Nell’anno della crisi l’export manifatturiero lombardo è cresciuto del 13%

Le imprese guardano all’estero per superare la crisi: cresce del 13%, infatti, l’export lombardo in un anno. Complessivamente l’interscambio commerciale della Lombardia vale oltre 170 miliardi di euro, con i primi dieci mercati di riferimento per l’export che, oltre ai Paesi europei, comprendono gli Stati Uniti (con le esportazioni che valgono oltre 4 miliardi di euro) e la Cina (2,2 miliardi di euro). I settori delle imprese lombarde manifatturiere che “corrono” all’estero sono quello dei macchinari (con 15,3 miliardi di euro vale circa il 20% del totale dell’export manifatturiero lombardo), seguito dall’industria dei metalli (14,1 miliardi, 18,8%), dai prodotti tessili (7,7 miliardi, 10,3%) e dalla chimica (7,6 miliardi, 10,2%). Milano esporta 27,5 miliardi di euro, seguita da Brescia (10,1 miliardi), che in un anno cresce di più con le sue esportazioni rispetto alla media lombarda (+19,9%), così come Monza e Brianza (+15,8%). L’export come risposta alla crisi: per un’impresa lombarda su tre è importante individuare nuovi mercati per i propri prodotti per affrontare la crisi e il 12% ritiene necessario capire le opportunità dei mercati esteri. È quanto emerge da un’elaborazione dell’Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza su dati Istat-Coeweb e dalla indagine “Crisi e impresa – 2012” condotta dalla Camera di commercio di Monza e Brianza che ha coinvolto circa un migliaio di imprese lombarde.

Coordinamento per il manifatturiero: serve un vero impegno governativo sul fronte del sostegno all’export

ROMA  – Meno poltrone e più servizi per l’export. Un combattivo slogan coniato per le rappresentanze estere dell’Italia, dal Coordinamento per il Manifatturiero (che raggruppa otto realtà associative: Amafond, Anima, Assocarta, Assofond, Assomet, Confindustria Ceramica e Andil, Federacciai e Unacoma) all’indomani di due notizie di sicuro interesse: le industrie italiane crescono nell’export e il vecchio Ice rinasce con buone intenzioni. «L’Ice poteva presentare molti difetti – che sicuramente dovevano essere migliorati – ma rappresentava l’unico strumento che il nostro Paese poteva fornire alle piccole e medie imprese per internazionalizzarsi – commenta Piero Starita, presidente di Amafond – Ora il Governo deve provvedere a una rapida riattivazione dell’agenzia che sostituirà il soppresso Ice con una dotazione adeguata di risorse sia in termini di budget che di personale addetto. La situazione di incertezza e di stallo che si protrae da luglio 2011 sta mortificando e disorientando le imprese sul fondamentale fronte dell’esportazione che per il nostro settore rappresenta oltre il 70% del nostro fatturato». L’Italia esporta. E lo fa bene. Indiscusso il successo del 2011: nel solo mese di dicembre 2011, l’apporto netto dell’export al Pil nazionale è stato in termini reali di 1,5 punti. La crisi italiana e il drammatico calo della domanda interna impone più attenzione verso i mercati esteri e, dunque, verso le nuove scelte governative. Il Coordinamento per il Manifatturiero raggruppa le imprese dei settori dell’industria manifatturiera di base: carta, ceramica e laterizi, fonderie e macchine per le fonderie, metallurgia non ferrosa, acciaio, macchine agricole e meccanica, con un fatturato complessivo di circa 167 miliardi, 615 mila addetti e 4536 imprese. «I nostri associati stanno spingendosi verso l’export ancora con più impegno e determinazione di prima. Anche le piccole e piccolissime si rendono conto che solo un export stabile e geograficamente diversificato può assicurare crescita e futuro».

