico una Regione, in un vero e proprio Learning District, in cui le persone che fanno parte dei più diversi soggetti coinvolti possano, attraverso interventi strutturati e non più episodici, sviluppare le proprie competenze professionali e le performance produttive in modo integrato. In particolare, i giovani studenti avranno la possibilità di affiancare al percorso formativo scolastico un’esperienza di apprendimento dei cosiddetti “strumenti del mestiere” all’interno del concreto ambiente lavorativo aziendale. Per loro il progetto rappresenta un’opportunità di crescita e di primo contatto con il mondo del lavoro, mentre per l’azienda si tratta di investire in modo concreto sulle future generazioni e sul capitale umano. Nel caso di Alenia Aermacchi, poi, ciò assume un valore ancor più rilevante, dal momento che la nostra è un’azienda i cui dipendenti sono caratterizzati da un elevato livello medio di scolarizzazione». Ogni sito produttivo dell’azienda del gruppo Finmeccanica ospiterà quindici studenti selezionati direttamente dai rispettivi istituti in base a criteri di merito e dimostrata attitudine a lavorare in aree di produzione, oltre che alla luce dei risultati scolastici ottenuti nell’ultimo anno scolastico. In azienda gli studenti saranno affiancati da tutor, che li assisteranno in tutte le fasi di sviluppo del progetto per garantire il raggiungimento dei risultati di apprendimento programmati; inoltre, ogni studente percepirà un compenso netto di 300 euro a titolo di rimborso per le spese sostenute.

Dall’economia di comunione una risposta “illuminata” alla crisi

LAINATE – Anche in tempo di crisi, ci sono imprese che continuano a credere negli uomini invece che nei numeri. E’ il caso della Ecie, una realtà aziendale piccola nelle dimensioni (una cinquantina di addetti) ma grande nella visione e nella mission, direttamente ispirate ai principi dell’economia di comunione messi in pratica dal Movimento dei Focolari di Chiara Lubich. «Anche quando la situazione si è fatta più critica, intorno al 2008, non abbiamo mai pensato di licenziare: la nostra forza sono la capacità progettuale e tecnica di fare un ottimo prodotto, riconosciuto dal mercato mondiale, e quella di condurre la nostra impresa familiare proprio come se fosse una famiglia, unita nel bene e nel male»: così Erika Delfi, figlia del fondatore Luigi che nel 1991 diede vita alla produzione di fanalerie e strumentazioni per le moto, inquadra la situazione delle Ecie, diventata nel tempo fornitrice dei più importanti marchi mondiale del motociclismo (Ducati, Yamaha, Piaggio, Triumph, Bmw e tantissimi altri). Un business che oggi vale circa 10 milioni di euro e fronteggia l’agguerrita concorrenza asiatica ed europea puntando sempre alla miglior soluzione tecnologica, grazie a un ufficio tecnico di grande qualità che sforna idee e innovazioni per le diverse famiglie di prodotti (fanali, proiettori, indicatori di direzione, interruttori, strumenti e plance, contachilometri eccetera) richiesti dalle case motociclistiche e, da qualche anno, anche dai produttori di macchine agricole e di illuminotecnica. Ma in che modo una giovane figlia di imprenditore è riuscita nella non facile impresa di “entrare” nell’impresa di famiglia? «Dopo qualche anno di esperienza nelle diverse aree aziendali, dalla gestione del personale fino ai rapporti con fornitori e clienti, ho deciso di iscrivermi al Master Pmi e Competitività di Altis, l’Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica». Un percorso formativo congeniale per piccoli e giovani imprenditori, «per acquisire, oltre che più approfondite competenze in materie economico-finanziarie e gestionali, anche una coscienza e una visione più ampie del ruolo di imprenditore». Il Master ha consentito a Erika di sviluppare come tesi finale un project work in collaborazione con un suo cliente, per ottimizzare aspetti legati alla catena logistica: «Abbiamo subito implementato in azienda il know how teorico e pragmatico acquisito durante il corso, migliorando notevolmente la gestione della produzione e della distribuzione». Ora per Ecie lo scenario si fa ancor più interessante: l’azienda sta infatti procedendo sulla strada dell’aggregazione con un’altra primaria società del settore, per dare vita al più importante polo italiano della fanaleria per moto e automotive. L’unione, o meglio, l’economia di comunione fa la forza…

