ATRADIUS: è stabile il barometro del siderurgico italiano, con un elevato livello d’indebitamento

ROMA – L’attuale fase di stabilità del settore siderurgico italiano segue a un calo dell’1,6% della produzione nell’ultimo anno, dopo due anni di contrazione della domanda interna che ha interessato negativamente i livelli produttivi del settore. L’andamento al ribasso della produzione, proseguito anche nel primo semestre 2015, conferma le modeste prospettive per il settore siderurgico italiano, nonostante la lieve ripresa dell’economia prevista per quest’anno. Queste le previsioni sull’andamento dei pagamenti nel settore siderurgico in Italia, elaborate da Atradius, assicuratore del credito a livello mondiale, nell’ambito del consueto Osservatorio sul settore (Market Monitor). A tali previsioni fanno da sfondo livelli d’insolvenza sostanzialmente stabili, e comportamenti di pagamento dei clienti del settore di fatto invariati rispetto allo scorso anno, in media a 90 giorni, quasi tre volte le tempistiche di pagamento dei clienti registrate in Germania.  A differenza dell’Italia, i margini di profitto delle aziende tedesche del settore indicano una tendenza al deterioramento, contro una previsione di stabilità per le aziende italiane del comparto. In tale contesto, è essenziale  porre attenzione alle criticità derivanti dal rischio di credito commerciale, sia sul mercato domestico che all’estero, adottando soluzioni di tutela del portafoglio clienti credito che offrano adeguato sostegno alla pianificazione finanziaria dell’impresa, con una regolarizzazione del cash flow, offrendo inoltre un valido supporto idoneo a ottenere migliore accesso al credito bancario, visto anche il modesto livello di disponibilità delle banche a fornire credito alle aziende del comparto.

MECSPE: per il 60% delle pmi le chiavi per aumentare la competitività sono innovazione e formazione

MILANO – La competitività del settore manifatturiero italiano passa per la formazione e l’innovazione. Secondo l’ultima ricerca dell’Istat, il 58,4% del comparto industriale italiano ha infatti svolto attività finalizzate all’introduzione di innovazioni nel biennio 2010-2012. In questo contesto la ricerca rappresenta oltre il 50% della spesa complessiva. Un quadro confermato anche dall’Osservatorio Mecspe, la fiera internazionale delle tecnologie per l’innovazione che si svolgerà a Parma dal 17 al 19 marzo 2016.  L’analisi dell’Osservatorio, che comprende principalmente aziende con fatturati inferiori ai dieci milioni di euro (84,3%) e che occupano meno di 50 dipendenti (86,7%), ha messo in luce infatti come le performance migliori siano state raggiunte dalle aziende che hanno puntato ed investito sulla formazione. Sono inoltre quasi nove su dieci (89,8%) gli imprenditori che hanno investito nell’aggiornamento dei propri dipendenti. Nello specifico, il 27,6% ha dedicato “fino a 10 ore”, il 25,7% “tra le 11 e le 20”, il 15,5% “tra le 21 e le 30” e “oltre le 31 ore” poco più di un quinto (21,1%). La crescita dell’azienda attraverso un utilizzo migliore delle risorse interne. «Preparandoci a partecipare a Mecspe – spiega Federica Gamba, manager della Gamba Stampi Srl – abbiamo fatto dei corsi di formazione rivolti sia ai titolari che al personale che poi è anche venuto in fiera. Oltre al bagaglio di informazioni acquisito, infatti, è stato anche un modo per capirsi meglio e per legare, spinti dall’obiettivo di studiare e applicare insieme le nuove tecniche che avevamo appena appreso. Allo stesso tempo, tornati dalla fiera nel riprendere in esame l’approccio e il tipo di esperienze acquisite grazie a questi nuovi contatti, abbiamo notato come sia migliorato sensibilmente lo stile di comunicazione all’interno dell’azienda».  «In un mercato sempre più globalizzato e competitivo – commenta Emilio Bianchi, direttore di Senaf – la formazione, l’innovazione e il valore umano rappresentano dei tasselli fondamentali in un’ottica di  elevata specializzazione ed eccellenza nella produzione. Avere il coraggio di investire in ricerca e formazione in un momento di difficile congiuntura economica, dimostra ancora una volta come le aziende del comparto della meccanica e della subfornitura si siano già proiettate al futuro per essere ancora più competitive, soprattutto ora che si intravedono i primi segnali di ripresa. Guardando infatti  i dati di  chiusura dell’esercizio del 2014 rispetto a tre anni fa, è emerso come il 51% delle aziende abbia registrato un incremento dei fatturati, in netto miglioramento rispetto alla rilevazione dello scorso anno. Sempre rispetto al 2012, infine, il 51% delle aziende ha registrato una crescita del proprio fatturato, mentre il 29,4% dichiara stabilità e solo il 19,6% un calo». Un trend di crescita che emerge anche dall’ultima indagine delle medie imprese italiane pubblicata da Mediobanca e Unioncamere. Nel periodo che va dal 2004 al 2013, le 3.212 medie imprese manifatturiere italiane prese in esame che assicurano il 16% circa del valore aggiunto dell’industria manifatturiera e il 17% delle esportazioni nazionali, hanno registrato una crescita del fatturato del 35,5%, più del doppio rispetto al settore manifatturiero nel suo insieme e anche le previsioni per il 2015 sono buone con il 46,3% delle aziende che prevede un aumento di fatturato e il 42,6% un incremento della produzione.