Ricambio ai vertici del Gisi, l’associazione delle imprese di strumentazione e automazione

MILANO – Sebastian Fabio Agnello, responsabile europeo della SMC Italia Spa, è stato eletto presidente del Gisi, l’associazione delle imprese italiane di strumentazione e automazione, per il triennio 2012-2014.  Agnello, che succede a Fiorenzo Foschi, diventa il più giovane presidente nella storia del Gisi e ha così commentato: «Sono convinto che in questi anni difficili l’associazionismo, la condivisione delle competenze, il creare sinergie tra le nostre diverse realtà e la stessa passione per il lavoro che ci anima, siano tra i mezzi più importanti che abbiamo per sviluppare il mercato e il sistema Paese. Agnello ha sottolineato anche la volontà di impegnarsi per «consolidare ed estendere la platea dei servizi e rendere l’associazione sempre più un punto di riferimento per le imprese del settore», che in Italia vale circa 3 miliardi di euro di fatturato all’anno. Oltre ad Agnello entrano nei nuovi organi sociali il vicepresidente Claudio Bertoli (Ametek Srl), il tesoriere Fiorenzo Foschi (ABB SpA Process Automation), i consiglieri Raffaele Calcagni (Ascon Tecnologic Srl), Lino Ferretti (Emerson Process Mgt Srl), Piergiorgio Giovane (Tecnova HT Srl), Roberto Gusulfino (Endress+Hauser SpA), Angelo Colombo (Elettrotec Srl) e Daniele Pennati (Siemens SpA); revisori dei conti
sono stati eletti Rocco Barbieri (Rockwell Automation Srl), Claudio Caroli (A.T.C. Srl) e Michele Vasconi (TE.MA. Srl).

Allarme Ucimu: solo l’estero tira gli ordinativi di macchine utensili

MILANO – Nel quarto trimestre 2011 l’indice degli ordini di macchine utensili, elaborato dal centro studi di Ucimu-Sistemi per produrre, segna un calo del 12,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, per un valore assoluto pari a 95,1, comunque tra i più alti registrati negli ultimi tre anni. Nonostante il rallentamento evidenziato in chiusura d’anno, l’indice medio degli ordini raccolti dai costruttori italiani nel 2011 registra un incremento del 12,8% rispetto al 2010, per un valore assoluto pari a 93, il più alto messo a segno nell’ultimo triennio. Il risultato di questa ultima rilevazione, dopo sette trimestri consecutivi di incremento, è dunque imputabile al fatto che esso si confronta con un periodo particolarmente positivo, come conferma l’indice assoluto del quarto trimestre 2010 che raggiunse quota 108,6. Da un’analisi più approfondita dei dati, emerge una sempre maggiore discrepanza tra i riscontri provenienti dal mercato interno e quelli dall’estero. Su base annua, l’indice degli ordini raccolti dai costruttori sul territorio nazionale segna un calo dell’11,9% (per un valore assoluto pari a 55,2). Di contro, l’indice degli ordinativi esteri registra un incremento del 20,9% rispetto all’anno precedente (per un valore assoluto pari a 116,3). Con riferimento ai mercati stranieri, secondo l’ultima rilevazione effettuata dal centro studi Ucimu a partire dai dati Istat, nel periodo gennaio-ottobre 2011 principali mercati di sbocco dell’offerta italiana di macchine utensili sono risultati: Cina (+11,5% rispetto ai primi dieci mesi del 2010), Germania (+55,9%), Stati Uniti (+104%), Brasile (+60,2%), Francia (+20,1%), India (+13,5%), Russia (+16,3%), Turchia (+59,2%), Polonia (+42,3%), Spagna (+16,3%). «Alla luce di questi dati – ha affermato Giancarlo Losma, presidente Ucimu-Sistemi per produrre – non crediamo che il rallentamento registrato in questo ultimo trimestre sia preludio a una nuova fase di difficoltà. Attualmente non esistono elementi che possano decretare l’inversione di tendenza e dunque l’avvio di un nuovo ciclo negativo per l’industria italiana costruttrice di macchine utensili, robot e automazione. Al contrario un dato su tutti dimostra il livello di operatività che caratterizza le imprese del settore: l’indice di capacità produttiva che, nel quarto trimestre dell’anno, ha sfiorato quota 80%. Certo – continua Losma –  il contesto ancora piuttosto instabile non ci rende completamente tranquilli ma l’auspicio è che le misure adottate dall’attuale Governo, con il decreto Salva Italia prima e con quello Cresci Italia, possano portare i loro frutti». Il presidente ha anche sottolineato «l’ampliarsi del divario tra i risultati raccolti dai costruttori presso gli utilizzatori italiani e stranieri. La continua e ormai cronica riduzione degli ordini raccolti sul mercato interno non è direttamente collegabile al ridimensionamento del consumo domestico che, in parte, ha semplicemente mutato le proprie esigenze, preferendo prodotti standard e di fascia media». Da qui la decisione dei costruttori di rivolgere la propria offerta, di alta tecnologia a forte customizzazione, all’estero ove i margini sono più premianti, a fronte però di un necessario incremento della attività di ricerca e innovazione indispensabile per mantenere il passo dei concorrenti stranieri. «D’altra parte la crescente attività sui mercati stranieri – conclude Losma –  così come testimonia la propensione all’export delle imprese del settore cresciuta negli ultimi quattro anni di oltre dieci punti percentuali (fino a oltrepassare quota 67%), ci impone di sollecitare la ricostituzione dell’Istituto nazionale per il commercio estero, auspicando che gli organi decisori del nuovo ente siano costituiti da persone realmente competenti in materia di internazionalizzazione».

