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L’allevamento diversifica e investe 10 milioni per produrre energia rinnovabile

ROSATE – Un investimento da quasi 10 milioni di euro, per ampliare la superficie produttiva, sfruttare l’energia solare e trasformare un rifiuto organico (le deiezioni dei circa 10mila capi di bovini da carne allevati ogni anno) in una fonte rinnovabile di energia, generando una consistente fetta di ricavi annui, nell’ordine dei 2,5 milioni di euro: è l’esito del progetto avviato un anno fa dall’Agricola Marchesina, una delle più importanti aziende agro-zootecniche d’Italia, attiva da quarant’anni nella bassa padana a pochi chilometri da Milano.  Un fatturato di oltre 20 milioni di euro garantito dall’attività di due allevamenti (di cui uno in Francia) e di un macello (in comproprietà), dalla coltivazione dei fondi per la produzione di foraggio e ora anche dalla produzione di energia: «Anche se il settore alimentare subisce in misura minore gli effetti della crisi, è accertato che in Italia i consumi di carne bovina siano in calo da qualche anno a questa parte», spiega Piero Ravizza, direttore dell’azienda e genero del fondatore e attuale presidente Carlo Ultrocchi. «Così dal 2011 abbiamo deciso di avviare una strategia di diversificazione, puntando sullo sfruttamento delle risorse di cui disponiamo: il letame per alimentare l’impianto di biogas e il sole per l’irraggiamento dell’impianto fotovoltaico». Ma la chiave di volta nell’evoluzione dell’Agricola Marchesina sta nell’innovativo controllo di gestione introdotto in azienda proprio da Ravizza, che ha frequentato con successo l’ultima edizione dell’Executive Master per il management delle pmi, organizzato da Altis (Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica): «Laureato in scienze politiche, avevo cominciato a lavorare in una multinazionale dell’automotive. Quando mio suocero mi ha chiesto di entrare in azienda, ho approfondito gli studi di economia agraria, ma mi mancava una visione più ampia sulla strategia di sviluppo di una piccola impresa industriale, come di fatto è la nostra». Così Ravizza si iscrive al Master, il cui percorso formativo mirato a imprenditori junior e senior è finalizzato sui temi dello sviluppo, dell’internazionalizzazione e della transizione generazionale. «Il corso è costruito sulle esigenze di chi è già impegnato in un’attività imprenditoriale e affronta le questioni in modo pragmatico: come tesi conclusiva del Master ho infatti elaborato il progetto  per il controllo di gestione della mia impresa». Il prossimo step, oltre alla realizzazione di nuove stalle per potenziare una superficie d’allevamento che già tocca i 135mila metri quadrati, è l’ottimizzazione produttiva: «Porteremo qui a Rosate quella quota di capi bovini che facciamo allevare da altre aziende, per ridurre i costi di gestione e utilizzare al meglio il lavoro dei nostri venti addetti».

Gioco di squadra per le tecnologie che trasformano i rifiuti in business

SEREGNO – Piccole imprese fanno rete per internazionalizzare. Potrebbe essere questo il leit motiv che accompagna Idrodepurazione da alcuni anni a questa parte. L’azienda, leader nella depurazione delle acque reflue civili ed assimilabili, del trattamento e del recupero della sostanza organica presente negli scarichi di lavorazione dell’industria agroalimentare, e del recupero e riutilizzo delle acque piovane, negli ultimi quattro anni si è impegnata nello studio e nella progettazione di nuove soluzioni per produrre energia rinnovabile, in particolare per la produzione di energia elettrica con utilizzo di biogas da digestione anaerobica. A fine 2012 il suo fatturato si assestava sui 7 milioni di euro, a fronte di 25 addetti. Forte di questi risultati l’azienda ha deciso di porsi sul mercato internazionale in maniera strutturata e aggregata. Insieme ad altre aziende agroalimentari del settore delle carni, Idrodepurazione sta partecipando al consorzio Gait, che promuove sul mercato russo un know how tecnologico integrato di filiera. «Con i nostri sistemi di trattamento dei reflui noi arriviamo alla fine del ciclo», spiega Michele Benedetti, amministratore dell’azienda brianzola. «Siamo entrati nel consorzio dal settembre scorso e adesso siamo riusciti a entrare nella prima commessa di rilievo. Quando approcciamo un nuovo mercato cerchiamo di farlo sempre costruendo una rete d’impresa. Operando nel settore dell’ambiente da 35 anni conosciamo le società che sono sul mercato e con alcune di queste, anche se competitor, abbiamo avviato progetti di aggregazione per approcciare in maniera strutturata i mercati esteri». Non solo Russia, dunque, anche perché essendo Idrodepurazione una società con caratteristiche di system integrator, è più facile essere flessibili e riconvertire le risorse per andare su altri mercati. «Attraverso la partnership con altre società abbiamo investito nella  progettazione e realizzazione di impianti completi per la produzione di biogas – continua Benedetti – migliorare la tecnologia esistente e individuando alcune soluzioni ad hoc che completano la gamma dei macchinari prodotti a livello standard in tutto il mondo».  E sempre sul versante biogas Idrodepurazione ha costituito insieme ad altre tre società estere il consorzio Iwr (www.iwgroup.it), che propone una piattaforma operativa per il riciclo dei rifiuti. «Noi abbiamo affrontato il tema del riciclo dei rifiuti dal punto di vista biologico, mentre le altre società si occupano di rifiuti inorganici, di separazione e dell’ottenimento di materia prima dai rifiuti. Il nostro è un consorzio stabile e stiamo proponendo in giro per il mondo questa soluzione alternativa all’incenerimento, con l’obiettivo di competere con i grandi contractor multinazionali sul mercato delle infrastrutture ambientali».

Fino a 12 miliardi di contenitori pet in meno grazie agli eco-compattatori

MILANO – Ogni anno 15 miliardi di contenitori in pet vengono utilizzati in Italia e, in gran parte, finiscono nelle discariche, invece di essere destinati al riciclo. Una bottiglia da un litro e mezzo pesa circa 35 grammi, quindi se quei 15 miliardi fossero tutte bottiglie peserebbero 525 milioni di chili. Per far fronte a questo enorme problema Garby, società specializzata in prodotti e servizi per la riduzione dell’impatto ambientale, ha sviluppato tecnologie interamente “made in Italy” che uniscono la praticità all’utilità del riciclaggio. Gli eco-compattatori Garby, infatti, oltre a salvaguardare l’ambiente, invogliano il cittadino al riciclo attraverso un sistema incentivante. In pochi semplici mosse è possibile ottenere buoni da utilizzare nei negozi che aderiscono all’iniziativa: una volta inseriti lattine, bottiglie e flaconi nelle apposite bocche, l’eco-compattatore Garby rilascia uno scontrino. Il materiale raccolto viene portato direttamente nella messa in riserva e poi alle industrie di trasformazione, senza che vada perso nelle discariche o negli inceneritori. Si evita così che i rifiuti vengano prima raccolti, poi portati all’eco-centro dove vengono separati e compattati e di nuovo in viaggio verso la messa in riserva. Grazie a questo procedimento vengono eliminati dei passaggi dalla filiera dei rifiuti: un passo importante per ridurre ulteriormente l’emissione di CO2 nell’ambiente. Il tutto in collaborazione con gli enti locali, che non debbono fare altro se non concedere il suolo pubblico, l’alimentazione elettrica e il trasferimento della proprietà dei rifiuti affinché Garby possa prima recuperarli attraverso il suo concessionario di zona. In cambio la ditta offre una percentuale sui ricavi e un ambiente più pulito.