PTP LODI: accordo con EuroChile per promuovere l’innovazione agroalimentare sul mercato cileno

LODI – Un accordo quinquennale per sostenere lo sviluppo tecnologico delle aziende agroalimentari in Cile è stato siglato in occasione del Chile National Day all’Expo 2015. Firmatari del patto di collaborazione scientifico-tecnologica la Fondazione EuroChile e il Parco Tecnologico di Lodi. «Per noi di Eurochile è molto importante generare questo tipo di accordi con istituzioni del calibro del Parco Tecnologico Padano», ha dichiarato Vincente Caruz, presidente  della Business Foundation EuroChile. «Siamo molto soddisfatti per la firma di questo accordo – ha affermato Gianluca Carenzo, direttore del Ptp – che sancisce cinque anni di collaborazione con Fondazione Eurochile, nostro partner strategico nei percorsi internazionali della filiera agroalimentare italiana in un Paese che rappresenta oggi uno dei più grossi player mondiali nell’export dei prodotti agro food». La Fondazione EuroChile è un’istituzione creata nel 1992 da UE e Cile, con l’intento di creare, promuovere e consolidare i legami economici, commerciali e tecnologici tra imprenditori e istituzioni pubbliche e private in Europa e in Cile. Il Parco Tecnologico di Lodi è uno dei più importanti centri di ricerca agroalimentare e sulle biotecnologie d’Italia e d’Europa, e opera in Cile dal 2010 grazie alle sue competenze innovative nel campo dell’innovazione agroalimentare.

ASSOCOMAPLAST: vola l’export delle macchine e stampi per plastiche e gomma

MILANO – L’elaborazione di Assocomaplast dei dati Istat di commercio estero relativi al primo semestre dell’anno in corso evidenzia – rispetto al gennaio-giugno 2014 – una performance decisamente positiva dell’import-export italiano di macchine, attrezzature e stampi per materie plastiche e gomma. Infatti, si conferma – anzi si rafforza – la crescita registrata a partire dai primi mesi del 2014: a fine dello scorso giugno, l’incremento degli acquisti dall’estero ha sfiorato i +17 punti – fornendo quindi un’ulteriore rassicurazione rispetto alla ripresa, seppure ancora non brillante, del mercato interno – mentre quello delle vendite oltreconfine si è attestato al +7,5%. In miglioramento anche il saldo commerciale. «Tale bilancio – sottolinea il neoeletto presidente di Assocomaplast, Alessandro Grassi – è peraltro in linea con i risultati della più recente indagine congiunturale svolta dal nostro ufficio studi tra gli associati». Si è infatti riscontrato un clima di moderato ottimismo sia a consuntivo – con il 50% del campione che lo scorso luglio ha registrato un aumento degli ordinativi rispetto a un anno fa – sia a livello di previsioni, alla luce di un 44% degli intervistati che si attende un’ulteriore espansione e un 45% che immagina un consolidamento del proprio fatturato nel semestre in corso. «Questi indicatori risultano anche in miglioramento rispetto alle precedenti rilevazioni», precisa Grassi. Dal punto di vista merceologico, le maggiori importazioni di macchine a iniezione, stampatrici flessografiche e stampi – solo per citare le tipologie di macchinari di maggiore “peso” sul totale, ma questo vale anche per altri impianti – hanno avuto origine in particolare dalla Germania, che si riconferma principale fornitore di tecnologia dell’Italia. Germania che storicamente è anche il primo mercato di destinazione delle esportazioni italiane di settore: i trasformatori tedeschi hanno confermato il proprio apprezzamento per i macchinari made in Italy acquistandone per un valore di quasi 200 milioni di euro (+19% sul primo semestre 2014). A livello di macro-aree geografiche di sbocco delle vendite complessive di settore è evidente la progressione di quelle destinate ai Paesi UE e all’aggregazione Nafta. Nel primo caso hanno inciso la già citata crescita delle vendite in Germania ma anche quella in Spagna e Repubblica Ceca. Relativamente al Nordamerica, pesa l’incremento di 36 punti delle forniture agli Stati Uniti e il non trascurabile +15% del Messico. Incoraggiante anche il segnale positivo che arriva dal Brasile, con un miglioramento del 17% che potrebbe far ben sperare almeno in una stabilizzazione dopo il declino registrato nell’ultimo quadriennio. Non sorprende, invece, l’ulteriore peggioramento dell’export verso la Russia (-39%) – che ancora risente delle ben note problematiche legate alla crisi con l’Ucraina – l’India (-24%) – verso cui le forniture italiane stentano a decollare nonostante le potenzialità del mercato – e la Cina, che mostra andamenti altalenanti di anno in anno.

ITALIA STARTUP: in tre anni il venture capital per le nuove imprese passerà da 100 milioni a 1 miliardo di euro

MILANO – Italia Startup, l’associazione che aggrega e rappresenta l’ecosistema start up italiano, ha definito il piano strategico del triennio e affidato le deleghe operative per poterlo realizzare. L’obiettivo di fondo è ambizioso: passare in 3 anni da un investimento complessivo attuale in capitale di rischio che si aggira intorno ai 100 milioni, a un investimento nel 2018 pari a 1 miliardo di euro, agendo contemporaneamente su tre leve fondamentali. La prima è promuovere e facilitare la creazione di un vivace mercato dell’innovazione attraverso la proposizione e la richiesta continua ai decisori pubblici di misure, anche fiscali, volte a favorire l’assunzione di rischio da parte degli investitori e con la promozione all’adozione di modelli di innovazione aperta, facendo incontrare imprese e industrie consolidate con le startup innovative per lo sviluppo delle acquisizioni di start up e dei loro servizi e prodotti. La seconda riguarda il consolidamento della conoscenza nel mercato italiano delle start up e il suo posizionamento internazionale, facilitando la dinamica d’incontro dell’offerta e della domanda di innovazione e la ricerca di vantaggi competitivi sostenibili. Terza chiave è la diffusione della cultura della crescita attraverso l’innovazione imprenditoriale a tutti i livelli, per abbracciare le opportunità che essa è in grado di portare in ogni settore e consentire la creazione e lo sviluppo consistente di nuove imprese innovative, oltre che il rinnovamento continuo delle imprese mature, in particolare di quelle del made in Italy. Per raggiungere questo importante traguardo, è nata la squadra operativa di Italia Start up, ovvero il comitato esecutivo che affiancherà il presidente Marco Bicocchi Pichi nello sviluppo del programma associativo e che annovera Anna Amati, Alvise Biffi, David Casalini, Pierantonio Macola, .Cesare Maifredi, Andrea Monti e Marco Villa.