La missione di Lorenzo: come tornare a fare impresa dopo un fallimento

COMO – C’era una volta un’impresa industriale comasca chiamata Orsogrill (oggi acquisita dal gruppo Feralpi), specializzata in elementi grigliati pressati ed elettrosaldati per l’edilizia, che forte di una storia giunta alla quarta generazione imprenditoriale operava con successo e qualità riconosciuta dal mercato. «Due impianti in Italia, 180 occupati, sedi estere in Francia e Brasile, un fatturato stabile intorno ai 55 milioni di euro: questa era la mia azienda, il mio orgoglio, la soddisfazione e anche l’unica fonte di reddito della mia famiglia. Poi, quasi senza rendercene conto, nonostante una continua disponibilità e capacità di investire in sviluppo e tecnologia, siamo precipitati in una voragine senza fondo. Eravamo alla fine degli anni Duemila e cominciava la peggiore crisi economica mai vista dal dopoguerra. Ciò ha segnato la chiusura della nostra attività, mediante un concordato fallimentare, ma anche l’inizio della rinascita»: per Lorenzo Orsenigo, 72 anni, presidente di Orsogrill fino al 2011 e oggi fondatore e animatore dell’Associazione San Giuseppe Imprenditore, la conclusione drammatica dell’esperienza imprenditoriale ha in realtà comportato la presa di coscienza del valore autentico del fare impresa. E la volontà di mettersi a disposizione di tutti quegli imprenditori che la crisi ha portato sull’orlo di un baratro umano, morale e professionale.

Progetto Campus: al via il premio che promuove il talento dei laureati

MILANO –  Premiare il merito e il talento, accrescere la conoscenza in settori importanti per l’Italia, avvicinare i giovani al mondo del lavoro e delle aziende: questi alcuni degli obiettivi del secondo Premio Sanpellegrino Campus, un riconoscimento istituito dall’azienda nel 2011  che ha coinvolto oltre quaranta ragazzi che hanno partecipato al bando e dato voce a oltre 20mila giovani tra laureati e studenti. Dopo il successo della prima edizione, l’azienda  ha deciso di allargare il Progetto Campus, affiancando al Premio Sanpellegrino una serie di attività di Open Campus per dare ai giovani gli strumenti adatti per orientarsi nel mondo delle aziende, accrescere le loro competenze e capire come collocarsi nel mondo del lavoro. Il progetto Sanpellegrino Campus è un grande cantiere che nasce con l’obiettivo di unire il mondo dell’università e della ricerca con quello delle aziende e del lavoro. E in un simile laboratorio, Sanpellegrino offre ai giovani l’opportunità di fare un’esperienza pratica sul campo e apre le porte dei suoi stabilimenti per insegnare quali sono le professionalità, le competenze e le qualifiche richieste per lavorare in una grande azienda che opera in un settore molto complesso e competitivo come quello delle acque minerali. Il Premio, realizzato in collaborazione con Tesionline, è rivolto a neolaureati e laureandi che si siano interessati di “Acqua e Benessere”, “Sostenibilità Ambientale ed Economica” e “Made in Italy”. Le categorie scelte quest’anno rappresentano tre aree importanti  per l’economia e il benessere del nostro Paese. I lavori saranno giudicati da una giuria di esperti, tra cui docenti universitari,  giornalisti  e membri del Gruppo Sanpellegrino.

Con La Minifabbrica per imparare? la formazione alla sicurezza migliora l’impresa

MILANO – Un’università, un sindacato e alcune società specializzate: è il pool dei partner che ha dato vita a Sicurezza Sostenibile, un progetto sperimentale per l’impiego di nuovi approcci e metodologie per la formazione alla sicurezza dei lavoratori delle imprese con meno di 15 addetti. La sperimentazione, finanziata da Fondo Professioni, si concluderà il prossimo 3 ottobre e ha visto protagonista attiva La Minifabbrica per imparare®, il laboratorio di apprendimento che riproduce una reale fabbrica in miniatura, con macchinari e aree dedicate, fiore all’occhiello della metodologia formativa di GMV Consulting: «La formazione, compresa quella sulla sicurezza, deve passare da un modello tradizionale di apprendimento in aula a modalità maggiormente innovative, basate sull’integrazione del sapere. Solo così si potrà favorire una reale cultura del “saper fare”, determinante per la crescita dei lavoratori e per le aziende e gli studi professionali», spiega Gianfranco Zatta, contitolare della società fondata con Maurizio Lambri nel 2000, e già presente con interventi formativi di miglioramento aziendale in diverse imprese (tra cui Geox, Barilla, Ideal Standard…). Il progetto Sicurezza Sostenibile, sviluppato da GMV Consulting insieme a Università degli Studi di Brescia, Ial Cisl Lombardia, Qbx e Safety Partner, ha coinvolto i lavoratori degli studi professionali e delle aziende collegate, con un percorso formativo fondato su una prima fase di apprendimento mediante e-learning, una fase successiva di applicazione dal vivo dei concetti acquisiti, grazie a La Minifabbrica per imparare® allestita presso le aziende partecipanti, e un ultimo step che ha coinvolto i lavoratori nella realizzazione di un progetto sulla sicurezza da implementare nella propria azienda. «Spesso il tempo dedicato alla formazione risente della mentalità dell’imprenditore, delle dimensioni dell’impresa e dei carichi di lavoro a cui sono sottoposti i lavoratori, rendendo diffusa la convinzione che la sicurezza sia una “palla al piede” e non abbia un impatto sull’efficienza dei processi. Sicurezza Sostenibile è il primo esempio di un modello formativo culturale ed esperienziale che coniuga l’adeguamento sulla sicurezza al miglioramento dei processi aziendali», conclude Zatta.