Dai fertilizzanti alla nutraceutica, cresce il colosso abruzzese dell’agrindustria

ATESSA – È stato presentato a Milano il bilancio economico e socio-ambientale 2012 del Gruppo Valagro, azienda italiana con sede produttiva in Abruzzo, altri quattro stabilimenti in Norvegia e Francia e 11 filiali in tutto il mondo, che occupano complessivamente 330 addetti (di cui 190 in Italia). Il gruppo è leader nella produzione e commercializzazione di fertilizzanti a basso impatto ambientale, ma opera anche nei settori della nutraceutica e della cosmetica. Giuseppe Natale, amministratore delegato di Valagro, ha illustrato i principali risultati economici fatti segnare dal gruppo nel 2012. In particolare, Valagro ha raggiunto un giro d’affari di 90 milioni di euro, con un ebidta del 19% circa e una crescita annua cumulata degli ultimi tre anni pari al 15,18%. Il 19% circa del fatturato è stato realizzato in Italia, mentre la quota restante all’estero, dove le aree a maggior crescita sono Nord America (+16%) e America Latina (+15%). Il 4% del fatturato, pari a circa 3,5 milioni di euro, è stato investito in ricerca e sviluppo per la realizzazione di prodotti altamente innovativi. Oltre ai dati di natura economica, Valagro ha presentato inoltre la quinta edizione del bilancio socio-ambientale di gruppo, che contiene un aggiornamento sulle strategie adottate e sui risultati raggiunti a vantaggio, oltre che dell’azienda, anche del territorio e della comunità, e segnala gli obiettivi futuri che si impegna a raggiungere: «Alla base del nostro successo stanno la capacità di innovare e rinnovare costantemente il proprio portafoglio prodotti e di offrire ai propri clienti soluzioni specifiche per le loro esigenze, sempre nel massimo rispetto dell’ambiente e dell’uomo», ha dichiarato Natale. La costante crescita dell’azienda ha portato a una diversificazione del business, che si articola oggi in quattro grandi aree: Farm per l’agricoltura, Turf and Ornamentals per i tappeti erbosi e le piante ornamentali, Garden per il giardinaggio e Industrials per vendite industriali alle aziende operanti nel settore dei fertilizzanti. L’azienda ha inoltre intrapreso lo sviluppo di prodotti a base di alghe per applicazioni nell’alimentazione umana, in cosmetica e nella nutrizione animale.

Nasce l’aggregazione delle imprese green votate al recupero dei siti inquinati

MILANO  – Refit (Renewable Energy & Phytoremediation) è la prima rete d’impresa nata nell’ambito del Green Economy Network, il progetto promosso da Assolombarda per stimolare nuove alleanze tra le imprese milanesi che offrono prodotti, tecnologie e servizi per la sostenibilità ambientale ed energetica e per dare visibilità alle loro competenze. La rete Refit aggrega cinque imprese del settore (Tia, Land, Tiemme, Passavant Impianti, Hpc Italia) che hanno deciso di condividere un progetto comune legato al recupero dei siti inquinati mediante tecniche di fitobonifica e utilizzo di fonti rinnovabili. Frutto di un’intensa collaborazione tra le imprese, il contratto di rete nasce con l’obiettivo di metter a fattor comune il know-how delle singole aziende per sostenere e rafforzare le opportunità di business condividendo risorse produttive, tecnologiche, finanziarie e relazionali. L’integrazione delle imprese appartenenti alla rete consentirà di realizzare un’offerta completa non solo per la realizzazione di progetti finalizzati alla riqualificazione e valorizzazione paesaggistica e ambientale dei siti inquinati, mediante l’applicazione di metodologie di fitobonifica per il recupero e riadattamento di matrici inquinate, ma anche per le attività di sviluppo tecnologico, promozione e internazionalizzazione delle imprese stesse. «La complessità della competizione globale richiede standard qualitativi e quantitativi sempre più elevati. Le aggregazioni rappresentano una delle soluzioni per il rilancio della competitività dell’intero sistema industriale ed economico», dichiara il presidente del Green Economy Network, Roberto Testore. «L’esperienza del Green Economy Network è l’esempio di una strategia di sistema che valorizza competenze e potenzialità delle imprese, individuate attraverso un repertorio articolato in specifiche filiere tematiche».

Il fotovoltaico “made in Milan” piace agli amministratori giapponesi

MILANO – Il fotovoltaico italiano coglie un altro successo oltre oceano: Hergo Sun Japan KK, società controllata dal gruppo milanese Infrastrutture, è stata selezionata dal Mega Solar Power Committee della città giapponese di Kumagaya, nella Prefettura di Saitama, per la costruzione e gestione di due impianti fotovoltaici per un totale di 3,5 megawatt. La proposta di Hergo Sun Japan KK è stata considerata la migliore per i contenuti tecnologici e di ingegneria dal comitato di valutazione. La società, molto apprezzata per la competenza e il know-how, si occuperà dello sviluppo, costruzione, gestione e manutenzione degli impianti fotovoltaici. Il sindaco della città considera i progetti fotovoltaici una pietra miliare nella storia della città di Kumagaya, vocata alla protezione ambientale e alla produzione di energia verde. «Il mercato giapponese delle rinnovabili è molto sofisticato e professionale e quindi promettente, ma solo per gli imprenditori che lo affrontano con una visione di lungo termine», osserva Pier Francesco Rimbotti, presidente del Gruppo Infrastrutture, che ha chiuso il 2012 con un fatturato di 11 milioni di euro occupando una cinquantina di addetti. «Attraverso un durissimo lavoro avviato oltre un anno fa abbiamo aperto un ufficio a Tokyo e, con la controllata Hergo Sun Japan KK, ci siamo aggiudicati due bandi pubblici. Federico Micheli, amministratore delegato di Hergo Sun Japan KK, ha aggiunto che «la produzione attesa di energia verde, pari a 420mila kWh/anno ,eviterà l’emissione in atmosfera 178mila kg di C02 all’anno, contribuendo in modo significativo al programma nazionale di incremento di produzione di  energia da fonti rinnovabili. Infrastrutture Spa, fondata e presieduta da Pier Francesco Rimbotti, è la holding di un gruppo di società private, alcune delle quali sono attive da oltre 50 anni nello sviluppo di progetti che vedono l’utilizzo di tecnologie innovative in ambito energetico. In Italia il gruppo vanta uno dei maggiori track record con la partecipazione alla realizzazione di impianti per oltre 15mila megawatt, di cui 400 mw nel settore delle energie rinnovabili, con particolare attenzione alle fonti eolica e solare e un processo di internazionalizzazione molto ambizioso.