HAYS ITALIA: Oil & gas, automotive e impiantistica trainano la richiesta di nuovi professionisti in ambito engineering

MILANO – «Cresce la ricerca di nuovi professionisti in ambito engineering, focalizzandosi soprattutto in quei settori caratterizzati da alti tassi di crescita come l’oil & gas, l’automotive e l’Impiantistica»: ad affermarlo sono gli esperti di Hays Italia, una delle aziende leader a livello globale del recruitment specializzato, commentando i dati della Salary Guide. In quest’ultima edizione dell’indagine condotta su un campione di oltre 1.000 professionisti e 270 aziende, infatti, emerge che il mercato engineering si presenta dinamico e attivo, con un +20% nell’impiego di nuovi professionisti. tra le figure più ricercate nell’ultimo anno troviamo in ambito impiantistico il project manager, il project engineering e il discipline leader, nell’area industriale, invece, va per la maggiore il lean manager. sembrano essere meno richieste, invece, professionalità nei comparti come l’energy, l’aerospace e il chimico. Sempre secondo l’indagine, inoltre, la scelta dei responsabili HR cade su figure dal forte know how tecnico, disponibili a intraprendere progetti all’estero, che sappiano parlare almeno tre lingue (imprescindibile l’inglese), e che abbiano alle spalle un eccellente percorso accademico in Ingegneria. Per quanto riguarda le politiche retributive, non vi sono particolari variazioni rispetto l’anno passato: il comparto dell’automotive continua a offrire i salari più elevati, soprattutto per figure come il direttore acquisti (90.000 €) o il plant manager (80.000 €). Più modeste, invece, le buste paga dei progettisti meccanici o dei project engineer, che si aggirano intorno ad un massimo di 55.000 €. Differenze sostanziali nei livelli salariali emergono, invece, a livello di macro aree: al Nord, grazie ad una maggiore concorrenza e una presenza più capillare, le aziende elargiscono retribuzioni più alte rispetto al Centro e al Sud. Un discorso più approfondito merita, infine, il settore supply chain che, dopo una forte flessione, va finalmente incontro ad un trend positivo. la consegna di commesse degli anni passati, infatti, ha regalato respiro al comparto property, mentre la nuova normativa, in ambito consulenziale sta rilanciando il settore real estate. Tra i profili più ricercati troviamo il project manager per commesse estere in area construction, il property manager in ambito property e il valuer in quello real estate. Il candidato ideale vanta un’esperienza comprovata nel proprio settore, la conoscenza di almeno un’altra lingua oltre l’inglese, un percorso di studi in ingegneria o economia e delle ottime capacità di negoziazione e gestione dello stress. Anche in questo caso i pacchetti salariali dipendono dall’esperienza e dalle competenze dei professionisti: tra i più pagati i direttori di cantiere (70.000 €); tra le meno retribuite, invece, le figure di supporto e staff come gli addetti ai back office, i site manager e i broker.

ISTAT: “Vola” il business dell’aerospaziale italiano, con 1,3 miliardi di export nel primo trimestre

MILANO – Tra aerei, elicotteri, veicoli spaziali e loro componenti in Italia si contano 572 attività tra sedi di impresa e unità locali, in crescita in un anno del 3,7%. All’interno del comparto lavorano anche le imprese legate al nuovo business dei droni. Complessivamente il settore aerospaziale, solo nella fabbricazione, impiega oltre 24mila addetti. Le regioni specializzate sono Lombardia (116 imprese e unità locali attive nella fabbricazione di aeromobili, veicoli spaziali e loro dispositivi,+ 9,5% in un anno) e Campania (85 localizzazioni, +7,1%). Segue il Piemonte (con 79 attività, -2,5%). L’interscambio del settore vale circa 2 miliardi di euro nei soli primi tre mesi del 2015 (per tutto il 2014 erano 8 miliardi), l’export pesa per quasi 1,3 miliardi. Primi Paesi importatori nel 2015 sono Stati Uniti (323 milioni di euro), Francia (240 milioni di euro) e Regno Unito (105 milioni). Molto bene le esportazioni lombarde: nei primi tre mesi del 2015 si registra +18,1% rispetto al primo trimestre 2014, con più di 445 milioni di euro fatti volare nel mondo tra gennaio e marzo. Primo per export il distretto varesino con oltre 385 milioni di Euro, seguito da Milano (36,1 milioni di euro), Lecco (12 milioni di Euro) e Monza e Brianza (7,2 milioni di Euro). Le imprese lombarde del settore esportano soprattutto verso Emirati Arabi Uniti, Algeria e Regno Unito. È quanto emerge da elaborazioni dell’Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza in collaborazione con Camera di commercio di Milano, su dati Registro Imprese e Istat Coeweb.       