Partite Iva italiane: poco aperte all’innovazione nei servizi on line

ROMA – Tra agosto e dicembre 2011 Fattura24 (prima soluzione open source italiana che permette di gestire i propri documenti contabili sul web) ha condotto su un campione eterogeneo di oltre 10mila partite Iva italiane un indagine volta a verificare la predisposizione all’innovazione da parte di professionisti, lavoratori autonomi e piccole e medie imprese, in particolare riguardo all’utilizzo dei servizi on line di fatturazione elettronica e condivisione documentale. Dall’indagine è emerso che il 79% degli intervistati gestisce i documenti contabili localmente sul proprio personal computer utilizzando nel 44% dei casi i pacchetti Office preinstallati. Il 35% circa utilizza strumenti contabili appositi e soltanto l’1% ha tentato la strada dell’innovazione passando a soluzioni on line. «L’indagine ha confermato lo scenario atteso – spiega Salvati Patrizia, Ceo di Fattura24 – nonostante il dilagare di Internet  e dei servizi on line. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il principale  ostacolo all’innovazione non sembra legato alla resistenza al cambiamento ma alla scarsa preparazione tecnica che non permette di valutare complessivamente costi, benefici e rischi delle soluzioni più innovative». Infatti alla domanda «Per creare e gestire le sue fatture utilizzerebbe un servizio di cloud computing ?», il 54% del campione ha risposto che non conosce cosa siano i servizi cloud e il 12% che non si fida. Per condividere i documenti con il proprio commercialista, la maggior parte del campione ha dichiarato di consegnarli personalmente, il 40% utilizza le email mentre il 13% li spedisce via fax. Modesto anche l’utilizzo della Pec, la posta elettronica certificata: il 54% ritiene che non serva per inviare e ricevere le fatture mentre soltanto l’11% la utilizza sempre. Un esito sconfortante? Non necessariamente. Dall’indagine emerge che il 47% degli intervistati infatti è consapevole che i servizi di fatturazione on line saranno il futuro e un altro 24% pone dei quesiti sulla sicurezza che una volta chiariti permetteranno alle partite Iva italiane di introdurre soluzioni innovative nella gestione quotidiana del proprio business.