In Friuli bilancio positivo per la prima centrale di cogenerazione a biogas

BERTIOLO – In Friuli c’è chi ha trovato il petrolio “verde”: vale infatti oltre 1 milione di? euro la ricaduta sul Pil locale della centrale di cogenerazione a biogas Greenway, costata 5 milioni di euro e già in gradi di fatturare oltre 2 milioni di euro. A tracciare un bilancio del primo “esercizio” dell’impianto a biomasse è Marco Tam, presidente di Greenway Agricola, la società che riunisce dieci imprese agricole che, con la partecipazione al capitale di Friuladria impresa&finanza del Gruppo Cariparma – Crédit Agricole e? lo studio Catullo & Partners di Treviso nel ruolo di advisor, hanno? realizzato la centrale. «La crisi che ha investito il settore agricolo ha posto molti imprenditori di fronte alla necessità di ripensare un’attività da tempo in balia delle fluttuazioni delle commodities», spiega Tam. La centrale, con una potenza di un megawatt e una produzione di 8.500 megawatt/ora l’anno, è infatti alimentata da una filiera autoctona costituita da una quindicina di imprese agricole che producono, su circa 300 ettari di terreno, tutta la biomassa (colture erbacee) necessaria. Se si può quantificare in un numero oscillante, in relazione alle stagioni, fra le trenta e le trentacinque unità le persone che le aziende agricole destinano al lavoro per la centrale, bisogna aggiungere l’effetto indotto sull’economia locale per l’acquisto di attrezzature e macchinari agricoli e detrarre la riduzione delle spese per i concimi chimici. La centrale, infatti, produce del digestato, quindi materiale organico che va a concimare i terreni “produttori” migliorandone la qualità. Da non dimenticare, poi, i benefici ambientali: relativamente al funzionamento della centrale le oltre 1.800 tonnellate equivalenti di petrolio risparmiate sulla produzione elettrica e, in termini di traffico, la ridotta movimentazione di camion dall’esterno per il fabbisogno di concime dei terreni. «La strada di un nuovo modello di impresa agricola, che integra la sua attività tradizionale con la produzione di energia da biogas, è tracciata – prosegue Tam – tanto che, già dal prossimo anno, vorremmo realizzare nuovi impianti, più piccoli, per portare a 2 megawatt la potenza complessiva. L’esempio che abbiamo davanti per far fruttare il nostro petrolio “verde” è quello tedesco: in Germania ci sono 8mila impianti alimentati da biomasse (che saliranno a 10mila fra qualche anno), che danno 5 milioni di Mwh, mentre l’Italia è a quota 600mila Mwh».

Pmi in corsa al Good Energy Award per le energie rinnovabili

MILANO – Scade il prossimo 30 aprile il termine per la partecipazione al Good Energy Award 2013, il premio ideato da Bernoni Grant Thornton – storica realtà professionale milanese con oltre 50 anni di esperienza nella consulenza tributaria e societaria e nell’advisory – e dedicato alle aziende che operano con progetti, prodotti e servizi nel settore delle energie rinnovabili. Tre le categorie in gara: Producer, dedicata alle aziende produttrici di energia da fonti rinnovabili; Constructor, riservata alle aziende che realizzano componenti per la produzione di energia rinnovabile o per il risparmio energetico; Energy Efficiency, per incoraggiare tutte quelle realtà che, pur non operando nel settore dell’energia, hanno scelto di implementare interventi volti alla riduzione dei consumi energetici. Per l’iscrizione? (libera e gratuita) al Good Energy Award 2013 è possibile inviare la scheda di adesione, scaricabile con informazioni e modulistica dal sito http://www.bernoni-grantthornton.it/ (allegata anche a questo articolo). Il premio, realizzato con il contributo di Bosch, Danfoss e Universal, è supportato da realtà del mondo istituzionale e accademico e da importanti partner scientifici tra cui: ministero dell’Ambiente, Gse-Gestore servizi energetici, Università di Trento, Università di Milano-Facoltà di Agraria, Fiper, Tis Innovation Park di Bolzano, Andaf, Trentino Sviluppo e Parco tecnologico padano. Intanto il premio ha il suo logo ufficiale: l’ha ideato Valentina Fregosi, ventunnenne di La Spezia, che ha vinto il concorso d’idee “Creativ@Mente in Gara”, il contest per giovani creativi lanciato proprio per creare il logo ufficiale del Good? Energy Award. «Ringraziamo tutti i giovani artisti che, supportati dalle aziende e dai partner che collaborano al Good Energy Award, hanno espresso una grande energia creativa, a conferma del ruolo di Milano come capitale mondiale del design», ha commentato Alberto Salsi, principal di Bernoni Grant Thornton e ideatore del premio.

Un nuovo super-cavo sottomarino da 50 milioni per il mega-parco eolico tedesco

MILANO – Prysmian Group, leader mondiale nei cavi e sistemi per l’energia e le telecomunicazioni, ha acquisito un nuovo contratto del valore di oltre 50 milioni di euro per il collegamento del parco eolico Owp Deutsche Bucht, per conto dell’operatore delle reti elettriche di Olanda e Germania TenneT. Il contratto prevede la progettazione, fornitura e posa in opera entro la fine del 2015 di un sistema “chiavi in mano” in cavo sottomarino ad alta tensione in corrente alternata, lungo un tracciato di 31 chilometri. Il sistema, che collegherà il parco eolico offshore Owp Deutsche Bucht attraverso le piattaforme dei convertitori dell’area “BorWin”, include la connessione dalla piattaforma del parco eolico alla piattaforma del convertitore Hvdc denominata “BorWin beta”. Borwin2 ha rappresentato una pietra miliare tecnologica nel settore in quanto è stato il primo progetto al mondo a raggiungere una tensione di esercizio di ? 300 kV DC, utilizzando un cavo con tecnologia di isolamento con materiali estrusi, oltre ad essere il primo collegamento da 800 megawatt di potenza per parchi eolici offshore realizzato con l’impiego di tecnologia Vsc (Voltage sourced converter). Il progetto Deutsche Bucht sarà realizzato avvalendosi di cavi prodotti nel centro di eccellenza tecnologica e produttiva del gruppo italiano sito in Arco Felice (Napoli) e la sua esecuzione sarà coordinata dai nuovi uffici di Amburgo di Prysmian Group. «Questo nuovo progetto, il dodicesimo che il gruppo si è aggiudica avendo puntato fin dall’inizio su questo crescente settore, conferma ulteriormente il ruolo strategico di Prysmian nel supportare con tecnologie ed esperienza uniche la realizzazione degli importanti piani di sviluppo delle energie rinnovabili eoliche in Germania e in tutto il Nord Europa», ha detto Marcello Del Brenna, ceo di Prysmian Powerlink. A conferma delle forti prospettive di crescita nel settore, i dati recentemente diffusi da Ewea (European wind energy association), secondo i quali nel solo 2012 sono stati installati 5 gigawatt di potenza generativa, mentre 4,5 gigawatt sono attualmente in costruzione e ben 18,4 ?sono già stati autorizzati e previsti per i prossimi anni.?