CFI: l’alleanza delle centrali cooperative ha generato quasi mezzo miliardo di euro di capitale nelle imprese

ROMA – «Trent’anni di lavoro ricreato sul territorio. è quanto ha fatto la legge Marcora grazie alla quale sono rinate imprese capaci di stare sul mercato, in grado di resistere anche negli anni più duri della crisi». Lo ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, intervenendo al convegno “Quando il lavoro si riprende il lavoro”, a Palazzo della Cooperazione a Roma. Secondo i dati presentati nel corso del convegno, infatti, se tra il 2007 e il 2013 il tasso di sopravvivenza delle imprese italiane è stato pari al 48,30%, per quelle con partecipazioni da parte di Cfi il dato è salito all’87,16%. Negli ultimi anni, tra il 2007 e 2013, con un capitale a disposizione di 84 milioni di euro CFI – società finanziaria promossa dalle centrali cooperative Agci, Confcooperative e Legacoop che sostiene l’imprenditorialità cooperativa investendo nel capitale delle imprese – ha generato 473 milioni, con un ritorno economico per lo Stato fino a 6 volte il capitale impiegato, salvando e promuovendo oltre 13mila posti di lavoro con un investimento medio per addetto di 13.200 euro. In totale, il 41% degli investimenti è stato realizzato al Sud, il 31% al Centro e il 28% al Nord, quadruplicando tra il 2013 e il 2014 le risorse messe a disposizione per le operazioni di workers buy out. «Un nuovo modo di guardare al lavoro a partire dalla migliore tradizione industriale italiana cogliendone le potenzialità innovative», ha evidenziato il sottosegretario De Vincenti. «Uno strumento efficace perché non basato sull’assistenzialismo, ma sulla promozione dell’imprenditorialità fondata sulla partecipazione, aiutando il Paese a rimettersi in piedi con le proprie risorse». «La trentennale esperienza della Legge Marcora – ha dichiarato il presidente dell’Alleanza, Rosario Altieri, aprendo i lavori – dimostra la validità di questo strumento, la cui gestione è affidata a CFI, struttura unitaria sin dalle origini in quanto costituita per iniziativa delle tre Centrali cooperative oggi riunite nell’Alleanza. I risultati registrati nel tempo evidenziano l’efficacia degli interventi attuati e l’ampliamento della platea dei beneficiari, oltre che delle fattispecie per le quali è possibile ricorrere al Fondo rotativo, ha opportunamente consentito di agire sul doppio binario, da un lato, del recupero delle imprese in crisi e, dall’altro, del supporto ai progetti strategici di sviluppo, consolidamento e riposizionamento di quelle esistenti. È quindi evidente – ha concluso Altieri – quanto la Legge Marcora sia stata finora importante per il movimento cooperativo e quanto, forse ancor più, possa esserlo nell’attuale contesto, nel quale la perdurante crisi rende più frequenti i casi di cessazione d’azienda – con le conseguenti iniziative volte alla salvaguardia dell’occupazione attraverso le operazioni di workers buy out – e più pressanti le esigenze di rilancio competitivo delle realtà più solide».

ASSOCOMAPLAST: nuovo presidente e dati di mercato in crescita per la filiera plastica e gomma

MILANO – Si è svolta a metà giugno, presso il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, l’annuale assemblea dei soci Assocomaplast – l’associazione nazionale di categoria, aderente a Confindustria, che raggruppa circa 160 costruttori di macchine, attrezzature e stampi per materie plastiche e gomma. In tale occasione, è stato eletto nuovo presidente per il biennio 2015-2017 Alessandro Grassi, amministratore delegato di Frigosystem, che ha a sua volta nominato vicepresidente dell’associazione Andrea Franceschetti, direttore vendite international di Gefran. A seguire si è tenuta la parte pubblica dell’assemblea Assocomaplast congiuntamente a quella di Federazione Gomma Plastica, l’associazione che rappresenta i produttori di manufatti in plastica e gomma. Il primo intervento è stato quello di Carlo Calenda, viceministro del ministero dello Sviluppo Economico, che ha sottolineato come il comparto gomma-plastica svolga un ruolo fondamentale nell’economia italiana e come la politica stia supportando, con le sovvenzioni del piano Made in Italy, le industrie e la loro internazionalizzazione, anche attraverso la fiera di settore Plast. Presente Marco Fortis, economista e vicepresidente di Fondazione Edison, che ha presentato un’analisi dello scenario economico italiano con focus sulla filiera della gomma plastica. Fortis ha indicato come diversi siano i segnali in base ai quali è lecito guardare al 2015 con (cauto) ottimismo. A prescindere dal recente miglioramento dei dati macroeconomici – crescita del PIL dello 0,3% nel primo trimestre 2015, euro debole nei confronti del dollaro e diminuito costo del petrolio – è possibile affermare, seppur con una certa prudenza, che si registrano segnali di ripresa sul mercato italiano della trasformazione. Segnali al momento ancora timidi ma che si spera possano rafforzarsi nella seconda parte dell’anno. Le statistiche import-export di fonte Istat relative al primo trimestre 2015 evidenziano infatti una progressione delle importazioni di ben 15 punti percentuali e delle esportazioni nell’ordine dei 5, in primo luogo grazie alle aumentate forniture alla Germania (da sempre primo mercato di sbocco per i costruttori italiani), alla Spagna (che su più fronti dimostra una ripresa) e Brasile, tradizionale Paese di destinazione del Made in Italy settoriale che nei trimestri precedenti aveva purtroppo mostrato un rallentamento preoccupante. Sul fronte export, pur permanendo diverse situazioni critiche o potenzialmente destabilizzanti, sia a livello politico sia economico (per esempio, in Russia, Iran, Grecia, Sudamerica ecc.), si assiste a un rafforzamento dell’economia statunitense e tedesca, a una stabilizzazione di quella cinese, fattori che potrebbero influenzare positivamente anche l’industria italiana delle macchine per materie plastiche e gomma. Il presidente Assocomaplast uscente Giorgio Colombo ha fornito un quadro sull’andamento del settore con i dati 2015 già citati e ha sottolineato ancora una volta come il 2014 sia stato un anno di sostanziale ripresa per l’industria italiana delle macchine per materie plastiche e gomma, con una produzione stimata a 4 miliardi di euro (+2,6% rispetto al 2013) ed esportazioni in crescita del 5% (fino a 2,68 miliardi). «Il risultato messo a segno lo scorso anno sul fronte delle vendite all’estero – che rappresentano mediamente oltre il 70% del fatturato e fino al 90% per alcune realtà – ha dichiarato Colombo – è stato seguito da segnali positivi per quanto concerne il mercato interno. Infatti, le più recenti rilevazioni congiunturali svolte dal Centro Studi Assocomaplast mostrano una ripresa dei livelli di produzione per le aziende trasformatrici italiane e un miglioramento del portafogli ordini per i costruttori di macchinari, sia a livello di consuntivo sia di previsione a 3-4 mesi. Anche a livello occupazionale, si assiste finalmente a un’inversione di tendenza, con un superamento pressoché totale del ricorso alla cassa integrazione e, anzi, la ricerca di nuova forza lavoro».

