Innovazioni & Start up - Page 4

La lucidatura isotropica riduce l’attrito e migliora gli “ingranaggi” del business

 

TURATE – «Da tempo ci eravamo posti l’obiettivo di sviluppare il processo della lucidatura isotropica per il trattamento delle superfici metalliche e ora stiamo collezionando parecchie soddisfazioni»: lo racconta Emilio Diaco, responsabile di produzione de La Finitura, microimpresa di Turate specializzata nella pulitura, lucidatura e vibrofinitura di oggetti metallici. Nata nel 2011 dallo scorporo di una precedente azienda meccanica fondata dallo stesso Diaco, La Finitura impiega oggi tre dipendenti ha cominciato a ritagliarsi una presenza significativa nella filiera della meccanica. «La lucidatura isotropica – spiega Diaco – è una particolare lavorazione che consiste nell’asportazione controllata del materiale, cioè rimuove asperità microscopiche rendendo lisci i denti degli ingranaggi o delle coppie coniche, riducendo l’attrito e la rumorosità, migliorando l’accoppiamento e la lubrificazione e, di conseguenza, abbassando la temperatura di esercizio della macchina». I clienti che si affidano a La Finitura provengono dai settori industriali più disparati: dalla chimica alla farmaceutica, dall’alimentare all’arredamento, dall’illuminazione alla nautica, dall’automobilismo al tessile. «Operando esclusivamente come contoterzisti, mettiamo a disposizione la nostra competenza, esperienza e professionalità nel rispondere alle specifiche richieste del committente. Ecco perché è importante avere un ampio spettro di possibilità d’intervento su settori diversi, anche se quest’anno la crisi si è fatta sentire in modo significativo: le imprese hanno ridotto drasticamente gli investimenti e le commesse sono diminuite». Nonostante le difficoltà contingenti, la start up comasca ha intenzione di migliorare la propria posizione sul mercato: «la strategia per il 2014 prevede la partecipazione ad alcune fiere di settore e l’acquisto di un nuovo rugosimetro, uno strumento che serve a misurare il grado di finitura delle superfici. Il modello che entrerà in servizio è in grado, a differenza di quello attualmente utilizzato, di effettuare misurazioni nelle cavità degli oggetti, come le sedi di guarnizione, di valvole o di raccordi. Rappresenterà un ulteriore miglioramento del nostro processo produttivo». E farà girare meglio gli “ingranaggi” del business…

 

Europa e nord America apprezzano la nuova super-affettatrice full inox

JERAGO CON ORAGO – «Siamo in trattativa con un importante distributore statunitense per sbarcare sul mercato nordamericano, che come quello europeo – Francia, Germania e Spagna in particolare – mostra un enorme interesse per la nostra ultima creazione: “Lago 2 350 automatica” è la prima affettatrice professionale completamente fabbricata in acciaio inox, una vera rivoluzione per il settore della grande distribuzione, della ristorazione e dell’industria alimentare»: è decisamente soddisfatta Federica Scaltritti, titolare ed erede di terza generazione dell’impresa di famiglia, la Oms, che da cinquant’anni rappresenta una delle storie di maggior successo del distretto italiano delle affettatrici, da sempre fabbricate in lega d’alluminio. Proprio i mercati esteri sono il naturale sbocco di sviluppo commerciale dell’azienda varesina, che esporta il 70% della sua produzione di macchine per il taglio degli insaccati e delle carni, riconosciute dagli addetti ai lavori come le più affidabili e performanti. Proprio l’ultima nata di casa Oms, un’esclusiva a livello mondiale, promette di sbaragliare la concorrenza nella fascia alta di mercato, dove si spendono anche più di 10mila euro per un’affettatrice top: «Grazie alla costruzione in acciaio inox Aisi 304 e all’impermeabilità totale, che ne consente il lavaggio anche con la lancia a getto d’acqua, la nuova macchina offre oggi le migliori garanzie possibili sul fronte della sanificazione. Per questo ha già incontrato il forte interesse dei gestori delle grandi cucine di ospedali e collettività, ma anche della grande distribuzione», spiega la Scaltritti. Che sottolinea il vero punto di forza della sua azienda, tra le poche rimaste a poter etichettare le proprie attrezzature come autenticamente e integralmente “made in Italy”: «Pur nel contesto di un processo industriale, la produzione di un’affettatrice è un’opera artigianale, perché richiede una conoscenza tecnica e una capacità di intervento sui componenti che soltanto la perizia umana può gestire. La qualità delle nostre macchine è riconosciuta da sempre proprio per l’alto valore delle nostre risorse umane: il know how si tramanda dai più esperti ai giovani operai e il livello di competenze specifiche resta molto elevato, generando un vantaggio competitivo che altri produttori, per esempio quelli del Far East, non potranno mai avere». E’ in virtù di questo dna continuamente trasmesso – e non solo per linea familiare – che la Oms ha potuto reggere agli scossoni della crisi, stabilizzando il fatturato a 2,3 milioni di euro, con un’occupazione di 17 addetti e una rete di rivenditori e concessionari diffusa in tutto il mondo.