Passaggio generazionale riuscito per gli specialisti degli analizzatori di liquidi

CARNATE – Un impegno costante nello sviluppo in un’ottica di internazionalizzazione. È questa la mission principale di B&C Electronics, azienda produttrice di analizzatori di liquidi e gas, prodotti tecnologici che dalla Brianza sono sbarcati sui mercati mondiali, generando un fatturato oggi assestato intorno ai 3,5/4 milioni di euro (con 25 occupati). Una presenza capillare di distributori in tutti i Paesi sviluppati e in via di sviluppo, che svolgono l’importante lavoro di divulgazione delle caratteristiche e della qualità dei prodotti che nascono nel laboratorio di Carnate. «Cerchiamo di estendere il più possibile la nostra presenza nelle aree geografiche in cui operiamo e in quelle nuove che richiedono i nostri prodotti. Viaggiando abbiamo la possibilità di conoscere da vicino e mantenere un contatto vivo con i nostri distributori, oltre a verificare il loro modo di lavorare – spiega il presidente Antonio Carzaniga, fondatore dell’azienda insieme al socio Aldo Bianchini – perché vogliamo consegnare ai nostri figli una società che continui a operare con i principi etici che ci hanno sempre contraddistinto». L’azienda produce strumentazione elettronica legata all’analisi dei liquidi, alla misurazione del pH, del cloro, della qualità delle acque su parametri che poi servono per effettuare delle regolazioni automatiche, per depurare o potabilizzare. Ultimamente, grazie alla realizzazione di strumenti che utilizzano i metodi ottici di misura, è stato possibile approcciare anche i nuovi mercati interni ed esteri tradizionalmente occupati dai concorrenti multinazionali. «Vendendo strumentazione evoluta a prezzi competitivi in aree dominate dal dollaro, bisogna sempre avere un occhio di attenzione al cambio. La crisi sta facendo la sua parte nel rallentare alcuni progetti aperti all’estero e la concorrenza – soprattutto cinese – spesso copia i nostri prodotti», sottolinea Carzaniga. La politica di innovazione tecnologica permette alla  B&C  Electronics di essere un’azienda di riferimento per il proprio mercato, ma lo sviluppo sull’internazionalizzazione ha richiesto l’avvio di un processo di transizione  generazionale. Oggi, a fianco dei due soci fondatori, ci sono i loro figli, che nel giro di un paio d’anni saranno al timone di B&C a tutti gli effetti. «Abbiamo avviato un percorso di delega delle responsabilità dai due soci fondatori, attraverso un piano quadriennale di crescita che identifica responsabili di processo e di area. Il processo si è esaurito lo scorso anno e ora siamo impegnati ad affrontare il passaggio generazionale anche ad alti livelli, con un percorso biennale che dovrebbe concludersi alla fine del prossimo anno. «A questo proposito abbiamo utilizzato anche la “dote imprenditore” della Regione Lombardia effettuando corsi interni sia sulla parte organizzativa e manageriale sia sulla parte societaria», conclude Carzaniga.