RAPPAZZO: in tempi di crisi il marketing è una risposta?

Vincenzo Rappazzo, esperto di marketing, senior partner Forfabrica

La produzione nazionale di carni di pollame nell’anno 2013 è risultata pari a 1.258.800 tonnellate (-0,2% rispetto al 2012); il consumo totale si è collocato a 1.178.100 tonnellate (-0,3% rispetto al 2012), pari a 19,34 Kg per abitante (contro i 19,40 del 2012). In particolare sono state prodotte:

 

863.400 tonn. di carne di pollo (+0,3% rispetto al 2012);

 

46.800 tonn. di carne di gallina (-1,4% rispetto al 2012);

 

313.500 tonn. di carne di tacchino (-0,4% rispetto al 2011);

 

35.100 tonn. di carne delle altre specie avicole allevate (-0,3% rispetto al 2012).

 

La produzione nazionale di uova da consumo nell’anno 2013 è risultata pari a 12.168.000.000 pezzi (-2,1% rispetto al 2012); il consumo totale si è collocato a 12.996.000.000 pezzi (+0,77% rispetto al 2012), pari a 212 pezzi per abitante (uguale al 2012).

 

(Fonte Una Italia, Unione nazionale filiere agroalimentari carni e uova)

 

Il bisogno non può essere cancellato: in Italia vivono 60 milioni di persone che mangiano, bevono, si vestono eccetera. E che contribuiscono alle necessità altrui con il proprio lavoro. Se allarghiamo i nostri confini ci accorgiamo che possono essere molte di più: nel mondo vivono circa 7 miliardi di persone. Che vi sia una crisi è un dato di fatto, ma non ci avventuriamo nelle analisi sulla sua origine che ci portano lontano dal nostro intento. Il realismo ci impone di prenderne atto, di considerarla un aspetto – non secondario – dello scenario in cui svolgiamo le nostre attività. Ma con altrettanto realismo dobbiamo constatare che i bisogni non si sono ridotti, anzi sono ancor più  ineludibili.

 

«Quando pensi di avere tutte le risposte, la vita ti cambia tutte le domande…». (Charlie Brown)

 

«Una crisi ci costringe a tornare alle domande; esige da noi risposte nuove o vecchie, purché scaturite da un esame diretto; e si trasforma in una catastrofe solo quando noi cerchiamo di farvi fronte con giudizi preconcetti, ossia pregiudizi, aggravando così la crisi e per di più rinunciando a vivere quell’esperienza della realtà, a utilizzare quell’occasione per riflettere, che la crisi stessa costituisce». (Hannah Arendt)

 

«Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato». (Albert Einstein)

 

La filosofa e il fisico (forse non è un caso che entrambi, ebrei di origini tedesche, negli anni ’30 del secolo scorso siano dovuti fuggire e naturalizzarsi come cittadini statunitensi) ci suggeriscono un passo in avanti. Non ci serve soffermarci a chiederci perché il mercato non richiede più come una volta il nostro prodotto che per tanti anni ha soddisfatto i nostri clienti, ma per quali bisogni le mie capacità sono una risorsa? E questo è il compito del marketing.

 

Contatti: rappazzo@forfabrica.com

 

GLOBAL STRATEGY: Per l’Osservatorio Pmi raddoppiate in un anno le aziende eccellenti italiane