Dalla Campania al settore della moda b2b con i bottoni pronti all’uso

NAPOLI – Nell’era della creatività multimediale e della stampa 3D si può fare innovazione anche con un…bottone: è l’idea di business lanciata da Bluesquare, dinamica start up costituita a Napoli nel 2013 e già inserita nei programmi Creative Factory di Campania Innovazione e AdottUp di Confindustria e Banca Intesa San Paolo. Come spiega Monica Gemelli, ideatrice e coordinatrice del progetto, «Bluesquare è nata per realizzare un prodotto interamente italiano e innovativo, perché l’innovazione non è possibile soltanto nel digitale ma anche nel mondo delle cose, e abbiamo deciso di dimostrarlo con oggetti semplici come i bottoni». Il progetto di Bluesquare, destinato ad ampliarsi,  riguarda infatti la realizzazione di un bottone a ricucitura rapida già pronto e con il cotone montato a soli fini estetici, così da non essere distinguibile dagli altri bottoni cuciti, da proporre in set con altri bottoni normali alle aziende produttrici di capi di abbigliamento. La start up vuole quindi inserirsi in un mercato b2b. Con questo prodotto, l’azienda cliente di Bluesquare può offrire una vera e propria prestazione di assistenza post vendita agli acquirenti dei propri capi d’abbigliamento, apportando vantaggi in termini sia di funzionalità sia di design.

La testina ad alesare che fa risparmiare il 70% dei costi di produzione

FINO MORNASCO – «Noi risolviamo i problemi di efficienza produttiva che ogni azienda meccanica incontra sulla sua strada quando deve gestire processi particolari»: è la definizione più azzeccata che Antonella Mazzoccato, socia della C.R.M. di Mazzoccato & Figli s.r.l., offre della propria realtà imprenditoriale, che solo sotto questa denominazione, da vent’anni progetta e produce utensili speciali per lavorazioni ad asportazione di truciolo. L’esperienza invece si accumula sin dal 1974. L’innovazione, in casa C.R.M., significa affiancare il cliente e mettere in primo piano le problematiche tecniche, finalizzando l’intervento all’ottimizzazione di processi e costi. Come è stato nel caso recente di una fornitura che ha comportato per il cliente un significativo abbattimento del costo di produzione: «Si trattava di risolvere un problema particolarmente complesso, che presupponeva anche una notevole capacità dell’operatore:  alesare quattro diametri in un pezzo, già assemblato,  di diametro superiore al foro di entrata, con tolleranza centesimale di perfetta  coassialità e velocità di esecuzione», spiega la Mazzoccato. «Certo, si poteva utilizzare una testina feed out, con un utensile per sottosquadra dedicato, ma in tal caso l’investimento sarebbe stato particolarmente oneroso». Che soluzione ha proposto l’ufficio tecnico della C.R.M.? «Abbiamo sviluppato un portacartucce speciale, smontabile e rimontabile all’ interno del pezzo, corredato da una prolunga con riporto antifrizione da utilizzare per centrarsi sui fori di riferimento. E la lavorazione dei pezzi è stata eseguita con un costo inferiore del 70% rispetto all’utilizzo di una testa dedicata». Non è un caso che importanti clienti, anche a livello internazionale, si affidino al know how di C.R.M  per migliorare la qualità e il valore delle proprie produzioni, generando allo stesso tempo sensibili risparmi economici e di tempo.

Dal vicentino le magie meccatroniche per le più belle fontane del mondo

ARCUGNANO – Fontane con fantasmagorici giochi d’acqua e luci che valorizzano luoghi pubblici e spazi privati: è l’esclusiva eccellenza tecnologica che da vent’anni muove il business della Wed Sistemi, azienda fondata da Luigi Galvanin per sviluppare impianti di trattamento e pompaggio acqua nel settore delle piscine, e oggi diventata una realtà specializzata nella progettazione e produzione di sistemi meccatronici per la realizzazione delle fontane. «Noi realizziamo parti o impianti completi in coerenza con l’aspetto architettonico del progetto della fontana», spiega il responsabile commerciale Giorgio Ferri. «Se la fontana prevede strutture in pietra o altri materiali, noi inseriamo i nostri elementi meccatronici coordinandoli con le parti strutturali. Realizziamo sia le parti meccaniche, usando materiali inalterabili come il bronzo, il rame, l’ottone , l’acciaio inox  e il titanio, sia quella elettronica; per l’illuminazione utilizziamo  in prevalenza fari a led, perché durano di più, hanno possibilità cromatiche diverse e maggior versatilità nella regolazione». Tutto questo è prodotto nello stabilimento vicentino, da una quindicina di addetti, per un fatturato annuo intorno ai 3 milioni di euro, in crescita. «Oggi il mercato è di nicchia e la fontana artistica si inserisce in progetti architettonici di particolare pregio. In Italia è mercato sempre più spinto verso l’alto, con interventi che possono arrivare a valere milioni di euro». E’ il caso dell’ultima realizzazione curata a Milano da Wed Sistemi, una commessa da un milione di euro: la grande fontana che trasforma la piazza Gae Aulenti dell’Unicredit Tower in un luogo magico, creando un nuovo polo di attrazione cittadino. «Da qualche tempo tendiamo a esplorare mercati esteri: l’est Europa, la Russia, il Medioriente, là dove si lavora abbastanza bene anche se adesso anche se crisi è globale.