Per le strade di Vienna si circola con gli ecobus elettrici italiani

PERUGIA – Chi l’ha detto che l’Italia è in ritardo sulla green economy? Giunge positiva la notizia che a Vienna, recentemente nominata per la quarta volta “città più vivibile del mondo” (indagine della società di consulenza Mercer su 221 metropoli), sono entrati in servizio per il trasporto pubblico i bus elettrici Alè, tutti italiani. Li produce infatti la Rampini, azienda di Perugia, che ha sviluppato per questo progetto di mobilità sostenibile un’importante collaborazione con Siemens. I nuovi ElectriCityBus sono in forza per le strade di Vienna, più in particolare nelle linee urbane 2A e 3A; trasportano fino a 40 passeggeri e durante le soste al capolinea, grazie a un meccanismo di bracci snodabili montati sul tetto, prelevano per 15 minuti circa energia dalla linea di alimentazione dei tram. Non soltanto all’estero apprezzano i veicoli ecologici italiani: un ecobus Rampini è già in servizio a Piacenza. Quanti altri Comuni seguiranno questo bell’esempio?

Con la plastica “oxobiodegradabile” l’eco-packaging è per tutti

LEGNANO – Basta con le isole di rifiuti plastici che solcano gli oceani: grazie a un additivo di nome d2wR, ottenuto con un procedimento innovativo, i prodotti in plastica realizzati con pellet a granuli (i cosiddetti masterbatch) diventano oxobiodegradabili (cioè addizionati di componenti naturali) e riciclabili a un costo aggiuntivo trascurabile. L’esclusiva italiana di questa tecnologia, messa a punto da una compagnia inglese, è in mano alla Kromabatch, azienda di Legnano, nata oltre un ventennio fa, da tre anni in fase di totale rinnovamento, con prospettive in decisa controtendenza rispetto alla crisi: fatturato 2012 cresciuto a 4 milioni di euro e stime ancor più positive per il 2013. «La vecchia Italmaster si rivolgeva solo al settore plastico-fibre», racconta Raffaele Moz, amministratore della società. «Noi gli abbiamo cambiato nome, mantenendo il pacchetto clienti, le macchine, il 60% circa degli operatori e acquisendo questa nuova tecnologia ecocompatibile, che si confronta sul mercato con quella sviluppata da Novamont, a base di biopolimeri di derivazione naturale come mais, patate eccetera. Ottima per certi tipi di utilizzi, perché compostabile, ma con grossi limiti legati alla resistenza meccanica (un esempio sono i sacchetti della spesa, soggetti a rompersi facilmente, n.d.r.) e soprattutto al fatto che non è riciclabile o termovalorizzabile. Si tratta quindi di risorse alimentari che vanno sprecate. Con l’additivo d2wR, la plastica tradizionale si ricicla o si termovalorizza, non è compostabile, ma nel caso finisca nell’ambiente o in discarica, si biodegrada in un tempo relativamente breve. L’ha certificato il Biolab dell’Università di Pisa, con cui collaboriamo costantemente, oltre ad altri enti certificatori internazionali». Un anno e mezzo fa la Kromabatch ha aperto la divisione cosmetici, di cui è direttore Gabriele Pettinari. L’orientamento è verso prodotti antiallergici quasi esenti da metalli pesanti, come richiede il mercato. «In aggiunta i nostri prodotti sono esclusivamente di derivazione naturale, in particolare tensioattivi estratti dall’olio di mais e cocco e dallo zucchero, dai quali produciamo alcuni blends, che servono per fare creme, shampoo, balsami e pigmenti coloranti atossici molto più puri rispetto alla normativa vigente», spiega Moz. «Detenendo l’esclusiva d2wR abbiamo iniziato a proporre ai clienti della cosmetica un packaging biodegradabile all’avanguardia, capace di coniugare le esigenze estetiche con le prestazioni richieste dal settore». Moz sottolinea che in alcuni Paesi, come Inghilterra, Dubai, e vari stati del Sudamerica, la tecnologia che rende il packaging plastico monouso oxobiodegradabile è obbligatoria, mentre in Italia ancora no: «Le aziende sono interessate ma lente nelle proprie decisioni perché non ancora pressate dalle leggi. Insomma si parla tanto di green economy ma quando poi si tratta di agire nel concreto, ci sono molte resistenze, anche se con il d2wR non sono necessari costi di ricerca o di certificazione, dato che è tutto offerto gratuitamente dalla nostra azienda e da Symphony».
Roberta Folatti

Aperto a pmi e giovani creativi il Premio Bosch per le energie rinnovabili

MILANO – Anche quest’anno il gruppo tedesco Bosch supporta il Good Energy Award, il riconoscimento dedicato alle aziende che operano nel settore delle rinnovabili e che possono candidarsi entro il prossimo 31 marzo. Il premio, giunto alla quarta edizione, è ideato da Bernoni Grant Thornton, storica realtà professionale milanese con oltre 50 anni di esperienza nella consulenza tributaria e societaria, nazionale e internazionale, nell’outsourcing e nell’advisory. «Abbiamo scelto di sostenere per il secondo anno consecutivo “Good Energy Award”- dichiara Gerhard Dambach, amministratore delegato di Robert Bosch Spa (52,3 miliardi di euro fatturati nel 2012, investimenti di 4,5 miliardi di euro in r&s) – una lodevole iniziativa che premia le aziende che si impegnano nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni innovative ed ecosostenibili. Il rispetto dell’ambiente e la salvaguardia delle risorse rientrano da sempre nelle missione dell’azienda e da qui nasce il forte impegno di Bosch nel campo delle energie rinnovabili e nel risparmio energetico». Tre le categorie in gara: Producer, dedicata alle aziende produttrici di energia da fonti rinnovabili; Constructor, riservata alle aziende che realizzano componenti per la produzione di energia rinnovabile o per il risparmio energetico; Energy Efficiency, per incoraggiare tutte quelle realtà che, pur non operando nel settore dell’energia, hanno scelto di implementare interventi volti alla riduzione dei consumi energetici. Per l’iscrizione? al Good Energy Award 2013 è possibile inviare la scheda di adesione fino al 31 marzo. Inoltre, novità di questa edizione? è Creativ@Mente, un concorso rivolto ai giovani creativi, dai 18 ai 30 anni, per ideare il logo del premio. Entro il 15 marzo sarà possibile inviare la propria proposta grafica, in grado di esprimere i concetti di sostenibilità e risparmio energetico, alla segreteria del premio (direzionepremio@bernoni.it.gt.com). Tutte le informazioni, le condizioni e i moduli di iscrizione al Good Energy Award 2013 e alla gara creativa sono consultabili sul sito www.bernoni-grantthornton.it. Il premio è supportato da realtà del mondo istituzionale e accademico e da importanti partner scientifici tra cui: ministero dell’Ambiente, Gse-Gestore servizi energetici, Università di Trento, Università di Milano-Facoltà di Agraria, Fiper, Tis Innovation Park di Bolzano, Andaf, Trentino Sviluppo e Parco tecnologico padano.