MILANO – Visione strategica, capacità di innovare prodotto ed efficienza aziendale e l’abilità di anticipare la direzione in cui si muoverà il mercato. Ecco l’identikit delle 483 imprese eccellenti italiane, vera spina dorsale dell’economia del nostro Paese, che crescono di ben il 50% rispetto allo scorso anno. Sono aziende capaci di performance di crescita, di redditività e di solidità patrimoniale da 2 a 10 volte superiori rispetto alla media. È la via italiana al successo internazionale: innovazione, caparbietà imprenditoriale e capacità strategica come elementi costituenti il fattore umano delle imprese eccellenti. E’ quanto emerge dal rapporto annuale dell’Osservatorio Pmi di Global Strategy, società di consulenza strategica e finanziaria, che ha presentato i risultati dell’edizione 2015 nel corso del convegno “L’importanza del fattore umano. Tendenze e testimonianze dalle imprese eccellenti 2015”, organizzato in collaborazione con Borsa Italiana, Negri-Clementi Studio Legale Associato e Great Place to Work. L’Osservatorio Pmi ha analizzato oltre 40mila imprese italiane manifatturiere e di servizi, tra le quali ha individuato circa 7mila aziende che hanno registrato un valore della produzione tra 20 e 250 milioni di euro. Partendo da questo universo di riferimento, ha poi selezionato quelle che negli ultimi cinque anni hanno superato la media del loro specifico settore in ben 11 parametri economico-finanziari e patrimoniali. Quest’anno sono 483 le imprese che hanno dimostrato capacità di crescita eccezionali: ben 156 in più rispetto allo scorso anno, con un incremento del 47,7%. Si tratta di aziende che hanno registrato un incremento medio del valore di produzione del 170% nel quinquennio, uno sviluppo più che proporzionale di redditività (Ebitda +212%, Roi +168%) e patrimonializzazione, con una accelerazione significativa nell’ultimo biennio, e aspettative di ulteriore sviluppo nei prossimi tre anni. Si tratta prevalentemente di imprese di proprietà familiare (92,5%), dove l’importanza del fattore umano si è dimostrata centrale per far fronte alle sfide della competitività nazionale e internazionale. In oltre 6 casi su 10 (57,8%) sono aziende presenti sul mercato da più di un quarto di secolo: per circa il 30% da 25 a 35 anni, per il 20% dai 36 ai 50 anni e per il 7,5% da oltre 50. Ma mentre persiste una limitata delega gestionale (intorno al 35%), si nota una struttura dall’elevata seniority aziendale anche nel Top Management, che per il 60,6% ha una anzianità in azienda superiore ai 10 anni. Questo elemento consente di assicurare continuità e sviluppo, anche in assenza di sistemi di retention delle risorse chiave strutturati o formalizzati in oltre il 66,7% del campione analizzato. Ma come interpretano il “fattore umano” le imprese eccellenti? Come un mix di innovazione, caparbietà imprenditoriale, capacità strategica e doti organizzative (36,6%), che con i valori e cultura aziendale (26,8%) sono alla base del loro successo. Altro elemento importante che emerge dal Report 2015 è la presenza di queste imprese non esclusivamente in nicchie di mercato specialistiche (61% del campione), ma anche in settori maturi, indifferenziati e globali, ovvero in arene competitive lontane dall’archetipo “classico” della piccola e media industria italiana. Un successo frutto di strategie consapevoli, come la focalizzazione, scelta 74% rispetto alla diversificazione, in particolare rispetto a prodotti ad alto valore aggiunto (63% rispetto a una strategia basata su prezzi competitivi). La tendenza all’internazionalizzazione, riscontrata in tutte le ultime edizioni dell’Osservatorio Pmi, viene ulteriormente confermata quest’anno. La quota di export è ormai oltre il 40%: il 44,8% per le aziende sopra i 50 milioni di fatturato, ma anche per quelle più piccole (20-50 milioni) la quota è ormai del 40,8% (+10pp), con l’aspettativa di superare il 50% nel prossimo triennio. Una crescita nei mercati esteri che coinvolge non soltanto le aree geografiche limitrofe (Europa 47%) ma tutti i mercati globali (Nord America 14%, Far East, Cina e India 19%). L’ingresso nei mercati esteri inoltre è avvenuto e avviene non solo mediante distributori locali (29,5%), ma in oltre il 44,5% dei casi, attraverso una presenza diretta e strutturata, ovvero filiali commerciali, siti produttivi o partecipazioni in imprese estere.

CASTALDO: punti di forza e minacce del fare impresa? e start up

Roberto Castaldo, business coach e fondatore di 4 MAN Consulting

In Italia è sempre più difficile fare impresa, soprattutto a causa della pressione fiscale. Nonostante ciò, però, gli italiani continuano ad essere un popolo che crede nelle proprie capacità imprenditoriali, e che è pronto a sfidare la sorte e il delicato assetto economico per realizzare il proprio sogno imprenditoriale. Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia operano 63,8 imprese ogni mille abitanti, un tasso di concentrazione tra i più alti in Europa, e se è vero che sono molte le attività che sono state costrette a chiudere a causa della crisi, altrettante sono le startup che ogni anno decidono di lanciarsi sul mercato. Le motivazioni che portano alla costituzione di un’azienda possono essere suddivise in tre macro categorie: aziende nate per clonazione; aziende frutto di successione; aziende nate da grandi idee. Ognuna di queste tipologie ha in sé determinati punti di forza ma, al tempo stesso, è soggetta a specifiche minacce. Le aziende nate per clonazione sono le aziende familiari, che applicano un meccanismo di recruiting vecchio stampo: mio figlio, mio nipote, figli di amici, o comunque persone fidate. Spesso i giovani che iniziano a lavorare in questo modo, una volta imparato il “mestiere” decidono di aprire la loro azienda ed offrono ai clienti dell’ex-capo lo stesso prodotto, ma ad un prezzo più basso. Queste aziende basate principalmente su una politica di prezzo sono destinate a chiudere non appena il mercato cambia. Le aziende frutto di successioni sono aziende familiari in cui il passaggio generazionale avviene quando il capo decide di andare in pensione, lasciando il comando dell’attività al giovane figlio 40/50 enne. Il parco dipendenti è spesso coetaneo del capo uscente, nonché padre dell’attuale leader, per cui il tutto va rifondato. Il rischio in questo tipo d’impresa è che fallisca a causa dell’incapacità del successore di implementare, o almeno replicare, le dinamiche organizzative del fondatore. Negli ultimi anni sono nate moltissime start up, aziende innovative fondate su grandi idee, ma spesso gestite da tecnici che niente hanno a che fare con il mondo imprenditoriale. Queste imprese rischiano di non riuscire a decollare, o di avere vita breve, a causa dell’eccessivo orientamento al prodotto, senza avere un adeguato supporto sul fronte manageriale. E’ indispensabile dire che senza un’adeguata preparazione del suo leader, qualsiasi azienda chiude entro i primi 5 anni. Spesso nei miei corsi di formazione mi viene chiesto di parlare della figura dell’imprenditore, proprio perché molti che si ritrovano a capo di un’attività non hanno una vera cultura imprenditoriale. Possiamo sintetizzare in questi pochi punti le chiavi per gestire al meglio un’azienda.