Con i droni volanti la start up cattura emozioni in movimento

MILANO – Nata otto mesi fa dall’incontro di due ingegneri aerospaziali e un fotografo di moda e pubblicità, OlaFilm è la prima casa di produzione creativa che, utilizzando droni volanti, telecamere ad alta velocità (fino a 100.000 fotogrammi al secondo) e altre tecnologie innovative si è concentrata nella produzione di contributi speciali ad uso cinematografico e pubblicitario col preciso obiettivo di “catturare tutte le emozioni del movimento”, concetto reso molto bene dal loro claim in inglese: “We shoot the e-motion”. Riconoscendo il carattere fortemente innovativo di OlaFilm, la Camera di Commercio di Milano l’ha promossa ”start up innovativa”. Numerosi i contratto importanti già sottoscritti: OlaFilm ha messo a punto progetti e collaborazioni tra le quali il nuovo film di Paolo Virzì, “Il capitale umano” in uscita nel 2014; il cortometraggio “L’arcobaleno e la sposa perduta” per Salvatore Ferragamo con un originale concept diviso in più schermi; l’ultimo videoclip del gruppo Negrita; lo spot televisivo Lasonil per Bayer; la presentazione dell’avveniristico Green Center Eni e quella realizzata per RAI per il nuovo museo “Muse” di Trento progettato da Renzo Piano. Altro punto di forza di OlaFilm è il team: un reparto tecnico di giovani ingegneri aereospaziali dell’automazione e un reparto creativo fatto da una rete di registi, direttori della fotografia, fotografi, creativi e consulenti di marketing opportunamente selezionati per dar vita a progetti che partono dalla creazione di un concept, par arrivare alla realizzazione di video per il cinema, la tv, gli utilizzi corporate, campagne stampa e fotografiche world wide. Dichiara Orlando Salmeri, ceo e socio fondatore: «Olafilm è una casa di produzione capace di emozionare realizzando progetti che partono dallo sviluppo dell’idea creativa alla completa esecuzione tecnica, seguendo con cura ogni fase produttiva».

Con i materiali espansi sinterizzati la newco dà forma al nuovo business

BESANA BRIANZA –  Dai caschi per ciclisti e sciatori agli imballaggi per frigoriferi, fino ai componenti per la produzione di auto, il “parco” prodotti elaborato e lanciato sul mercato dalla Ies – Industria Espansi Sinterizzati è quasi senza limiti. L’azienda brianzola, rinata un paio d’anni fa sulle ceneri di una storia imprenditoriale datata 1961, ha investito in modo significativo nella ricerca & sviluppo, puntando sulla tecnologia di stampaggio di due materiali plastici ampiamente utilizzati ma rivitalizzati nelle diverse applicazioni, come spiega il senior manager Vincenzo Lucisano: «Con il polipropilene espanso (Epp) e il polistirene espanso (Eps) realizziamo manufatti per diversi settori industriali: automotive, arredamento, elettrodomestici, packaging, edilizia, movimentazione. L’innovazione è data dal processo di sinterizzazione: il materiale è caricato in uno stampo e con l’ausilio di vapore viene fuso; le palline si saldano una all’altra fino a ottenere un corpo omogeneo, che diventa il prodotto finito nel formato desiderato». Da una realtà data quasi per morta a una “newco” che già fattura 5 milioni di euro e occupa 35 addetti, il passo è stato breve e vincente, perché è cresciuta enormemente la richiesta di prodotti innovativi con qualità specifiche: «L’automotive richiede questi materiali perché hanno ottime caratteristiche di assorbimento dell’energia e di versatilità nella fabbricazione dei componenti interni», spiega il sales manager Edoardo Clerici. «Siamo stati i primi a proporre un materiale termoplastico formato al settore dell’arredamento, che apprezza il prodotto sinterizzato per ragioni estetiche, di finitura e di sensazione al tatto. Per i comparti dell’elettrodomestico e del condizionamento produciamo invece un’innovazione assoluta, gli chassis, cioè le strutture in cui si alloggiano i componenti interni, eliminando la parte metallica di costruzione dell’apparecchio e conferendo leggerezza, isolamento termico, facilità di assemblaggio». Ma Ies si è lanciata anche nel campo delle termoformature, con la produzione dei caschi integrali da ciclo e da sci e le parti interne dei caschi da moto: «Il 50% del nostro fatturato è generato da questo segmento, dove peraltro siamo presenti con un  nostro brand, il casco Shine per bikers. Ma abbiamo anche realizzato un casco customizzato per Enel, che attraverso un e-commerce vende biciclette elettriche e propone anche i caschi personalizzati».

Sette imprese si aggregano per sviluppare il progetto Puglia Digitale 2.0

BARI – Sotto la guida di Exprivia, società quotata specializzata in information technology, prende corpo il progetto “Puglia Digitale 2.0 ” promosso nell’ambito dei contratti di programma cofinanziati dalla Regione Puglia, insieme a sei piccole e medie imprese del settore informatico. L’iniziativa intende rafforzare e valorizzare il comparto delle aziende produttrici di software aderenti al Distretto dell’Informatica della Puglia, attraverso la realizzazione di una piattaforma web di “servizi digitali” che sarà fruibile dalle imprese, dalla pubblica amministrazione e dai cittadini: il tutto erogando le applicazioni secondo i paradigmi del cloud computing. La piattaforma online, che sarà realizzata in modalità “Software as a Service”, consentirà alla pubblica amministrazione di pagare il software con modalità pay per use, svincolandola dall’obbligo di avere infrastrutture informatiche complesse e costose, di disporre di licenze d’uso aggiornate e, soprattutto, di formare al proprio interno le necessarie competenze specialistiche. Per le imprese saranno proposti i servizi per la gestione innovativa delle organizzazioni e del loro business, attraverso l’accesso ad un catalogo di componenti applicative usufruibili a servizio. L’investimento complessivo per Exprivia è pari a 6,8 milioni di euro, a fronte dei quali la società riceverà un contributo pubblico a fondo perduto fino ad un massimo di 3 milioni di euro. Grazie a questo progetto, Exprivia potrà, da un lato ampliare e perfezionare l’offerta dei servizi per il mobile ticketing dei trasporti locali, già avviata recentemente con la sperimentazione nella città di Bari dei servizi per l’e-government e per l’ambient assisted living, dall’altro approfondire le competenze in ambito cloud che le consentiranno di implementare queste nuove tecnologie sull’offerta del gruppo e, successivamente, le soluzioni e i servizi in ambito pubblica amministrazione e sanità. «Il perfezionamento di questo contratto di programma con la Regione Puglia – ha commentato Domenico Favuzzi, presidente e amministratore delegato di Exprivia – consentirà di rafforzare la nostra proposta di servizi per la Città Digitale 2.0, rendendoli più ricchi, competitivi e, soprattutto, accessibili alle pubbliche amministrazioni di ogni dimensione. Parallelamente, quest’opportunità consentirà di valorizzare la vitalità dell’It pugliese, dando la possibilità ad altre sei pmi di beneficiare di finanziamenti per lo sviluppo economico locale, favorendo la crescita dell’innovazione tecnologica e della competenza informatica delle risorse che verranno coinvolte oltre che l’incremento di nuova e più qualificata occupazione giovanile». In Puglia fino ad oggi sono 36 le domande attive per questo incentivo, prevedono investimenti per 979,3 milioni, di cui 273,1 milioni di agevolazioni concedibili, e stimano 670 nuove unità lavorative.