Dagli scarti della tavola il “pieno” di green diesel per l’autobus

VERBANIA – Produrre carburanti da rifiuti organici può essere una svolta nel futuro della mobilità su strada. Una soluzione che porterebbe con sé notevoli vantaggi, sia da un punto di vista economico che ambientale, e che VCO Trasporti ha voluto esplorare, sotto l’egida della Provincia del Verbano Cusio Ossola, nella sua fattibilità tecnica-economica con uno studio condotto da GreenLab (organismo di ricerca collegato a Tecnovia, laboratorio qualificato dal ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca) e Nanoireservice (società a cui fa riferimento il NisLabVCO, laboratorio di ricerca nel campo delle nanotecnologie e della scienza dei materiali operativo presso il Tecnoparco del Lago Maggiore a Verbania-Fondotoce). Strutture di ricerca che per alcune fasi si sono appoggiate al Laboratorio Re-Cord collegato all’Università di Firenze. VCO Trasporti è un’azienda di VCO Servizi SpA operativa nel settore del trasporto pubblico locale: gestisce 17 concessioni di autolinee sul territorio del Verbano Cusio Ossola, per una percorrenza annua di circa 1.800.000 di chilometri, utilizzando una cinquantina di mezzi. E’ il primo caso nazionale in cui un’azienda di trasporti pubblici si pone il problema di risolvere aspetti ambientali integrando componenti diverse del territorio, cioè trasporti e gestione rifiuti. Nella Provincia del Verbano Cusio Ossola la raccolta differenziata ha raggiunto una quota che supera il 63% e i rifiuti organici rappresentano oltre il 12% di quelli complessivamente raccolti da ConsSerVCO, attestandosi a circa 12mila tonnellate all’anno, attualmente per lo più conferite a impianti di compostaggio. Finanziato da VCO Trasporti, utilizzando nella quasi totalità le risorse derivanti dal credito d’imposta sulla ricerca, il progetto prevede l’ottenimento del biocarburante in due passaggi: dai rifiuti organici a bio-olio e da bio-olio, attraverso un processo di raffinazione, in “greendiesel”. A oggi è stata completata la prima fase, testando la possibilità di giungere attraverso una pirolisi veloce (che in assenza di ossigeno “scalda” la frazione organica dei rifiuti fino a una temperatura di circa 600-700° C) a un bio-olio che possiede un elevato potere calorifico e – come testato dal laboratorio verbanese NisLabVCO – una composizione chimica che si conferma idonea alla successiva fase di raffinazione. A favore dell’applicazione pratica della ricerca depongono anche le valutazioni ricavate dall’analisi costi-benifici, che dimostrano come – anche ipotizzando condizioni di massima cautela – questo rapporto risulti decisamente favorevole. I vantaggi si concretizzerebbero – oltre che nel contributo all’abbattimento delle emissioni di CO2 in atmosfera – nella riduzione dei costi di acquisto di carburante.

Per consegnare in città i cibi freschi si useranno veicoli ibridi con freddo «ecologico»

CASALE MONFERRATO – Un investimento di 250mila euro per partecipare a uno dei più innovativi progetti di ricerca europei sul fronte della mobilità urbana ecosostenibile, che ha coinvolto colossi dell’industria automobilistica come Iveco – CRF, ?Renault-Volvo e del food service come Danone: così Cold Car, l’azienda piemontese specializzata nella produzione di carrozzerie isotermiche refrigerate (attiva in oltre venti mercati mondiali con un fatturato di 27 milioni di euro e 200 occupati), è entrata da protagonista nel City Move Project, progetto appena concluso, finalizzato a studiare e sperimentare prototipi di veicoli per la distribuzione urbana di prodotti alimentari freschi, nel rispetto di condizioni molto rigorose di igiene, sicurezza e sostenibilità ambientale. «La nostra azienda è stata coinvolta dal CRF – Centro ?Ricerche Fiat e Iveco per partecipare alla progettazione e messa su strada di un veicolo ibrido con carrozzeria refrigerata, che potesse soddisfare requisiti di basso impatto ambientale e consumo energetico», spiega Giovanni Rosso, responsabile ricerca & sviluppo di Cold Car. Il prototipo realizzato da Iveco e Cold Car è stato poi testato su strada a Bucarest, dalla consociata rumena del gruppo Danone. Già nella sua configurazione ibrida, quindi con alimentazione mista elettrica e termica, il veicolo risponde alle esigenze di sostenibilità ambientale previste dagli standard del bando di ricerca europeo. Ma Cold Car si è spinta oltre: «Abbiamo studiato e prodotto una carrozzeria isotermica dotata di portellone posteriore per il carico a “roll containers” ?e di sportellini laterali per il prelievo, cioè la stessa configurazione adottata da tempo per le nostre carrozzerie che distribuiscono gelati e surgelati. Abbiamo migliorato la componente carrozzeria isotermica, utilizzando soluzioni innovative per alleggerirla, come ad esempio i laminati a base di resine epossidiche che comportano un minor peso a parità di resistenza meccanica». Un’altra innovazione fondamentale riguarda la produzione del freddo: «Abbiamo ideato un impianto refrigerante ad accumulo di energia termica nei nostri tubi AL2 brevettati, con un gruppo frigo che impiega l’anidride carbonica come gas refrigerante.? In tal modo la carrozzeria isotermica, che normalmente è raffreddata da un gruppo frigo ventilato con compressore caricato a rete e ?azionato su strada dal motore termico, sarà raffreddata autonomamente con ricarica da allacciamento di energia elettrica in deposito. ?L’anidride carbonica impiegata come gas refrigerate è assolutamente ecologica perché, rispetto ai gas di sintesi Cfc e Hfc, è un gas naturale che, raccolto in ambiente, viene sigillato nel gruppo frigorifero; anche un’eventuale dispersione in ambiente non crea problemi perché si tratta di una semplice restituzione. In sostanza con questo sistema si utilizza un terzo del gas normalmente impiegato per far funzionare i gruppi frigoriferi». In caso di condizioni di impiego particolarmente gravose, ad esempio durante i periodi più caldi, il raffreddamento del vano di carico è integrato da un piccolo gruppo frigorifero alimentato dal recupero di energia dalla frenata. «Tutte queste soluzioni anticipano innovazioni che potranno essere messe in produzione per i veicoli di serie già in commercio», spiega Rosso, anche perché «l’aver lavorato in partnership con aziende di eccellenza e gruppi internazionali genera un’acquisizione di competenze e capacità produttive che possono essere utilizzate dai singoli partner del progetto di ricerca, anche per migliorare i propri prodotti già sul mercato». Una risposta alla crisi? «Di fronte a una situazione di stallo del mercato, investire in ricerca e sviluppo è un chiaro obiettivo di crescita, soprattutto se ci si orienta verso un mercato che tenderà a svilupparsi come quello dei mezzi a trazioni alternative per il trasporto delle merci». E se dovesse prendere corpo l’accordo tra Eni ed Enel, primo al mondo tra un produttore di idrocarburi e un produttore di energia elettrica, per l’installazione di colonnine di ricarica dei veicoli elettrici nelle stazioni di servizio, potremmo essere all’inizio di una nuova era del trasporto urbano di persone e merci: «Quando le norme imporranno l’utilizzo di veicoli con alimentazione ibrida per la distribuzione urbana delle merci, entrerà in gioco la nostra esperienza che potrà fornire ai costruttori una soluzione tecnica per garantire accessibilità ai centri urbani e consegne non energivore, perché la nostra carrozzeria, che sia installata su un veicolo elettrico piuttosto che ibrido, non avrà bisogno di altre fonti di alimentazione per garantire il mantenimento del freddo».