Un passaggio generazionale riuscito per gli specialisti degli analizzatori

CARNATE – Un impegno costante nello sviluppo in un’ottica di internazionalizzazione. È questa la mission principale di B&C Electronics, azienda produttrice di analizzatori di liquidi e gas, prodotti tecnologici che dalla Brianza sono sbarcati sui mercati mondiali, generando un fatturato oggi assestato intorno ai 3,5 milioni di euro (con 25 occupati). Una presenza capillare di agenti sparsi in tutto il globo (Norvegia, Spagna, Inghilterra, Germania, India, Hong Kong, Cina, Thailandia, Malesia, Israele…) che svolgono l’importante lavoro di divulgazione delle caratteristiche dei prodotti che vedono la vita nel laboratorio di Carnate. «Cerchiamo di estendere il più possibile le aree in cui siamo presenti. Viaggiando abbiamo la possibilità di conoscere da vicino e mantenere un contatto vivo con i nostri distributori, oltre a verificare il loro modo di lavorare – spiega il presidente Antonio Carzaniga, fondatore dell’azienda insieme al socio Aldo Bianchini – perché vogliamo consegnare ai nostri figli una società che continui a operare con i principi etici che ci hanno sempre contraddistinto». L’azienda produce strumentazione elettronica legata all’analisi dei liquidi, alla misurazione del ph, del cloro, della qualità delle acque su parametri che poi servono per effettuare delle regolazioni automatiche, per depurare o potabilizzare. Ultimamente, grazie alla realizzazione di strumenti che utilizzano i metodi ottici di misura, è stato possibile approcciare anche il settore della pescicoltura. «Vendendo strumentazione evoluta a prezzi competitivi in aree dominate dal dollaro, bisogna sempre avere un occhio di attenzione al cambio. La crisi sta facendo la sua parte nel rallentare alcuni progetti aperti all’estero e la concorrenza – soprattutto cinese – spesso copia i nostri prodotti», sottolinea Carzaniga. La politica di innovazione tecnologica permette a B&C di essere un’azienda di riferimento per il proprio mercato, ma lo sviluppo sull’internazionalizzazione ha richiesto l’avvio di un processo di transizione  generazionale. Oggi, a fianco dei due soci fondatori, ci sono i loro figli, che nel giro di un paio d’anni saranno al timone di B&C a tutti gli effetti. «Abbiamo avviato un percorso di delega delle responsabilità dai due soci fondatori, attraverso un piano quadriennale di crescita che identifica responsabili di area sulla base di un organigramma circolare a cerchi concentrici. Il processo si è esaurito lo scorso anno e ora ci siamo lanciati sul passaggio generazionale anche ad alti livelli, con un percorso biennale che dovrebbe vederci fuori nella parte operativa alla fine del prossimo anno. Abbiamo utilizzato anche la dote imprenditore della Regione Lombardia e abbiamo fatto dei corsi interni sia sulla parte governativa (organizzativa e societaria) sia sulla parte societaria», conclude Carzaniga.

Un passaggio generazionale riuscito per gli specialisti degli analizzatori

CARNATE – Un impegno costante nello sviluppo in un’ottica di internazionalizzazione. È questa la mission principale di B&C Electronics, azienda produttrice di analizzatori di liquidi e gas, prodotti tecnologici che dalla Brianza sono sbarcati sui mercati mondiali, generando un fatturato oggi assestato intorno ai 3,5 milioni di euro (con 25 occupati). Una presenza capillare di agenti sparsi in tutto il globo (Norvegia, Spagna, Inghilterra, Germania, India, Hong Kong, Cina, Thailandia, Malesia, Israele…) che svolgono l’importante lavoro di divulgazione delle caratteristiche dei prodotti che vedono la vita nel laboratorio di Carnate. «Cerchiamo di estendere il più possibile le aree in cui siamo presenti. Viaggiando abbiamo la possibilità di conoscere da vicino e mantenere un contatto vivo con i nostri distributori, oltre a verificare il loro modo di lavorare – spiega il presidente Antonio Carzaniga, fondatore dell’azienda insieme al socio Aldo Bianchini – perché vogliamo consegnare ai nostri figli una società che continui a operare con i principi etici che ci hanno sempre contraddistinto». L’azienda produce strumentazione elettronica legata all’analisi dei liquidi, alla misurazione del ph, del cloro, della qualità delle acque su parametri che poi servono per effettuare delle regolazioni automatiche, per depurare o potabilizzare. Ultimamente, grazie alla realizzazione di strumenti che utilizzano i metodi ottici di misura, è stato possibile approcciare anche il settore della pescicoltura. «Vendendo strumentazione evoluta a prezzi competitivi in aree dominate dal dollaro, bisogna sempre avere un occhio di attenzione al cambio. La crisi sta facendo la sua parte nel rallentare alcuni progetti aperti all’estero e la concorrenza – soprattutto cinese – spesso copia i nostri prodotti», sottolinea Carzaniga. La politica di innovazione tecnologica permette a B&C di essere un’azienda di riferimento per il proprio mercato, ma lo sviluppo sull’internazionalizzazione ha richiesto l’avvio di un processo di transizione  generazionale. Oggi, a fianco dei due soci fondatori, ci sono i loro figli, che nel giro di un paio d’anni saranno al timone di B&C a tutti gli effetti. «Abbiamo avviato un percorso di delega delle responsabilità dai due soci fondatori, attraverso un piano quadriennale di crescita che identifica responsabili di area sulla base di un organigramma circolare a cerchi concentrici. Il processo si è esaurito lo scorso anno e ora ci siamo lanciati sul passaggio generazionale anche ad alti livelli, con un percorso biennale che dovrebbe vederci fuori nella parte operativa alla fine del prossimo anno. Abbiamo utilizzato anche la dote imprenditore della Regione Lombardia e abbiamo fatto dei corsi interni sia sulla parte governativa (organizzativa e societaria) sia sulla parte societaria», conclude Carzaniga.