Per le guarnizioni delle auto l’innovazione ha la forma della schiuma a celle chiuse

SAN BENIGNO CANAVESE – Una cella di produzione completa, con al centro un robot antropomorfo che muove la testa di erogazione e di applicazione della schiuma poliuretanica secondo le indicazioni di lay out del particolare da realizzare: è il sistema Penguin Foam, l’ultima e più importante innovazione lanciata da FT Famat, l’azienda fondata venticinque anni fa da Flavio Vazzoler e oggi detentrice esclusiva (grazie alla partnership con Ceracon) della tecnologia più avanzata al mondo per la guarnizionatura e l’incollaggio di particolari plastici o metallici nel settore dell’industria automobilistica. «Ma anche per elettrodomestici, componenti elettrici ed elettronici, edilizia, in tutti quei comparti produttivi  in cui ai prodotti sono richieste caratteristiche durevoli di affidabilità, comfort e  sicurezza», spiega Vazzoler, che sottolinea come il nuovo sistema si basi su un principio innovativo: «Il vantaggio competitivo  rispetto ai sistemi esistenti è che utilizza una speciale schiuma a celle chiuse, capace di garantire una perfetta tenuta contro acqua, polvere, vibrazioni e rumore, mentre tutte le altre sono a celle aperte. Di conseguenza può sostituire le classiche guarnizioni stampate e non solo. Stiamo infatti sviluppando nuove conoscenze,  quindi prevediamo sviluppi applicativi molto interessanti anche in funzione delle esigenze dei clienti». Penguin Foam è l’ultimo tassello di una strategia che ha sempre visto FT Famat distinguersi per l’avanguardia delle sue proposte tecniche: «Siamo stati i primi al mondo a incollare il paraurti della Brera sul prolipropilene senza alcun tipo di trattamento ed abbiamo sviluppato un sistema innovativo di foratura del paraurti con l’incollaggio diretto dei canotti. Abbiamo appena consegnato le linee per l’assemblaggio e le lavorazioni sui paraurti della nuova Maserati». Un successo costante per una piccola realtà che conta una ventina di addetti, sempre operando nella logica della produzione customizzata su richiesta del mercato: «Il nostro fatturato  è generato in Italia ma le nostre macchine sono in giro per il mondo, nei più importanti siti produttivi mondiali dell’automotive e non solo». Che resta l’ambito trainante ma  non esclusivo, in quanto l’azienda torinese ha avviato la penetrazione nell’industria alimentare, con la messa a punto di impianti per il porzionamento dei prodotti dolciari, e in quella dell’elettronica, dove fornisce macchine per imballaggio e scrittura laser.

Da una piramide d’acciaio spunta l’idea del magazzino salvaspazio

 

SAN GIOVANNI IN CROCE – «Il magazzino inclinato? Un’idea nata per risolvere un problema pratico e di sicurezza, che affligge chiunque lavori in un’officina meccanica: la presenza, disordinata e in genere alla rinfusa, di decine o centinaia di spezzoni di aste, profilati, estrusi e altri semilavorati derivanti dai processi industriali. L’abbiamo testata nella nostra attività, ha funzionato e ora l’abbiamo brevettata lanciandola sul mercato». Essere imprenditori significa, spesso, trasformare le criticità in opportunità: così Fausto Rivetti, fondatore nel 2000 e titolare della cremonese Fma, piccola impresa familiare specializzata in lavorazioni meccaniche e automazioni per diversi settori (oleodinamica, alimentare, agricoltura, medicale, motori elettrici), ha compreso che la soluzione del problema degli scarti poteva aprire una nuova area di business. Presentata in diverse fiere di settore, l’invenzione si rivolge al settore dello stoccaggio e dell’immagazzinamento ordinato di materiale. La struttura piramidale, costituita da cinque moduli a scorrimento e a doppio piano inclinato, è particolarmente indicata per la raccolta e lo stoccaggio organizzato degli spezzoni lineari: «Capita spesso che il materiale di scarto – spiega Rivetti – viene di solito accumulato alla rinfusa, occupando ingenti volumi di spazio e creando spesso cataste di materiale instabile. In genere gli spezzoni sono anche depositati su scaffalature, che nella maggior parte dei casi non presentano dispositivi o accorgimenti per mantenere ordinati e separati tra loro gli oggetti lineari. Oltre a costituire un pericolo, ad esempio in caso di caduta di uno o più spezzoni, uno stoccaggio poco ordinato rende poi molto difficoltosa la successiva cernita degli oggetti stessi e la loro singola estrazione per un eventuale riutilizzo». Geniale nella sua semplicità, l’invenzione di Rivetti migliora l’efficienza del lavoro d’officina e al tempo stesso garantisce un pieno rispetto delle condizioni di sicurezza. Niente male, per una realtà a conduzione familiare, che ha cominciato a presentarsi su qualche mercato estero e ha chiuso il 2012 con circa mezzo milione di euro di fatturato.