L’imprenditore deve essere un buon venditore. Deve vendere la sua idea d’impresa: ad altre persone per farle lavorare alla sua idea; alle banche, per farsi finanziare; ai clienti che diventano i primi finanziatori dell’impresa; ai fornitori che devono affiancare la sua idea imprenditoriale;

deve avere capacità di visione e leadership, l’imprenditore deve essere carismatico, deve avere coerenza, una visione chiara e deve diventare un catalizzatore di talenti in azienda. Competenza primaria: “capire le persone”, che si tramuta in capacità di reclutare personale, clienti, fornitori;

deve essere curioso di conoscere e di imparare. Il primo investimento che deve fare è sulle sue competenze: “chi non si forma si ferma”;

deve avere un’altissima capacità organizzativa, per gestire flussi di informazioni per se e per i collaboratori;

deve capire quando è il momento di lasciare. Questo vale anche sulle attività di delega più semplici. Spesso si entra in un delirio di onnipotenza nel quale si pensa di poter controllare tutto, e che tutti dovrebbero essere come lui… rischiando di diventare così il nemico numero 1 della sua stessa creatura.

CONFARTIGIANATO: All’Italian Makers Village i buyer esteri “trattano” meccanica, alimentare e arredo

MILANO – Italian Makers Village – il fuori Expo organizzato per sei mesi da Confartigianato a Milano, in via Tortona 32 – è anche teatro di numerose missioni di incoming, in cui le imprese, lombarde e non solo, hanno l’opportunità di incontrare buyers del loro settore provenienti da tutto il mondo. Nelle ultime settimane si sono infatti tenuti ben cinque incontri che hanno avuto per protagoniste le imprese associate a Confartigianato: «Si tratta di un’opportunità molto concreta per allargare i confini della propria impresa, intessendo relazioni con buyers internazionali che possono dare il via alla penetrazione di un nuovo mercato», spiega Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Lombardia. Lo conferma il grande interesse suscitato da queste iniziative tra le nostre imprese. Ad esempio il progetto associativo nazionale “Expo-rt” ha messo in campo numeri davvero significativi: 12 missioni incoming con 24 tappe sul territorio e presso il Fuori Expo, 300 visite aziendali, 120 buyers internazionali, 2.700 incontri B2B e 900 imprese target». I primi tre incontri previsti dal progetto “Expo-rt” si sono tenuti presso l’Italian Makers Village tra il 21 maggio e l’11 giugno scorsi, e hanno riguardato i settori della meccanica, agroalimentare e arredo.  55 le imprese di Confartigianato coinvolte, e 30 i buyers che vi hanno preso parte, provenienti da Russia, Svezia, Finlandia, Romania, Polonia, Belgio, Olanda, Germania, Armenia, Uzbekistan e Georgia. Ciascuna missione del progetto è articolata in quattro giornate, di cui due con visite sui territori e nei distretti produttivi italiani, che prevedono incontri b2b e visite in aziende, e due a Milano, con una visita a Expo 2015 e incontri b2b presso l’italia Makers Village. Expo-rt è finanziato con i fondi del Programma promozionale dell’Agenzia Ice e organizzato da Confartigianato nazionale con il supporto delle associazioni territoriali di Confartigianato. Inoltre, lo scorso 29 maggio Confartigianato Lombardia ha organizzato un b2b dedicato al settore dell’arredo e contract, con buyers sudafricani, e, l’8 giugno, un appuntamento di networking per le imprese agroalimentari, con il duplice obiettivo di approfondire le dinamiche del mercato in Estremo Oriente e di incontrare le imprese cinesi interessate. Altri incontri di networking sono in programma nei prossimi mesi, fino alla conclusione di Expo 2015.

GEA-ASSET: il 50% delle aziende food & beverage non ha un processo di pianificazione della domanda

PARMA – È urgente ripensare i processi di gestione della domanda e della supply chain delle imprese alimentari italiane: per sostenere il valore di prodotti eccellenti senza essere sopraffatti dalla crescente complessità del mercato; per recuperare margine ed efficienza, sfruttando al meglio la capacità produttiva di impianti spesso sovradimensionati; per muoversi con successo verso nuovi confini. Questo, in sintesi, quanto emerge dall’indagine realizzata da Gea Consulenti di Direzione e Asset, presentata in occasione del convegno “Food Boost – Liberare l’eccellenza con la supply chain”, che ha visto la partecipazione di oltre 200 rappresentanti dell’industria del food & beverage, secondo settore manifatturiero a livello nazionale con 6.800 imprese e 133 miliardi di fatturato. I risultati dell’indagine evidenziano come la necessità di ripensare i processi di pianificazione e gestione della domanda e delle operations sia un tema particolarmente sentito tra le imprese dell’alimentare italiano. Solo un terzo degli intervistati, infatti, si ritiene soddisfatto dei processi adottati attualmente dalla propria azienda e il 50% conferma di avere intrapreso una revisione di tali procedure, concentrandosi soprattutto sul demand management. Con l’obiettivo di sondare il livello di evoluzione del settore alimentare italiano nei processi di previsione della domanda e pianificazione delle operazioni aziendali, l’indagine ha costituito il punto di partenza di un dibattito volto a comprendere in quale misura essere eccellenti in questi ambiti costituisce un reale vantaggio competitivo, in particolare per lo sviluppo sui mercati esteri. «Oltre la metà delle aziende continua a sprecare capitali perché non è in grado di realizzare previsioni accurate, che siano di supporto a una programmazione strategica e ottimizzata delle attività produttive. In un mercato globale sempre più esigente e complesso, non basta guardare a come si è sempre fatto in passato e non possiamo più permetterci che questo continui a penalizzare i nostri marchi», ha commentato Luigi Consiglio, presidente di Gea Consulenti di Direzione. «È vitale rivedere con urgenza i processi di gestione dell’intera supply chain in un’ottica più evoluta, integrata e interfunzionale; una svolta necessaria per recuperare efficienza e accelerare la crescita della nostra industria alimentare, in Italia come all’estero». «Incremento della gamma, competizione sempre più sul tempo, pressione sulla riduzione dei costi e globalizzazione sono fenomeni che caratterizzano la maggior parte dei settori industriali; nel caso del food & beverage la complessità è enfatizzata dalla presenza di numerosi canali da servire contemporaneamente, tenendo conto delle rispettive specificità e da normative sempre più stringenti. Sfide sempre più difficili richiedono approcci sistemici e soprattutto progettualità, non solo nell’affrontare i percorsi di internazionalizzazione, ma anche nel recupero di efficienza dei sistemi produttivi e nel recupero di efficacia dei processi di pianificazione e programmazione della produzione e della catena di distribuzione», ha aggiunto Andrea Sianesi, partner di Asset.