Gli imprenditori del nord est investiranno in tecnologie per lo smart working

UDINE – Nel nord est cresce la voglia di smart working, cioè quel modello di lavoro che prevede un’organizzazione più flessibile di tempi, spazi e modi di comunicare in azienda grazie ai nuovi strumenti Ict che integrano chat, telefonia e video sui dispositivi fissi e mobili. Lo conferma Beantech, azienda udinese punto di riferimento per l’information technology del Triveneto, che ha coinvolto in un seminario una cinquantina di aziende del territorio. «Abbiamo distribuito un questionario dopo l’evento – racconta Fabiano Benedetti, titolare di Beantech – e abbiamo rilevato che quasi metà delle aziende interpellate hanno in programma di investire in un progetto di comunicazione unificata nei prossimi 12 mesi. Ciò significa che le aziende del nord est non rinunciano a investire in innovazione nemmeno in un panorama di generali difficoltà economiche, anzi hanno capito che ripensare l’organizzazione del lavoro e aggiornare gli strumenti It è una delle chiavi per essere competitivi». La comunicazione unificata permette di riunire virtualmente le persone che si trovano a chilometri e chilometri di distanza per farle parlare assieme, interagire e condividere contenuti, anche quando non si trovano davanti a un pc ma hanno a disposizione un tablet o uno smartphone. «Si tratta – continua Benedetti – di integrare sistemi come chat, telefonia, email e videoconferenza in un’unica soluzione adatta alle esigenze dei dipendenti delle aziende di oggi: persone che si muovono, lavorano fuori ufficio, hanno orari flessibili, devono condividere grandi quantità di informazioni e contenuti con colleghi, partner, clienti e fornitori». La comunicazione unificata risulta così una scelta che permette di ottimizzare i processi aziendali e di risparmiare. All’evento è stata presentata in esclusiva per il Triveneto Dell UCReady, l’appliance di Dell e Microsoft per la Unified Communication che si integra con la rete aziendale, rendendo l’installazione di Lync 2013 molto più semplice e intuitiva. Si è parlato inoltre di Dell PowerEdge VRTX, la prima soluzione sul mercato a riunire server, storage e connettività di rete in un unico chassis.

Arriva la start up che aiuta l’impresa a “produrre” il benessere aziendale

MILANO – Riconoscere, formare e valorizzare il capitale umano: questo in sintesi quanto è emerso dal workshop organizzato a Milano da Imprese di Talento (www.impreseditalento.com) che ha visto coinvolti importanti rappresentanti del mondo delle imprese e delle università. La formazione e l’engagement assumono una valenza strategica, soprattutto per le piccole e medie imprese, dove l’imprenditore è spesso l’unico decisore della sua azienda, deve aver una vision manageriale, aprirsi alle innovazioni e allo sviluppo ma deve anche saper riconoscere i valori e le capacità dei suoi dipendenti, premiarli e supportarli nel loro percorso di crescita e di evoluzione professionale. Fiducia, dialogo e senso di appartenenza sono stati più volte citati come colonne portanti nel rapporto tra organizzazione e persone: chiunque inserito in un contesto lavorativo necessita di stimoli e di gratificazioni che passano certamente attraverso politiche di benefit e di incentivi, il cosiddetto welfare aziendale, ma necessariamente devono riguardare anche iniziative di carattere formativo e di valorizzazione delle competenze, elemento questo molto importante in termini di una polivalenza professionale che introduce il concetto di job rotation. In tutto questo la comunicazione che ruolo ricopre? «A mio avviso – spiega Daniele Salvaggio, owner di Imprese di Talento e organizzatore del workshop – la comunicazione interna è da considerarsi strategica e determinante, anche se non sempre è così, nelle politiche di sviluppo aziendale e di corporate brand identity. Le people survey, gli assessment, i team building e i percorsi di engagement & sviluppo più in generale, sono strumenti in grado di riconoscere le evoluzioni professionali dei propri dipendenti e costruire insieme a loro un’organizzazione sempre più in linea con quanto è necessario, anche per il perdurare di una congiuntura negativa, fare in termini di sostenibilità: le proprie persone al centro».?