 

E’ un’invenzione italiana il morsetto “intelligente” per quadri elettrici

PADERNO DUGNANO –  «Siamo i primi al mondo ad aver studiato e lanciato sul mercato una gamma di morsetti con spessore di 5,1 millimetri, la “Give MI five one”, mentre tutti gli altri produttori li fanno di 6 millimetri. Questa è la nostra missione: aggiungere “intelligenza” a un prodotto semplice come il morsetto, facendo guadagnare spazio all’utilizzatore, una delle esigenze primarie del settore industriale»: Filippo Codara, general manager della Morsettitalia, presenta così la novità tecnologica sfornata dall’azienda nata quarant’anni fa come produttrice di componenti di connessione. «Oggi siamo attivi a livello globale, con una tripartizione del nostro fatturato (circa 5 milioni di euro, in crescita del 10% nel 2012, n.d.r.) tra mercato italiano, europeo e statunitense. Riusciamo a reggere la concorrenza orientale perché trasformiamo il morsetto in un componente che fornisce prestazioni». Ad esempio, la riduzione dello spessore aumenta la densità lineare in un quadro elettrico, che diventa più piccolo e ottimizza lo spazio occupabile. E’ a questo livello che si focalizza l’investimento in ricerca e sviluppo della Morsettitalia e la sua competitività sul mercato, anche di fronte ai grandi produttori asiatici: «Tre anni fa, durante una fiera in Germania, abbiamo conosciuto un nostro competitor che ha l’ufficio a Taiwan e la fabbrica a Shenzhen, dove nell’ufficio tecnico operano 120 ingegneri. Noi siamo in 15. Mi ha mostrato un componente che produceva su commissione di una multinazionale tedesca. Gli ho fatto i complimenti perché era veramente un gioiellino. Il problema, per lui, era che non sapeva perché glielo avessero fatto realizzare in quel modo. Da quel giorno ho capito quale fosse la nostra unicità: noi sappiamo il perché, abbiamo know how ed esperienza. Allora abbiamo deciso di tenerci stretto questo “perché” e puntare tutto sulla nostra capacità di dare soluzioni innovative alla grande domanda del nostro tempo: come risparmiare spazio, tempo e soldi».

Con le punte speciali a carotare si producono le gole frontali più complesse

FINO MORNASCO – «Oggi è possibile risparmiare fino al 30% sui costi di produzione. Come? Ottimizzando l’attività delle macchine utensili e dotandole di tools speciali che ne consentono un impiego più efficiente e produttivo»: Antonella Mazzoccato, socia della C.R.M. di Mazzoccato & Figli, piccola realtà produttiva del comasco che progetta e produce utensili speciali per lavorazioni ad asportazione di truciolo, spiega così il know how e quindi il successo di un’azienda votata a risolvere i problemi delle imprese meccaniche. «Per noi innovare vuol dire affiancare il cliente e privilegiare il lato tecnico sempre e comunque». Un esempio? «Un nostro cliente del settore petrolchimico doveva gestire la lavorazione di una gola frontale particolare. In genere, se è possibile adottare una modalità standard, la punta a carotare è la soluzione migliore. In un’unica passata si riesce a ottenere la gola finita. Dove sussistono però dei vincoli dovuti alla rigidità del tornio o del centro di lavoro, oppure al materiale da lavorare, per l’esecuzione di gole di una certa dimensione si possono usare punte dedicate. Molto importante è in questo caso la quantità di lubrorefrigerante che si riesce a portare in zona di lavoro». In che modo l’ufficio tecnico di C.R.M. ha risolto il problema? «Sviluppando una punta speciale utilizzata sia per sgrossare sia per finire, eliminando così un costoso  cambio utensile. Dietro l’apparente semplicità c’è la complessità di dimensioni particolari e totalmente dedicate allo specifico processo produttivo. Ciò ha consentito al nostro cliente – un’azienda meccanica in continua ascesa sul mercato europeo – di operare su misure ragguardevoli per la produzione di diverse gole frontali: una zona di lavoro fino a 200 millimetri di diametro massimo, larghezza di taglio radiale di 30 millimetri e profondità di lavoro di 150 millimetri», spiega la Mazzoccato. Che conferma così la particolare vocazione della sua azienda a porsi quale partner tecnico molto affidabile e creativo, per aziende che operano anche ben oltre i confini nazionali.