FONDITALIA: per 6 aziende agroalimentari su 10 formarsi è indispensabile per andare all’estero

MILANO – La formazione continua può rappresentare la leva strategica per lo sviluppo e l’internazionalizzazione del settore agroalimentare. Ne è convinto il 61% di imprenditori, dipendenti, quadri, liberi professionisti, consulenti e rappresentanti di associazioni datoriali raggiunti dal sondaggio “Coltivare l’eccellenza. La strategia della formazione per l’agroalimentare italiano”, realizzato dal fondo paritetico Fonditalia in collaborazione con ExpoTraining ed ExpoLavoro & Sicurezza, la fiera della formazione patrocinata da Expo 2015 e Fiera Milano. I risultati del sondaggio rivelano che per il 96% degli intervistati l’aggiornamento tecnico e l’incremento delle competenze specifiche possono fare la differenza nello sviluppo e nella competitività delle imprese del comparto all’interno dei mercati nazionali ed internazionali. Un dato importante che sottolinea, una domanda crescente nonostante i problemi strutturali del settore, come l’estrema frammentazione delle aziende che ne limita anche la competitività. Il 55% ritiene, inoltre, che il peso del comparto agroalimentare sia pari ad un terzo del complessivo scenario produttivo italiano, mentre il 57% di essi concorda nel dichiarare che si tratta di un settore in pieno sviluppo o che abbia ancora possibilità di crescita anche se solo all’estero (30% degli intervistati). La formazione continua nel settore agroalimentare sarebbe in grado, per il 26% degli intervistati, di aumentare la produttività tra il 10 e il 20%. Inoltre il 75% dichiara che la formazione dei dipendenti del settore dovrebbe basarsi su modelli produttivi sostenibili. Infine, il giudizio sull’Expo: per il 75% l’Esposizione universale è un’ottima opportunità per rilanciare il settore e per sensibilizzare gli attori ad intraprendere scelte oculate  per  una ripresa stabile e duratura. «Delle 69mila imprese che ad oggi hanno aderito a Fonditalia, il 25% opera nella filiera agroalimentare», ha spiegato Francesco Franco, presidente Fonditalia. «Si tratta quindi di comparti in cui la formazione dei lavoratori è sentita come necessaria e in grado di fare la differenza». «L’85% degli intervistati ritiene che possa essere vantaggioso per le imprese usufruire dei supporti dei fondi interprofessionali, il cui compito è facilitare quanto più possibile le procedure di accesso ai finanziamenti per le aziende», ha aggiunto Egidio Sangue, vicepresidente e direttore di Fonditalia.

CZECH TRADE ITALIA: in “onda” le tecnologie per il trattamento delle acque

MILANO – Si svolgerà in Expo martedì 16 giugno, presso il padiglione della Repubbblica Ceca, la giornata delle tecnologie per il trattamento delle acque, promossa dall’Ambasciata della Repubblica Ceca, Czech Trade Italia e Czech Water Alliance. Il forum imprenditoriale è un’importante occasione per aziende e operatori italiani di conoscere tecnologie, servizi e prodotti delle aziende ceche protagoniste nel settore dell‘industria delle acque, notevolmente avanzata. Il workshop (dalle ore 11 alle 14) prevede gli interventi di Jiří Jílek, consigliere economico dell’Ambasciata della Repubblica Ceca, Ivana Trošková, direttrice di Czech Trade Italia, Jiří František Potu?ník, commissario generale per la partecipazione della Repubblica Ceca a Expo Milano, Giorgio Franco Aletti, console onorario della Repubblica Ceca a Milano, Marek Svoboda, del Dipartimento per le relazioni economiche bilaterali del ministero degli Affari Esteri della Repubblica Ceca. Alla fine del forum interverranno i rappresentanti delle imprese ceche: Amacon Europe, Brentwood Europe, Geotest, In-Eko Team, Kovosvit Mas, Laurich e Teco. A seguire, i tavoli di matching b2b.

TALENT GARDEN: il futuro tecnologico del cibo al Food Hackathon del 20 e 21 giugno

MILANO – Due giorni dedicati al futuro del cibo e all’utilizzo delle nuove tecnologie per migliorare il settore agro-alimentare grazie ai Big Data e all’Internet of Things: il 20 e 21 giugno si terrà al Talent Garden il Big Data & IoT Food Hackathon, supportato dal progetto Startup Revolutionary Road. L’evento è parte del programma “Feeding the Accelerator” del Padiglione Usa a all’Expo 2015 ed è un’occasione per creare progetti in linea proprio con il tema dell’Esposizione Universale. L’hackathon vuole essere un’occasione per tutti i giovani talenti che hanno un’idea nel settore food di poterla realizzare grazie al supporto dei mentor e degli esperti Microsoft che saranno presenti durante i due giorni. La partecipazione è aperta anche a chiunque voglia mettersi in gioco e voglia acquisire nuove competenze sul mondo dei Big Data e dell’Internet of Things. Tutti i partecipanti potranno scegliere di affrontare tre sfide legate al mondo dei dati: Data Modelling, Data Visualization e Data IoT. Durante la maratona di 48 ore, sviluppatori, data architects, makers e designers potranno collaborare e confrontarsi con altri appassionati di tecnologia ed innovazione per trovare nuove soluzioni tecnologiche per il mondo del cibo e il settore agro-alimentare.