Assolombarda: nuove rotte globali per il 60% delle imprese milanesi

MILANO – Il 60% delle imprese dell’area milanese è attiva sui mercati esteri: un esercito di pmi (il 70% delle imprese internazionalizzate ha meno di 50 dipendenti) che per la maggior parte opera nel settore manifatturiero, in particolare nei comparti meccanico (17%), chimico-farmaceutico/gomma (16%), elettronico (12%) e metallurgico (12%). Riguardo la distribuzione geografica, le imprese stanno proseguendo lungo un percorso, tracciato con particolare vigore negli anni di crisi, che le porta a prestare sempre maggiore attenzione verso nuovi mercati di sbocco, soprattutto extraeuropei. Una strategia di diversificazione – molto più diffusa che nella media nazionale – che dimostra la rapidità di reazione delle imprese milanesi di fronte ad una crisi di domanda dell’eurozona che, in questi anni, le ha messe a dura prova. Sebbene anche nel 2011 l’epicentro delle attività sui mercati esteri è localizzato in Europa (Francia, Germania e Spagna) si avvicinano alle prime posizioni, grandi mercati lontani – come gli Usa, la Cina e il Brasile – ma anche altri più in orbita europea, come Russia e Turchia: paesi verso i quali si concentrano le intenzioni di sviluppo per i prossimi tre anni delle nostre imprese. Questi i principali risultati che emergono dall’indagine sui processi di internazionalizzazione delle imprese dell’area milanese, condotta dal centro studi e dall’area mercato impresa di Assolombarda su oltre tremila imprese associate, presentata a Milano nel corso del convegno «Mercati esteri: scenari economici e politici e il posizionamento delle aziende dell’area milanese», promosso in collaborazione con Ispi e al quale è intervenuto anche il presidente del Senato Renato Schifani.  «Nella situazione attuale caratterizzata da una crisi della domanda interna, l’internazionalizzazione rappresenta un veicolo fondamentale per le nostre pmi», ha sostenuto il presidente di Assolombarda Alberto Meomartini, «e la crescita impetuosa nei Paesi emergenti, in particolare nei Brics, offre un’opportunità che non deve essere dispersa. Questo implica da parte delle nostre aziende la capacità di saper adattare, con la dovuta flessibilità, le loro strategie d’internazionalizzazione alla mutevole geografia economica. E in quanto a prontezza di riflessi le aziende milanesi hanno dato un’ottima prova: l’export verso i paesi extra-UE è arrivato, in tempi recenti, a sfiorare il 60% delle esportazioni globale».

Stime Prometeia per i settori industriali: crescita rallentata fino al 2013

MILANO – L’Industria italiana, grazie ai buoni risultati ottenuti nella prima parte dell’anno, potrà chiudere il 2011 con una crescita del fatturato a prezzi costanti dell’1,3%. Il dato è comunicato da Prometeia, società specializzata nella ricerca e analisi macroeconomica, e da Intesa Sanpaolo, durante la presentazione della ricerca “Analisi dei settori industriali . ottobre 2011”, lo scorso 8 novembre a Milano. La crescita è dovuto principalmente all’espansione delle aziende italiane nei nuovi mercati internazionali. Infatti la propensione all’export del manifatturiero italiano salirà al 39% nel 2011 (nel 2008 ero al 36%). Un dato simile risale alla svalutazione della lira negli anni 90. Il rapporto presentato mette in testa alla classifica dei settori con le migliori prospettive di crescita, per il biennio 2012 -2013, i produttori dei beni d’investimento: meccanica, elettrotecnica e prodotti in metallo, oltre alla farmaceutica. La meccanica si è dimostrata più attiva nel processo di riposizionamento nei paesi a maggior crescita come la Cina e la Turchia e si confermerà leader del manifatturiero italiano. Lo sviluppo viene sia dal buon posizionamento sui mercati emergenti, che dal ruolo giocato nelle catene di subfornitura dei grandi produttori occidentali e ancora dalla buona capacità di controllo del mercato domestico. Il canale estero quindi integra questo quadro. Male invece i settori produttori di beni di consumo durevole: mobili, elettrodomestici, autoveicoli e moto. Nel prossimo biennio questi settori saranno penalizzati da una domanda interna debole, lo stesso vale per i prodotti e materiali da costruzione. Il sistema moda sconterà gli effetti di una domanda interna debole e orientata verso prodotti a basso costo, oltre all’indebolimento delle vendite nei mercati maturi. In ogni caso il settore moda è riuscito ad aumentare significativamente, nell’ultimo triennio, una quota di export già elevata. In particolare nell’Europa centro orientale, soprattutto Russia, nel bacino del Mediterraneo e in Cina. Per il settore alimentare infine è prevista un’evoluzione positiva, nonostante la tendenza delle famiglie a contenere gli sprechi emersa nella fase di crisi acuta nel 2009. La capacità di contenere le importazioni e di incrementare la quota di fatturato esportato giocheranno a favore dell’alimentare, favorito anche dalla fama della tradizione eno-gastronomica italiana. In conclusione il nostro manifatturiero si troverà a operare in condizioni di domanda debole, soprattutto interna, che porteranno a una diminuzione dei livelli di attività nel 2012 e a una debole ripresa nel 2013. Secondo l’analisi di Prometeia, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, si può stimare che il peggioramento dello scenario portato dalla crisi del debito europeo dei mesi estivi abbia bruciato oltre 94 miliardi di euro di introiti per l’industria italiana nel prossimo biennio. Viste le condizioni della domanda interna, i ricercatori affermano che soltanto la capacità di espandere le esportazioni, previste aumentare ad un tasso medio annuo intorno al 4,5% a prezzi costanti, potrà consentire al manifatturiero italiano di limitare le perdite.