La pressofusione abbatte i costi e alza la qualità con la visione elettronica

LUISAGO – «Sono stato il primo ad introdurre in Italia un robot antropomorfo  per la pressofusione, circa venticinque anni fa. Da allora continuo ad investire nella ricerca e nell’innovazione, puntando tutto sul nostro know how, sulla capacità di co-progettare insieme al cliente e sulla rapidità nel rispondere alle commesse»: così Rodolfo Cremasco racconta con orgoglio quale sia l’impegno costante speso nello sviluppo di tecnologie sempre più avanzate, tali da permettere alla Cremasco Matteo, piccola impresa comasca di 21 dipendenti attiva nel settore della pressofusione di alluminio per la produzione di componenti meccanici (ad esempio teste e parti per motoseghe, tosaerba e motozappe, elementi di arredo come giunti per scrivanie, piedini per cucine e tavoli), di competere con successo sul mercato globale, dove la concorrenza dalla Cina e dall’est Europa è fortissima e centrata sul prezzo sempre più basso. Fondata negli anni ’60 da Matteo Cremasco, padre di Rodolfo, l’azienda dà avvio alla sua storia con un aneddoto curioso. Il futuro imprenditore Matteo era dipendente di un’azienda di pressofusione dalla quale, a seguito di un diverbio avuto con il genero del titolare, fu licenziato. Come buonuscita, anziché una somma in denaro, Matteo chiese una macchina utensile e insieme a un socio iniziò a produrre in proprio. Fin da principio, la Cremasco Matteo si caratterizzava per un elevato interesse nelle tecniche di automazione, come quelle implementate dalla Kawasaki. Proprio grazie alle migliorie apportate dal colosso giapponese, l’azienda comasca ha appena introdotto nuovi robot dotati di visione elettronica, che individuano e afferrano autonomamente i pezzi sul nastro trasportatore e procedono con l’operazione di sbavatura, ovvero la rimozione delle piccole asperità presenti sulla superficie del metallo. «La funzionalità della telecamera – specifica Rodolfo Cremasco – comporterà costi più contenuti di dime per il prelievo e per il posizionamento del pezzo, oltre che influire positivamente sulla qualità dei nostri prodotti». Grande attenzione viene dedicata anche all’impatto ambientale: «investiamo il 7% del fatturato in soluzioni e strumenti che aumentino l’ecosostenibilità della nostra produzione. Già nel 1995 avevamo installato l’impianto per l’aspirazione dei fumi e per la depurazione delle acque, riducendo a zero le emissioni nocive. Inoltre – continua Cremasco – circa il 20% del nostro approvvigionamento energetico attuale proviene da un impianto fotovoltaico». Nessuna previsione per il futuro, visto che si lavora a vista, ma la consapevolezza di riuscire a tenere: «Nonostante la recessione, in questi ultimi anni il nostro fatturato è rimasto stabile intorno ai 6 milioni di euro, di cui il 40% per l’export in ambito Ue».

Una torcia al plasma atmosferico per conservare i beni culturali

PADOVA – Promette di rivoluzionare il mondo del restauro dei beni culturali, la torcia al plasma che consente di recuperare opere artistiche e archeologiche senza l’impiego di agenti chimici. Il prototipo, presentato ad Anversa, è stato ideato nell’ambito del progetto europeo Panna (che annovera tra i suoi partner Veneto Nanotech, l’Istituto di chimica inorganica e delle superfici del Cnr, il Rathgen Research Laboratory di Berlino e l’Artesis University College di Anversa) ed è stato realizzato da Nadir, azienda veneta specializzata nella consulenza e nel trasferimento di tecnologia. La torcia, che potrà essere impiegata sia in modo complementare che alternativo a tecniche più tradizionali per la pulitura delle superfici (marmi, affreschi), si potrà usare anche su materiali sensibili alla temperatura e permetterà anche di controllare la velocità di erosione a livello nanometrico, rimuovendo in modo selettivo le sostanze organiche rispetto alle inorganiche. La verifica da parte dei commissari della Comunità europea è stata un successo e ora il progetto proseguirà verso l’ulteriore validazione e la disseminazione dei risultati ottenuti, con l’obiettivo finale di industrializzare il prototipo.

Un investimento da 1,4 milioni per avere il miglior taglio laser sul mercato

ALSERIO – «In tempo di crisi si deve continuare a investire per migliorare l’organizzazione, la cultura tecnica e la capacità produttiva, altrimenti il declino è irreversibile. Noi vogliamo restare competitivi e crescere, come abbiamo fatto in questi anni, anche a fronte di margini di guadagno sempre più risicati»: parla a ragion veduta Giulio Frigerio, amministratore della comasca Gatti & Frigerio, azienda specializzata in lavorazioni conto terzi di carpenteria leggera principalmente in acciaio inox (90%), che con i suoi servizi di taglio laser, piegatura e saldatura (robotizzata e manuale) su tubi e lamiere, impiega oggi una settantina di dipendenti in due unità produttive, per un fatturato annuo intorno ai 7 milioni di euro. Per sostenere il proprio vantaggio tecnologico sul mercato, frutto di metodologie esclusive e dell’introduzione del sistema di lean production, Frigerio annuncia l’inserimento in azienda dal prossimo autunno di una nuova macchina per il taglio laser di tubi in rame e ottone, per un investimento complessivo di un milione di euro, che segue un precedente investimento da 400mila euro per un’altra macchina di taglio laser per lamiera. «Ciò che ci distingue dai concorrenti non è tanto disporre del taglio laser, che ormai è abbastanza diffuso, ma poter produrre volumi più importanti e con una velocità di esecuzione molto più rapida rispetto agli altri contoterzisti, che hanno dimensioni aziendali più piccole», spiega Frigerio, che dal ’77 guida l’azienda fondata nel ’61 da uno zio. Oggi la Gatti & Frigerio è leader in Italia nella produzione di scaffalature metalliche utilizzate da laboratori di ricerca scientifica e medica (80% del fatturato), grazie al rapporto storico con la Tecniplast Gazzada che, nel frattempo, da cliente principale è diventata socio di capitale. «In ogni caso i nostri clienti di questo settore lavorano tutti per l’estero». L’altro ambito produttivo è quello dei componenti d’arredo per i pubblici esercizi, che ha anche portato a una fornitura rilevante per un colosso dell’abbigliamento svedese. «Vogliamo continuare a essere i migliori contoterzisti sulla piazza, perché è la nostra vocazione; grazie a questa scelta, stiamo superando senza grandi problemi anche questo momento così difficile, allargando i nostri orizzonti commerciali».