La «minifabbrica» porta in fiera il reality game della formazione

MILANO – Sono già più di un centinaio le esperienze di “Minifabbrica per imparare?“ avviate in tutta Italia, presso imprese di grandi dimensioni come Barilla, Geox e Ideal Standard, ma anche piccole imprese, associazioni datoriali e centri di formazione confindustriali come il Cubo Rosso di Padova. E ora sarà possibile osservare dal vivo il funzionamento della più innovativa metodologia di formazione, quella messa a punto da GMV Consulting, che porta la Minifabbrica in esposizione dinamica a Frame (18-20 aprile a Erba), il nuovo salone del lavoro e dell’impresa di cui la società fondata nel 2000 da Maurizio Lambri e Gianfranco Zatta è partner progettuale: «La Minifabbrica per imparare? è un reality game intelligente, un laboratorio di apprendimento in grado di riprodurre fedelmente le attività di un’azienda attiva nel suo mercato di riferimento», spiega Zatta. Ma come funziona la Minifabbrica? «Installiamo presso la sede del cliente una reale fabbrica in miniatura, con macchinari e aree dedicate, dove i partecipanti imparano giocando e interpretando i diversi ruoli organizzativi. In poche ore o giornate di applicazione, si può simulare ciò che accade in un’azienda in qualche mese, favorendo così azioni di team building, di innovazione gestionale e miglioramento organizzativo globale». Il successo della formula è tale che molte aziende si stanno rivolgendo a GMV Consulting per riorganizzare sistemi di produzione particolarmente segnati dalla crisi e dalle strategie globali delle multinazionali. «Noi interveniamo su organici abituati alle dinamiche lavorative tradizionali e li “riconvertiamo” al modello gestionale Lean , con una speciale attenzione a costi, tempi ed efficienza. Per noi formazione vuol dire coinvolgere i lavoratori, scendere in campo, entrare nei processi, perché chi sa migliorare una funzione o un processo è colui che ci lavora tutti i giorni, magari da quindici o vent’anni».

Cercansi installatori e sviluppatori per le infinite versioni del datalogger myGeco

CREMA – Se è vero che i pannelli per gli impianti fotovoltaici sono quasi tutti “made in China”, è altrettanto vero che nell’ambito delle tecnologie di gestione dell’energia solare opera una crescente ed eccellente platea di piccoli produttori italiani, specializzati in componenti e sistemi avanzati per il buon funzionamento di questi impianti. E’ il caso della cremasca Maxwell Industries, giovane micro-impresa nata nel 2010 come spin off del Consorzio Crema Ricerche per iniziativa di tre ingegneri e una specialista in marketing e comunicazione, che hanno trovato un socio investitore importante nel gruppo trentino BM (120 addetti, 70 milioni di euro di fatturato). Maxwell Industries si è specializzata nei sistemi di monitoraggio dell’efficienza energetica e il suo prodotto di punta, il datalogger myGeco, è già operativo in 250 impianti per la produzione di energia alternativa. L’installazione più recente è stata appena completata nel casertano, per la gestione di 2,5 megawatt che si aggiungono ai 5,5 megawatt già monitorati. La grande novità è il piano di sviluppo avviato da Maxwell Industries per la diffusione del sistema myGeco, come spiega il general manager Massimiliano Bellino: «Stiamo avviando una campagna per coinvolgere “installatori certificati”, con l’obiettivo di trovare a livello locale, regionale e infine nazionale collaboratori giovani e meno giovani che sappiano utilizzare e conseguentemente installare il nostro sistema, rendendo il servizio più rapido ed efficace. Attraverso giornate formative, in programma a maggio e giugno, vogliamo creare sul territorio dei GET (Geco Excellent Team), in cui operino in squadra elettricisti qualificati, in grado di cablare e fare l’installazione del prodotto, e sviluppatori capaci di realizzare applicazioni specifiche e innovative». Insomma, la green economy apre le porte anche a professionalità nuove e Maxwell Industries apre a sua volta la “campagna acquisti” per rinforzare la sua squadra: «Le applicazioni di myGeco sono davvero infinite, perché il sistema può essere personalizzato seguendo le esigenze del cliente; può monitorare impianti fotovoltaici, eolici, idroelettrici, a biomasse e cogenerazione; può fungere da centrale operativa anche in remoto, gestendo allarmi e integrando sistemi antifurto; è espandibile e integrabile con sensori wireless».