Innovazione tecnologica: in ripresa l’indice Ifiit, ma pochi investimenti nel 2012

MILANO – Si preannuncia un anno difficile per molti settori dell’industria italiana. Secondo le stime di diversi centri studi, meccanica e siderurgia dovrebbero manifestare una crescita nulla, in grado di azzerare i forti progressi registrati negli anni scorsi. Potrebbero mantenere le posizioni fin qui acquisite l’alimentare e la farmaceutica, tipicamente i comparti anticiclici. Nell’anno nuovo, il segno negativo è invece previsto nelle apparecchiature elettriche, nella metallurgia, nella chimica, nella cantieristica, nell’elettronica, negli elettrodomestici e nella gomma. Una forte contrazione si potrebbe registrare nell’edilizia, che trascinerebbe a cascata anche il comparto del legno e dell’arredo. Tutto questo complesso intreccio di dinamiche potrebbe consolidare il calo degli ordinativi e del fatturato, soprattutto sul versante del mercato interno, mentre le esportazioni dovrebbero tenere il passo. Su tutti i comparti grava il blocco degli investimenti, compresi quelli in innovazione tecnologica. Le difficoltà e le incertezze in campo economico, che hanno portato lo spread tra Btp e Bund decennali oltre i 500 punti base ha di fatto triplicato il costo del denaro allo sportello. Fare ricorso al credito per finanziare investimenti di sviluppo può arrivare a costare anche il 12–13%, un tasso insostenibile per gran parte delle piccole e medie imprese che costituiscono il tessuto dell’economia produttiva nazionale. Quindi, per il 2012, per diversi istituti di analisi si prevede una contrazione della produzione industriale e degli investimenti, in percentuali variabili, comprese fra il 4 e il 5%. Appare impellente la necessità di avviare un piano di rilancio che preveda aiuti per la ricerca e l’innovazione. Riguardo agli investimenti in innovazione tecnologica, il quadro di sintesi offre la seguente analisi:
• sale leggermente a 33,80 l’Indice Ifiit (32,70 la rilevazione precedente);
• i comparti dove si registrano i più alti livelli di attenzione verso gli investimenti in innovazione sono costituiti dal settore della sicurezza e di alcune filiere produttive (distretti industriali orientati all’export e all’internazionalizzazione, meccanica, meccatronica, ma anche telecomunicazioni e biotecnologie);
• allineato con il valore medio dell’indice la propensione all’investimento da parte di settori come i tradizionali comparti del made in Italy, il chimico, il bancario e la logistica.
• segnalano una propensione agli investimenti più bassa del valore medio dell’indice i settori del commercio e dell’edilizia;
• scarsa la propensione ad investire in innovazione tecnologica da parte degli studi professionali, delle micro e delle piccole imprese;
• sul tema del digital divide, è stabile la percentuale di imprenditori che considera il nostro Paese ancora lontano dagli standard qualitativi di altri sistemi-paese industrialmente più avanzati;
• stabile in tutte le regioni del centro nord la propensione ad investire in innovazione. Il quadro resta immutato e debole nel Meridione, con qualche timido segnale di ripresa in alcune aree campane e pugliesi.