In un pannello “magico” nanotecnologico c’è il futuro dell’illuminotecnica

TRIESTE – C’era anche Heliv Group, accanto a colossi come Diesel, YKL e  Swarovsky Elements, tra le aziende in vetrina all’International Talent Support di Trieste, la due giorni di concorso creativo che ha visto a confronto i migliori cervelli artistici da lanciare nell’Olimpo del fashion, selezionati tra mille scuole  di ottanta diversi Paesi. In un contesto zeppo di moda, libertà espressiva e sponsor altisonanti (Swatch, Yoox, L’Oreal, Vogue…)  spiccava il pannello luminoso della start up veneziana, che ha scelto l’edizione 2013 di Its per lanciare ufficialmente il suo innovativo brevetto nanotecnologico per l’illuminazione: un pannello di 6 metri di lunghezza per 2,5 di altezza fa da cornice alla pedana delle sfilate con grafiche appositamente studiate per l’evento. Grazie a un sistema di attivazione collegato all’impianto luci della sfilata, i presenti possono apprezzare la particolarità della realizzazione che muta di colori e trasparenze a seconda dell’intensità della luce sul palco.  Si tratta della prima applicazione di “light in trasparency”, una lastra anche di grandi dimensioni in grado di diventare luminosa in modo diffuso mantenendo la piena trasparenza o, in modo selettivo, di assumere trasparenze di diverse cromie. Enormi gli effetti che una simile innovazione porterà nei vari mercati, dalla  moda all’arredo, dall’illuminotecnica all’edilizia, dalla comunicazione pubblicitaria fino all’automotive.  «Con la nostra innovazione sarà possibile realizzare una serie di prodotti di nuova generazione come, ad esempio, lastre di vetro o plexiglas per porte, finestre, pareti divisorie, lampade e complementi d’arredo che potranno restare pienamente trasparenti oppure, all’occorrenza, diventare elementi illuminanti con tonalità in tinta unita o grafiche variamente colorate riproducenti loghi aziendali o messaggistica di vario genere», ha affermato Stefano Maberino, managing director di Heliv Group. «Se con il design vogliamo intendere qualcosa di nuovo, di inesplorato, in grado di rivoluzionare una percezione e cambiare una tendenza, noi riteniamo con questo progetto di  aver portato valore aggiunto al mondo dell’illuminazione in tutte le sue applicazioni».

Debutta in Italia il sistema antincendio più sicuro per i data center

 

PASIAN DI PRATO – InAsset è la prima azienda italiana ad applicare ai data center la tecnologia N2Firefighter® di Isolcell Italia SpA, che crea un’atmosfera autoestinguente che previene qualsiasi tipo di combustione. Il case study è stato tra i finalisti del “Data Center Solutions Awards 2013”. La prevenzione incendi è una priorità per chi custodisce fisicamente grandi quantità di dati e, a maggior ragione, lo è per InAsset, azienda udinese che gestisce un data center di 1.800 metri quadrati che fornisce servizi di hosting, housing, backup e disaster recovery per centinaia di aziende clienti. InAsset è sempre attenta a ricercare soluzioni innovative e con molte delle proprie risorse impegnate in ricerca e sviluppo; da questa attitudine deriva la decisione di applicare alle proprie strutture N2Firefighter®, il sistema che previene gli incendi grazie alla tecnologia di atmosfere generate e controllate andare oltre le normali attività di rilevazione e spegnimento. Spiega Manuel Pascolat, vicepresidente e amministratore delegato di InAsset: «Invece di intervenire per spegnere l’incendio una volta che questo si è sviluppato, con N2Firefighter® viene modificata la composizione dell’atmosfera della sala, immettendo azoto e riducendo così la percentuale di ossigeno sotto il 15%; un livello che consente comunque a chi lavora di entrare nella sala senza pericoli ma non permette alla fiamma di crearsi». InAsset è l’unica azienda in Italia e una delle prime al mondo ad applicare ai data center una tecnologia che va oltre il concetto di “sistema antincendio”: «Quelli tradizionali – spiega ancora Pascolat – entrano in azione quando l’incendio è già in atto e tentano di limitarne i danni, mentre N2Firefighter® annulla completamente la possibilità che l’incendio si inneschi». Quella dell’atmosfera modificata e controllata è una tecnologia già utilizzata nei magazzini per l’industria ortofrutticola per rallentare il deterioramento dei prodotti. Non a caso il fornitore di N2Firefighter® è Isolcell Italia SpA, un’azienda leader nel settore delle atmosfere modificate e controllate di Laives (Bolzano), con 56 anni di esperienza nella costruzione di impianti.

 

Forgiato a Brescia lo chassis d’alluminio per il super pc delle università italiane

POLAVENO – Anche una piccola azienda metalmeccanica del bresciano ha partecipato alla realizzazione  del supercomputer più efficiente e più “green” mai costruito in Italia: la Elmec ha infatti fornito alcuni componenti speciali in alluminio impiegati nello chassis del maxielaboratore realizzato da Eurotech e Nvidia per il Cineca, il consorzio di ricerca formato da 54 università italiane. «Siamo orgogliosi di aver contribuito al “confezionamento” di questo super pc, che ha un’efficienza energetica superiore del 30% rispetto agli altri elaboratori top utilizzati nel mondo», spiega Giovanni Palini, general manager della società fondata una trentina d’anni fa e oggi specializzata nella produzione di chassis, interfacce e contenitori per apparecchiature elettroniche. L’azienda, che oggi occupa una quarantina di addetti e ha chiuso il 2012 con un fatturato di circa 5 milioni di euro, ha rafforzato negli anni la sua vocazione seguendo l’espansione del settore dell’automazione industriale, fino a sviluppare tipologie costruttive per diversi altri ambiti, dalle telecomunicazioni al sistema ferroviario, dall’elettromedicale alla  domotica, «tutti quei settori dove si applica l’elettronica per gestire e automatizzare processi e dove è necessario fornire “carrozzerie” molto customizzate per applicazioni speciali». Così oggi può annoverare tra i suoi clienti compagnie come Alstom, Bombardier, Trenitalia, Exor e Gefran. Punto di forza di Elmec è la capacità di differenziazione e specializzazione, aggiunge Palini: «Come altri, anche noi abbiamo a che fare con lavorazioni di metallo, in particolare l’alluminio, ma in realtà siamo fornitori evoluti dei produttori di elettronica e software, perché sappiamo far dialogare terminologie e competenze meccaniche con quelle elettroniche». Di Elmec hanno iniziato ad accorgersi anche operatori esteri, tanto che l’azienda bresciana ha avviato la sua internazionalizzazione: «Siamo sbarcati in Germania e stiamo penetrando bene anche in Bulgaria, che è un mercato in forte crescita per il settore del broadcasting e delle telecomunicazioni». Accanto al forte know how e alla capacità di supporto al cliente per la progettazione meccanica, tra gli sviluppi più recenti dell’attenzione di Elmec al mercato c’è quello del design: «Abbiamo già attivato alcune collaborazioni con studi di design industriale e possiamo quindi fornire un supporto specialistico sin dalle fasi iniziali del concept progettuale, conformando l’aspetto estetico alle esigenze di qualità, robustezza e affidabilità delle strutture meccaniche».