In alta Lombardia è nato il network per aziende a “rischio zero”

LECCO – Un polo che aggrega  14 imprese (con 350 addetti in totale) attive nell’area compresa nelle provincie di Lecco, Como, Sondrio e Monza Brianza, specializzate e integrate sul fronte della sicurezza nei luoghi e negli ambienti di lavoro: è il Distretto Sicurezza Alta Lombardia, nato a metà del 2012, avviato verso la costituzione di un contratto di rete e già operativo con diverse iniziative sul territorio. «Abbiamo sviluppato vari progetti – racconta Simona Frigerio, portavoce del network – tra cui quello denominato “Rischio Zero”, che propone alle aziende il tema della sicurezza sul lavoro come una questione di competitività, e non solo un aspetto di adeguamento normativo o di comportamento etico». Di cosa si tratta? «Il progetto si sviluppa attraverso un format altamente coinvolgente e interattivo, mediante testimonianze e strumenti di approfondimento. La sicurezza aggiunge valore al business e genera vantaggi di natura competitiva attraverso la riduzione dei rischi, il miglioramento della qualità, della produttività e dell’efficienza, l’accrescimento del coinvolgimento e della motivazione dei lavoratori, il tutto con ricadute che riguardano non soltanto i contesti locali ma anche in prospettiva nazionale». Un altro progetto di rilievo è il Safety Day: «Organizziamo gratuitamente una giornata di lavoro presso un’azienda, dove si sospendono le attività lavorative e si parte da un check up sulla parte documentale o sullo stato delle macchine; si eroga un modulo formativo generale sulla sicurezza ai lavoratori e si conclude lasciando all’imprenditore un report di tutte le azioni che potrebbero essere adottate». Interessante è la modalità di interazione tra le 14 imprese – con dimensioni variabili, da 10 a 100 addetti – che hanno dato vita al Distretto: «La missione della sicurezza si esplica attraverso vari interventi: consulenziali, progettuali, produttivi, installativi eccetera, anche perché alcune aziende producono e vendono dispositivi di protezione individuale, altre realizzano sistemi anticaduta o per la messa in sicurezza delle macchine utensili, alcune fanno formazione e  altre ancora si occupano di consulenza legale e assicurativa. Ma del network fa parte anche un centro medico, dotato di un macchinario si cui esistono solo tre esemplari in tutta Europa, che analizza la postura della schiena e fornisce supporto per l’ergonomia sul lavoro e la tutela della salute dei lavoratori».

Anello dopo anello, il successo di chi investe su uomini e idee

LECCO – «La vera notizia è che oggi, nel pieno della crisi, noi lavoriamo 11 ore al giorno e siamo pronti ad aumentare del 20% la nostra produzione senza aumenti di costo, gestendo una miglior saturazione delle macchine»: sembrano discorsi da un altro pianeta, invece siamo dalle parti di Lecco, dove si produce il 90% delle catene realizzate in Italia e dove opera da quarant’anni la 3C Catene, fondata da un meccanico contoterzista che ha avuto il merito di inventare una nuova tecnologia di produzione. «Oggi noi utilizziamo le macchine di nostra progettazione e possiamo sviluppare il know al nostro interno puntando sulle competenze dei nostri addetti, con un turn over pari a zero», spiega Walter Cortiana, figlio del fondatore e titolare dell’azienda insieme al fratello Luca. La vera svolta dell’azienda risale al 2000: «All’epoca eravamo terzisti per i grossi catenifici, che implementavano la loro gamma con il nostro prodotto, che arriva fino a 4 mm di diametro. In realtà il mercato è vasto, si arriva fino a 30 mm di diametro, ci sono catene per bigiotteria, da ferramenta, per sollevamento e persino le supercatene per le navi. Con l’avvento dei primi importatori di catene dalla Cina, a prezzi irrisori, abbiamo capito che dovevamo cambiare strategia e svincolarci dal contoterzismo». Cortiana ribalta il metodo fino ad allora seguito, cioè quello di pensare solo al lavoro, senza avere nulla sotto controllo. «Ho pensato che fosse meglio lavorare due ore in meno ma investendo sul futuro, facendo formazione in tutti i campi: informatica avanzata, gestione aziendale, comunicazione e marketing, finanza e bilancio, inglese, gestione del tempo, mercati esteri, Internet, organizzazione e gestione risorse umane, responsabile qualità. La questione delle competenze è così diventata strategica, anche perché siamo passati da 4 a 10 addetti». Così la 3C Catene inizia a crescere e, a parte il rallentamento fisiologico avvenuto tra il 2008 e il 2009, ha raggiunto oggi una capacità produttiva giornaliera di 35mila metri di catene da ferramenta, più di 8mila chilometri all’anno, grazie all’impiego di 37 macchine automatiche: Siamo leader in Italia ed esportiamo già il 30% dei nostri prodotti in Europa e nel bacino del Mediterraneo, con trecento clienti affidabili e un fatturato che ha raggiunto 1,2 milioni di euro».