Progetto italiano in Sudafrica per uno dei più grandi parchi solari del mondo

JOHANNESBURG – Building Energy, azienda milanese che opera nel settore delle energie rinnovabili, ha siglato il contratto con il Dipartimento dell’Energia (DoE) e gli accordi finanziari con le banche per la creazione e lo sviluppo di uno dei più grandi impianti solari fotovoltaici del Sud Africa. Dopo l’aggiudicazione della commessa pubblica come miglior offerente nel primo round nell’ambito del programma Reippp (Renewable energy independent power producers programme), voluto fortemente dal governo sudafricano, per? Building Energy si tratta del secondo passo verso lo sviluppo dell’impianto fotovoltaico di 81 megawatt nel sito di? Kathu, che sarà il più grande del suo genere in tutto il mondo. Insieme alla Rand Merchant Bank l’azienda ha strutturato un financing project per un ammontare di oltre 3 miliardi di rand (circa 260 milioni di euro). La società, in joint venture con un operatore locale, sarà inoltre responsabile della costruzione della centrale e gestirà l’impianto per un periodo di 20 anni. La costruzione dell’impianto solare fotovoltaico di Kathu verrà immediatamente avviata e sarà completata entro il agosto 2014. Produrrà energia pulita e rinnovabile rifornendo decine di migliaia di abitazioni in Sud Africa e, al contempo, offrendo benefici economici, sociali e sostenibili al territorio. Come ha sottolineato l’amministratore delegato di Building Energy Africa, Matteo Brambilla, «il parco solare di Kathu è uno dei più grandi progetti solari di tutto il mondo con tecnologia a inseguimento. Il Sud Africa sta vivendo un momento di forte domanda per le energie rinnovabili, in quanto gli impianti possono essere installati rapidamente, sono economicamente competitivi e possono contare su una fonte affidabile e naturale di energia». Nell’Africa sub sahariana l’accesso all’energia elettrica è al 26%, la più bassa al mondo, e il quadro è ancora peggiore nelle zone rurali dove si stima che solo il 5% della popolazione abbia accesso all’elettricità. Building Energy sta? sviluppando? proprio in quella regione una pipeline di oltre 500 megawatt di impianti da fonte solare ed eolica. Costituita nel 2010, Building Energy a tutt’oggi ha al suo attivo circa 150 megawatt d’impianti realizzati in Italia ed è presente con una pipeline di sviluppo di oltre 600 megawatt in diversi paesi come il Sud Africa, gli Usa, la Romania e la Repubblica Dominicana.

Arriva l’energia solare per produrre i veicoli del “freddo”

CASALE MONFERRATO – Cold Car è un’impresa sempre più “eco-sostenibile”: l’azienda piemontese, numero 1 al mondo nella produzione di carrozzerie isotermiche refrigerate con 1.800 veicoli allestiti e venduti ogni anno, aggiunge un ulteriore tassello alle azioni già sviluppate, che hanno portato all’avvio delle procedure per il conseguimento della certificazione Iso 14001, quella che attesta l’adozione di un sistema di gestione ambientale. E’ entrato infatti in funzione il nuovo impianto fotovoltaico da 100 kilowattora di picco, installato su una superficie di 2mila metri quadrati sopra la copertura della sede produttiva di Occimiano, a fronte di un investimento complessivo di 200mila euro. «L’avviamento dell’impianto, che si caratterizza per l’impiego di pannelli rivestiti con un film sottile ad alto rendimento, ci consente di raggiungere circa il 35% di produzione di energia elettrica per il nostro fabbisogno giornaliero», spiega Paolo Fabris, il purchasing manager di Cold Car. L’azienda è riuscita a cogliere gli incentivi previsti dal quarto Conto energia, ma ha anche completato un importante processo di bonifica: «L’installazione dei pannelli è stato il passo conclusivo di un percorso di attenzione all’ambiente e alla salute dei nostri lavoratori, che ha portato nel 2011 alla rimozione completa delle superfici in amianto ancora presenti su circa 7mila metri quadrati delle nostre sedi, che sono state sostituite con coperture ad alta efficienza di coibentazione». Già protagonista di un progetto internazionale promosso dal colosso Unilever per la produzione di veicoli refrigerati a emissioni zero, Cold Car si conferma leader nel suo settore industriale, con un fatturato di 27 milioni di euro, 200 occupati e la presenza attiva in oltre venti mercati mondiali, che assorbono il 75% del suo volume d’affari.

Investitori russi acquisiscono la tecnologia italiana del biodiesel

MODENA – Un altro “gioiello” della piccola industria italiana passa di mano: Teregroup, società di investitori russi che punta alle nuove tecnologie e all’acquisizione di brevetti, è infatti sbarcata in Italia rilevando le attività della società modenese T.M. di Modena, specializzata nel campo delle energie rinnovabili. La compagnia russa ha deciso di uscire dai confini della madre patria e di cominciare proprio dal nostro Paese la propria espansione, acquisendo le attività di engineering e commerciali della? T.M. per proporre agli investitori la realizzazione di impianti per la produzione di biodiesel con alghe marine e da coltura: una scelta motivata dall’elevato grado di innovazione della tecnologia messa a punto dalla società italiana, di forte interesse? anche per il mercato russo. Presentata nell’aprile scorso, la tecnologia di produzione di biodiesel dalle alghe e di filtrazione del CO2 dall’atmosfera è stata sviluppata in collaborazione con la società di ingegneria? ES Consultants di Hong Kong ed è il frutto di un progetto presentato lo scorso novembre 2011 alla fiera delle energie rinnovabili Cigipts di Guangzhou. L’interesse verso le alghe è cresciuto di pari passo con il dibattito scientifico sull’opportunità di produrre biocarburanti sottraendo terreni alle colture destinate all’alimentazione. La stessa Unione Europea ha esortato l’industria dei biocarburanti a limitare la produzione di quelli di prima generazione (dal mais alla colza e altri) per favorire quelli sostenibili, frutto delle ricerche più recenti, che possono essere estratti da alghe, rifiuti, paglia e altri tipi di residui, le cui emissioni di gas a effetto serra sono inferiori ai carburanti fossili e non interferiscono con la produzione alimentare mondiale.