Nel “Vivaio d’imprese” il non profit aiuta i giovani a creare start up

CASTELFRANCO VENETO – Coinvolgere gli studenti degli ultimi anni delle superiori. Fare un’indagine sulle “idee imprenditoriali” che hanno e dedicare gli ultimi mesi di scuola a istruirli su come metterle in pratica: normative, analisi di mercato, ricerca dei clienti e avvio, retribuzione compresa. Supportarli durante l’estate nella produzione e nella realizzazione dei loro obiettivi imprenditoriali, perché possano diventare già a settembre protagonisti di un’azienda autonoma e costruita con le loro mani. Questo fa il progetto “Vivaio di Imprese”, rovesciando il principio classico dell’alternanza scuola-lavoro per renderlo opportunità interna alla stessa, trasformabile in un lavoro concreto, costruito fin dalle fondamenta dagli studenti. E in tutta Italia già si contano oltre cento esperienze imprenditoriali nate nell’ambito di questo progetto. La Cooperativa N.O.I – Nuovi orizzonti informatici, coop sociale di tipo B attiva nell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, è tra i principali protagonisti del progetto “Vivaio di Imprese”, iniziativa promossa e finanziata dalla Provincia di Treviso, che vede come capofila l’Istituto Cavanis “Collegio Canova”, e sostiene il progetto con l’attività di servizi informatici di cui è specialista. L’idea di partenza è di creare un incubatore di imprese per giovani neodiplomati e neolaureati: dopo anni di tirocini formativi nelle aziende, ora saranno le aziende ad entrare nella scuola. Si vuole dare vita a nuove idee, sviluppando cantieri-scuola, per l’appunto, in cui l’innovazione e la creatività giovanile possano dar luogo a vere e proprie imprese destinate a diventare operative sul territorio. «In particolare – dichiara Riccardo Miotto, responsabile del progetto per la Cooperativa N.O.I. – attiveremo collaborazioni al servizio di data-entry e il tutoraggio destinato a formare i ragazzi degli ultimi anni della scuola superiore e neolaureati sui vari step costitutivi di un’azienda. Dalla conoscenza delle normative, all’analisi di mercato fino alla programmazione commerciale, alla ricerca attiva di clienti e alla produzione, infatti, i giovani coinvolti verranno resi totalmente autonomi, in grado di gestire un’azienda e renderla auto-sostenibile, comprese le retribuzioni. Non si tratta di una simulazione bensì di un vero e proprio percorso sperimentale di impresa, che dopo un periodo di incubazione già all’interno della scuola, diventerà operativo in estate, con l’inserimento di studenti da protagonisti nel mondo del lavoro».

Con la saldatura a frizione si fabbricano gli alberi motore più resistenti sul mercato

MONTECCHIO MAGGIORE – Riuscire a chiudere il bilancio in utile di questi tempi non è cosa da tutti, ma per la Meva, torneria meccanica di precisione nata negli anni ’70 (allora come Fratelli Vantin), il mercato continua a dare segnali positivi, con un esercizio 2012 chiuso a 2,5 milioni di euro di fatturato. Quale la chiave del successo? «Già da vent’anni utilizziamo la tecnologia della saldatura a frizione, che non implica l’apporto di materiali di saldatura ma avviene per riscaldamento di due elementi d’acciaio che rammolliscono per effetto dell’attrito e si compenetrano in modo uniforme», spiega Dioniso Saccardo, amministratore della società vicentina. «Le aziende italiane che hanno adottato questa tecnologia si contano sulle dita di una mano, anche perché è destinata ad applicazioni speciali: nel nostro caso, la lavorazione di alberi motore e meccanismi per l’automazione, destinati anche al trasferimento e alla gestione di fluidi aggressivi, come ad esempio i lubrorefrigeranti utilizzati in certe macchine utensili». Così, nel reparto tecnico della Meva, che conta in totale su 18 addetti, la lavorazione effettuata con la saldatura a frizione garantisce un’elevata resistenza alla corrosione e il buon rendimento del motore elettrico, di solito costruito in acciaio al carbonio o ferromagnetico, garantendo risparmio nei costi, efficienza cinematica e resistenza chimica. Molteplici le applicazioni e le produzioni che si avvalgono di questa specializzazione: «Collaboriamo con aziende specialiste nella produzione di pompe e gruppi a controllo elettronico, automatici e a pressione per diversi impieghi in ambito civile, industriale, agricolo e per l’edilizia», aggiunge Saccardo. Che evidenzia anche i forti investimenti sostenuti per innovare il processo produttivo: «Dal 2010 abbiamo implementato il sistema di controllo e misura, anche in 3D, per offrire un prodotto con rapporti dimensionali garantiti; abbiamo anche avviato il processo di lean manufacturing per minimizzare gli sprechi».