Le 800 pmi di Ainm, Alime e Pmi Brianza si aggregano in Pmi Lombardia

MILANO – Si chiama Pmi Lombardia la nuova realtà aggregativa di micro, piccole e medie imprese che operano in un territorio ampio e ricco come quello compreso tra il nord milanese e la Brianza. Pmi Lombardia, che ora «vale» una base di quasi 800 imprese associate, non spunta dal nulla, ma dall’esperienza e dalla volontà di networking di tre realtà associative già da tempo attive al servizio delle pmi: Ainm (Associazione imprenditori nord Milano), Alime (Associazione libere imprese a Milano) e Pmi Brianza, a loro volta inserite nel circuito nazionale di Pmi Italia, che oggi raggruppa circa 20mila imprese. «Vogliamo essere una struttura di reale ed efficace servizio per gli associati, fornendo supporto e assistenza senza appesantimenti burocratici, ma valorizzando la rete relazionale dei nostri consulenti e professionisti», spiega il presidente di Pmi Brianza Giovanni Sala, che insieme a Massimo Milos, presidente di Ainm, e Antonino Tricomi, presidente di Alime, ha avviato il processo di aggregazione già nel 2005 con la costituzione di una federazione di associazioni. «Due o tre anni fa, all’inizio della crisi, le aziende sollecitavano le associazioni ad agevolare l’accesso al credito. Oggi la prima istanza riguarda la sollecitazione di politiche, nazionali e locali, che aiutino le pmi a rilanciarsi sui mercati, ma anche di strumenti che ne consentano la riorganizzazione e il rinnovamento organizzativo e produttivo», aggiunge Milos, che sottolinea uno dei punti di forza dei servizi offerti da Pmi Lombardia: l’accordo con l’Isfai di Monza per gestire la formazione finanziata con i fondi interprofessionali e regionali, «che consente alle piccole imprese di riqualificare i propri organici praticamente a costo zero». Ma le novità non sono finite: appena nata, Pmi Lombardia vuole già crescere e sono già a buon punto le trattative per aprire l’aggregazione ad altre due importanti realtà del territorio della provincia milanese: l’Aisem (Associazione imprenditori sud est milanese) e la Lia (Liberi imprenditori associati di Cormano e Bresso).

Prospettive eccellenti per il nanotech in Lombardia: lo dice l’Airi

MILANO – Con oltre 40 strutture che operano nel settore (il 22% dell’intero comparto della ricerca pubblica e privata), la Lombardia è la regione leader nazionale per le nanotecnologie; inoltre il 40% delle grandi imprese nazionali attive nel nanotech ha la sede principale in Lombardia, un territorio che oltre al tessuto industriale può contare su tre centri universitari di eccellenza (Cimaina, Nemas e PlasmaPromoteo): questo, in sintesi, il quadro lombardo delle settore nanotecnologico, presentato a Milano dai vertici dell’Airi (Associazione italiana per la ricerca industriale). Perché la Lombardia può guardare con fiducia al futuro dell’industria nanotecnologica? Nel presentare i dati del terzo censimento nazionale sulle nanotecnologie, il direttore dell’Airi Elvio Mantovani ha spiegato che «questa regione si caratterizza in particolare per una significativa presenza di importanti produttori mondiali di semiconduttori e memorie, che scelgono il territorio lombardo per attività produttive di ricerca e sviluppo in un’ottica di mercato sempre più globale». Un mercato con un tasso di crescita superiore al Pil mondiale che, solo per la microelettronica, potrà arrivare a circa 500 miliardi di dollari nel 2015. E le imprese lombarde impegnate sul fronte del nanotech possono partecipare efficacemente a questo trend positivo, come hanno dimostrato i casi di eccellenza presentati durante il convegno. A cominciare dai gruppi attivi nel campo della nano medicina, come Bracco Imaging e Tethis, passando dalle aziende attive in ambito Ict (STMicroelectronics, Micron Tehcnology), fino a quelle che operano in settori all’avanguardia come il nanotessile, tra cui la comasca Soliani, che ha sviluppato una tecnologia innovativa utilizzando nanotubi di materiali tessili speciali per l’abbattimento delle interferenze elettromagnetiche nel settore aerospaziale.