Come cambiare (in meglio) un’azienda in sei mesi e nove passi

MILANO – Sette piccole e medie imprese industriali, sette casi di successo che testimoniano come sia possibile, anche in tempo di crisi, investire sulla visione strategica dell’imprenditore e sostenerlo nel processo di cambiamento e rinnovamento dell’azienda:? è l’esito del primo Masterclass “9 passi per lo sviluppo della tua impresa”, corso di alta formazione per aziende della filiera meccanica, promosso da AssoMec in collaborazione con Festo Academy (la scuola di management industriale del gruppo tedesco leader nell’automazione) e l’ente di formazione? Etass, che per sei mesi ha messo attorno a un tavolo sette imprenditori e li ha accompagnati nell’analisi di nove ambiti strategici della loro attività aziendale, dalla funzione acquisti alle vendite, passando per l’organizzazione della fabbrica e lo sviluppo della leadership. Gli imprenditori che hanno portato a termine il percorso rappresentano realtà industriali e territori diversi: Agricarnitec (macchine per industria alimentare), Bernardi Impianti International (impianti per l’edilizia) e Siat Italia (generatori di calore) della provincia milanese,? la pavese Nuova Protex (cristalli per veicoli), la lodigiana Simaco (elettropompe industriali), la bergamasca Cosmec (carpenteria metallica) e la marchigiana Cosmetal (erogatori d’acqua). «La piccola e media impresa italiana continua a dare un enorme contributo allo sviluppo economico del Paese facendo leva sui propri punti di forza quali la genialità creativa, la flessibilità organizzativa e la capacità di risposta dinamica alle esigenze del mercato. Ma il piccolo imprenditore, da solo, fa fatica a reggere questa tensione competitiva costante: noi lo accompagniamo ad alzare lo sguardo e lo aiutiamo a individuare le soluzioni e gli strumenti, anche finanziari, per rendere durevole il successo della sua azienda», spiega Barbara Pigoli, presidente di AssoMec, associazione che segue in un rapporto di tutoraggio “one-to-one” oltre 350 pmi manifatturiere. «Il masterclass per imprenditori – aggiunge Giuseppina Civardi, direttrice della Festo Academy – nasce dal confronto con gli imprenditori delle pmi e fa tesoro delle esigenze da loro espresse in termini di competenze indispensabili in questo momento di mercato per sostenere? l’azienda? e il suo sviluppo. Il percorso è pensato per le figure che, all’interno dell’impresa, sono coinvolte direttamente nel processo decisionale: l’imprenditore e i suoi più stretti collaboratori». Il risultato? Dopo sei mesi e nove passi, ci sono sette aziende del manifatturiero tecnologico italiano pronte alla competizione con il mercato internazionale.

Quando la solidarietà tra dipendenti produce posti di lavoro

REGGIO EMILIA – ?E’ stato firmato l’accordo per la riorganizzazione dei rapporti di lavoro dei collaboratori a progetto di Ifoa, l’Istituto di formazione per operatori aziendali che da più di trent’anni si occupa a livello nazionale di formazione, orientamento al lavoro e progetti internazionali in partnership con i Paesi europei. «L’accordo siglato in piena collaborazione con il sindacato è per molti versi unico nel suo genere in Italia», spiega Umberto Lonardoni, direttore di Ifoa, alla guida dell’Istituzione da poco più di un anno. «Di fronte a una situazione economica di crisi come quella attuale e a una recente riforma del mercato del lavoro che ha ridotto gli ambiti di applicazione delle forme di contratto flessibili, l’ente si è posto il problema di rispondere modificando modalità e prassi attuate in passato. Così, anche se non scontato, abbiamo scelto di provare a mantenere il contributo lavorativo di molti collaboratori con modalità contrattuali coerenti con la nuova legge». Il contratto di solidarietà siglato prevede l’assunzione di 29 persone tramite la riduzione oraria dei lavoratori dipendenti attualmente in organico, le garanzie per gli ulteriori collaboratori anche tramite l’uso della somministrazione, la definizione di un modello di relazioni sindacali anche per il futuro, che consenta di supportare la piena attuazione dell’accordo. «La recente riforma Fornero – continua Lonardoni – ci ha condotto a trasformare tali modalità contrattuali, che negli ultimi anni non hanno generato nessun contenzioso, segno di un sistema lavorativo percepito dagli stessi lavoratori come equo e favorevole sia in termini di autonomia professionale che di compenso. Certo che, se da una parte anche sotto la spinta della modifica normativa si sono ridotti gli strumenti di flessibilità in entrata, dall’altra non si è supportata la creazione di nuovi posti di lavoro, in quanto i posti di lavoro non si creano per decreto ma esistono nella misura in cui le aziende riescono a sostenerli. Per questo, una vera riforma del lavoro dovrebbe prevedere una riduzione del costo del lavoro dipendente. Ma dove non è arrivata la riforma hanno sopperito i dipendenti di Ifoa che hanno materialmente “messo mano al loro portafoglio” per venire incontro a una esigenza contingente aiutando l’ente ad applicare la manovra di assunzione».