E’ “made in Veneto” e all’avanguardia la soluzione per il bike sharing elettrico

PADOVA – Il “made in Italy” tecnologico comincia a vincere la sfida con la concorrenza internazionale anche nel campo della mobilità “verde”: a Padova sono state inaugurate le prime tre pensiline fotovoltaiche destinate ad alimentare 15 postazioni di bike sharing elettrico, che mettono a disposizione dei cittadini padovani nuovissime biciclette elettriche progettate e realizzate in Italia. ?Il progetto, avviato nel 2010 e sostenuto da fondi regionali, ha coinvolto tre importanti realtà venete: Solon SpA, azienda italiana del gruppo Solon, uno dei principali player mondiali del settore fotovoltaico, Italwin, la società padovana leader nella produzione di biciclette elettriche, e il Parco Scientifico Tecnologico Galileo, centro di innovazione padovano specializzato anche nel design e nell’arredo urbano. Ciascuna postazione è dotata di biciclette elettriche?a pedalata assistita, collocate in una pensilina dotata di cinque moduli fotovoltaici?in silicio policristallino da 200 watt realizzati ad hoc con doppio vetro per lasciar filtrare naturalmente la luce del sole sotto la copertura della pensilina. Gli elementi innovativi del progetto consistono nello sviluppo di un prototipo di bicicletta a pedalata assistita conforme alla normativa EU 15194 con un motore elettrico della potenza di 250 watt capace di assistere fino alla velocità di 25 km/h, limite massimo per non essere considerata un ciclomotore. «Due sono gli elementi che fanno della bici realizzata un progetto innovativo capace di superare la tecnologia giapponese», dichiara Mauro Tomasoni, amministratore delegato di Italwin. «Da un lato lo sviluppo di un sistema particolarmente sensibile e preciso di rilevazione e codificazione della forza applicata ai pedali dal ciclista, che viene usata per modulare ?l’assistenza di un motore elettrico posizionato nel mozzo anteriore del telaio; dall’altro lato, un software parametrico capace di aiutare in maniera progressiva e non lineare la pedalata per massimizzare la facilità d’uso della bicicletta, la sua sicurezza (risposta e velocità) e ottimizzare l’autonomia della batteria». Particolarmente soddisfatto della conclusione del progetto anche Emiliano Pizzini, presidente e amministratore delegato di Solon Spa: «Abbiamo colto la sfida ideando una soluzione esteticamente armoniosa con il contesto urbano, attraverso la realizzazione e l’installazione di moduli fotovoltaici studiati appositamente per queste pensiline, le prime ad approdare nella città di Padova, riconosciuta a livello internazionale per essere il distretto fotovoltaico italiano d’eccellenza». La pensilina è stata realizzata in acciaio tubolare zincato a caldo e verniciato a forno che consente ?l’integrazione interna della componentistica degli ovidotti, offrendo un risultato estetico essenziale e pulito. La stessa platea in calcestruzzo, con armatura in acciaio, è stata pensata per permettere una dispersione a terra atta a garantire la sicurezza dei ciclisti nell’area di deposito della bici. Massimo Malaguti, direttore generale del Parco Scientifico Tecnologico Galileo, sottolinea come «il design della pensilina sia stato concepito con il duplice intento di soddisfare un’estetica gradevole, disegnando lo spazio urbano delle postazioni di bike sharing secondo un principio di armonia fra componentistica tecnologica e spazi adibibili alla pubblicità, senza i quali i servizi di bike sharing non riescono a trovare una propria sostenibilità economica».

Viene dalla Franciacorta la prima eco-pressa per gomma

PADERNO FRANCIACORTA – Uno dice Franciacorta e subito il pensiero corre a dolci declivi collinari, splendide cantine e ricche produzioni vitivinicole. Ma il territorio dell’alto bresciano nasconde un primato: è uno dei poli mondiali della lavorazione della gomma, di cui è protagonista la giovane RPM; azienda fondata dalla famiglia Inverardi nel 2003 e oggi attiva sul mercato dello stampaggio per iniezione di termoindurenti e gomme, con uno staff di 25 addetti e una vocazione innovativa da autentica leader. Come spiega Gianfranco Inverardi, presidente e fondatore insieme al figlio Marco dell’azienda bresciana, «nel settore plastico si riscontra una maggiore evoluzione tecnica perché ci sono i numeri e le grandi compagnie che investono in ricerca e sviluppo. La gomma invece è un settore di nicchia, ci sono pochi operatori di livello mondiale, c’è meno concorrenza ma anche un minor tassi di innovazione, tanto che a parte l’introduzione dell’informatica, da vent’anni a questa parte non è stata introdotta nessuna novità significativa». Così ci ha pensato la RPM, avendo nel proprio portafoglio ordini ben l’80% di clientela che stampa gomma: «abbiamo progettato e lanciato sul mercato Ecotronic, la prima pressa per gomma a movimentazione totalmente elettrica con motori brushless, che consentono di ridurre di oltre il 50% i consumi energetici, del 20% il tempo di ciclo e dell’8% la quantità di sfridi, incrementando del 30% la produttività». Il “trucco” tecnologico? c’è ed è la vera innovazione: infatti la lavorazione della gomma richiede un’enorme spinta, circa 2.500 kg per cm quadrato per tutta la fase di iniezione, perché la gomma non scorre come la plastica e quindi l’azione va mantenuta per tutto il ciclo. Per poter garantire questa spinta servirebbe un motore elettrico con una potenza impegnativa, da 40/50 kw, che consumerebbe tanto e richiederebbe azionamenti non standard ma su misura. «Abbiamo brevettato il sistema Eco Power, un motore da 7 kw che funge da moltiplicatore di pressione in un serbatoio stagno dove ci sono 20 litri d’olio. Il motore comprime l’olio e durante l’iniezione genera una pressione costante che sviluppa 3.000 kg/cm quadrato per tutta la corsa». Tra l’altro la sperimentazione condotta sulla nuova macchina, utilizzata da un’azienda leader dello stampaggio di elastomeri, ha modificato anche un «dogma” tecnico: «Strada facendo gli stampatori si sono accorti che, avendo a disposizione molta potenza di pressione, la gomma non deve essere iniettata lentamente per timore del surriscaldamento e di uno scoppio, ma se entra più velocemente ha meno tempo di riscaldarsi. Di conseguenza aumenta la temperatura di vulcanizzazione e si riducono i tempi della lavorazione». ?Certamente il lancio della Ecotronic ha ridato vigore al giro d’affari della RPM, che ha conosciuto il momento di crisi: «Dopo il crollo del settembre 2008 e il terribile 2009, nel 2010 ci siamo ripresi alla grande e nel 2011 abbiamo fatturato più del 2007». L’anno in corso, iniziato molto bene, ha poi registrato un periodo di assestamento, ma le prospettive per i 25 addetti dell’azienda bresciana mantengono un colore roseo.

Unilever sceglie le carrozzerie refrigerate italiane per abbattere i consumi di CO2

ROMA – Da un lato uno dei colossi mondiali del food & beverage, la Unilever; dall’altro l’azienda italiana leader internazionale nella produzione di carrozzerie refrigerate, la piemontese Cold Car. Obiettivo della collaborazione:? ridurre in modo drastico le emissioni gassose provocate dal trasporto commerciale (che da solo contribuisce per l’80% delle emissioni logistiche di CO2), attraverso l’allestimento di una flotta di veicoli commerciali ibridi adibiti alla consegna dei prodotti. Questi veicoli infatti, utilizzati in modalità elettrica, permettono di abbattere totalmente le emissioni sonore e ridurre di oltre il 50% le emissioni gassose rispetto ai mezzi commerciali tradizionali. Così Cold Car è diventata partner tecnologico del progetto “Ice Green for Rome”, che prevede l’impiego di nuovi automezzi ibridi per la consegna dei gelati nei punti vendita del centro storico di Roma. I veicoli commerciali sono equipaggiati con una speciale cella frigorifera dotata di tubi eutettici e di una centralina elettronica che, rispetto alla tecnologia di raffreddamento a piastre di una carrozzeria refrigerata tradizionale, consente un risparmio di emissioni di CO2 del 28%. Per comprendere l’impatto di questo progetto abbiamo intervistato Giuseppe Galantuomo, logistic managing director di Unilever Italia.

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Perché Unilever sta dedicando un’attenzione crescente al tema ambientale?

«Nel 2010 Unilever ha lanciato lo “Unilever Sustainable Living Plan”, il nostro piano globale per il vivere sostenibile che si prefigge una serie di obiettivi di sostenibilità molto ambiziosi, legati ai temi dell’approvvigionamento delle materie prime, della salute e del benessere delle persone, della riduzione dei gas serra, della disponibilità di acqua, della gestione dei rifiuti. In particolare uno degli obiettivi è dimezzare entro il 2020?l’impatto ambientale dei nostri prodotti lungo tutto il loro ciclo di vita: questo implica anche una drastica diminuzione delle emissioni?gassose provocate dal trasporto commerciale».

In che modo il vostro piano globale di sostenibilità interessa l’Italia?

«Di recente abbiamo avviato il progetto “Ice Green For Rome”, che riguarda la consegna dei nostri gelati Ben&Jerry’s e Algida nel centro della Capitale per mezzo di furgoni ad alimentazione ibrida, elettrica e diesel. Il primo di questi veicoli?ibridi è stato appunto dedicato alla città di Roma, per contribuire alla sostenibilità e?alla salvaguardia ambientale di un tessuto urbano unico al mondo come il suo centro storico. Prevediamo di estendere l’iniziativa ad altre città italiane, riconvertendo nei prossimi cinque anni il 25% dell’intera nostra flotta con veicoli sempre meno inquinanti, in modo da garantire lo stesso servizio offerto dal van dedicato a Roma anche ai centri storici delle maggiori città italiane, come Milano, Napoli, Firenze, Bologna. Utilizzati in modalità elettrica, questi veicoli permetteranno?di azzerare le emissioni sonore e?di abbattere di oltre il 50% le emissioni gassose?rispetto ai veicoli commerciali tradizionali».

Perché avete scelto Coldcar come partner tecnologico?

«Un progetto così importante doveva garantire l’assoluta eccellenza tecnologica non solo del veicolo, attraverso la modalità elettrica del motore, ma anche della cella refrigerata in dotazione al van prescelto per il prototipo. Per questo motivo è stata scelta un’azienda come Cold Car, leader italiano nello sviluppo e nella commercializzazione di carrozzerie refrigerate, ?che si è dimostrata negli anni un partner commerciale affidabile e capace di seguirci nei nostri progetti logistici di miglioramento tecnologico e ambientale. E Cold Car si è rivelata nei fatti la scelta giusta».

Quali sono i vantaggi che la soluzione proposta da Cold Car assicura al progetto Ice Green?

«Il nostro progetto si pone traguardi impegnativi, tra cui la sensibilizzazione verso le tematiche ambientali e lo stimolo all’adozione di veicoli elettrici/ibridi da parte dei nostri partner logistici, la riduzione delle emissioni di CO2 e degli inquinanti, il contenimento della spesa per l’acquisto di combustibile. Cold Car ha contribuito al progetto proponendo e concordando con Unilever l’adozione di una nuova carrozzeria refrigerata, impiegata per la prima volta su un nostro veicolo commerciale. La cella utilizza un innovativo sistema di refrigerazione che, abbinato a una nuova centralina elettronica, è in grado di garantire una maggiore efficienza energetica e una diminuzione del 28% delle emissioni carboniche. Ciò permette di salvaguardare l’ambiente, garantendo al tempo stesso ai nostri operatori logistici un veicolo tecnicamente affidabile, sicuro e parsimonioso nei consumi. Comparando i costi dell’energia elettrica rispetto a quelli del carburante,? abbiamo infatti calcolato un risparmio dell’ 80% sul consumo energetico».

Che sviluppi potrà avere, in Italia e all’estero, questa collaborazione?

«Il progetto “Ice Green For Rome” è stato presentato lo scorso giugno anche al top management internazionale di Unilever in Francia, destando un vivo interesse da parte di altre nostre consociate estere che si trovano ad affrontare i problemi posti da ambienti urbani simili ai nostri. Ciò potrebbe significare per Cold Car l’opportunità di collaborare con Unilever su futuri progetti analoghi. Sia Unilever Italia sia la nostra casa madre sono costantemente alla ricerca di partner tecnologici innovativi, attenti all’ambiente, alle economie di scala e alle esigenze delle grandi imprese. Esistono aree di possibile collaborazione su progetti di impianti refrigeranti per tutta la gamma di veicoli utilizzati da Unilever, sia per il trasporto commerciale dei nostri prodotti che per la loro consegna ai clienti finali, su cui Cold Car può sicuramente dare il suo contributo in termini di innovazione tecnologica e commerciale. Il nostro “Unilever Sustainable Living Plan”verrà realizzato anche grazie a partner come Cold Car, che ne condividono lo spirito e l’impegno a favore della tutela dell’ambiente, come primaria e imprescindibile condizione del fare business».

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