Segnali di ripresa - Page 5

La piccola officina meccanica che produce i pezzi più grandi al mondo

MEDOLAGO – E’ curioso che una piccola azienda della Bergamasca, con una quindicina di addetti e un fatturato annuo intorno ai 2 milioni di euro in ripresa dopo il periodo più critico del 2010, possa operare in collaborazione con i più importanti gruppi internazionali dell’oil & gas e dell’energia, lavorando alcuni dei più grossi prodotti industriali che si fabbrichino in tutto il mondo. L’ultimo pezzo particolare che la Comall Officine Meccaniche ha realizzato pesa 80 tonnellate ed è lungo 12 metri. «E’ un prototipo di slitta utilizzata per la posa delle tubazioni sottomarine: viene installata su una nave e serve a far “srotolare” le tubazioni che devono essere collocate sul fondo del mare», spiega Evelina Pesavento, giovane manager ed esponente di seconda generazione della famiglia che, negli anni ’60, diede vita a questa impresa specializzata nelle costruzioni e lavorazioni meccaniche contoterzi. «Di recente abbiamo lavorato una connessione a “Y” per la conduttura di un oleodotto. Il pezzo grezzo pesava 90 tonnellate e, dopo cinque mesi di trattamenti effettuati nella nostra officina, era stato ottimizzato a 30 tonnellate. La particolarità di questa connessione è che ne esistono solo 18 al mondo e, di queste, cinque le abbiamo lavorate noi». Per questo tipo di lavorazioni meccaniche la difficoltà maggiore è il trattamento di alesatura, fresatura e tornitura in profondità e non tutte le officine sono attrezzate per soddisfare questa esigenza. «Noi interveniamo in una piccola ma importante fase del processo produttivo, perché ci occupiamo sia della lavorazione meccanica sia dei controlli e collaudi. Abbiamo investito in formazione, capacità ingegneristica, strumenti e macchinari per dare questo servizio ai nostri clienti, cioè sia le società meccaniche che poi forniscono i pezzi finiti a gruppi come Ansaldo, Nuovo Pignone,? Samsung o General Electric, sia gli ispettori qualità e sicurezza di queste grandi compagnie. Come è arrivata la Comall a questo risultato? «Fino agli anni ’90 abbiamo sviluppato la costruzione di macchine per la lavorazione della lamiera. Poi le condizioni del mercato, che hanno visto entrare competitor cinesi e turchi molto aggressivi, insieme a una standardizzazione della tecnologia che rendeva più incidente il costo del personale, ?abbiamo iniziato a potenziare le lavorazioni meccaniche conto terzi e da quel momento si è aperto un nuovo mercato. Oggi siamo tra i pochi al mondo in grado di svolgere queste lavorazioni, grazie all’evoluzione di un know how meccanico interamente sviluppato all’interno nella nostra officina».

Cordata di investitori “risolleva” un’eccellenza industriale del Varesotto

BODIO LOMNAGO – Rilanciare il comparto dei sistemi tecnologici di sollevamento, già fiore all’occhiello dell’industria varesina, trasferendo conoscenze e competenze ai giovani e creando occupazione sul territorio varesino. Questa, in sintesi, la missione etica di Vht – Varese Hoisting Technology, l’azienda nata solo un anno fa con l’intenzione di diventare leader nel suo settore. Quella di Libero Donati, amministratore unico di Vht, e della cordata di investitori che ha creduto nel progetto può dirsi una scommessa ben avviata alla vittoria: «Partendo da zero – racconta Libero Donati – ?a gennaio 2012 abbiamo raccolto il capitale sociale di 4 milioni di euro, metà erogato dagli istituti di credito che hanno dato fiducia al nostro business plan, metà dalla quarantina di persone diventate socie di Vht, chi allo 0,5%, chi al 10%. Si tratta di addetti ai lavori, come system integrator e fornitori di componenti, ma anche di altri imprenditori e semplici sostenitori. Una compagine sociale orizzontale e aperta che testimonia la voglia della comunità di rilanciare le attività produttive in un territorio che, a causa delle acquisizioni straniere e della sfiducia degli imprenditori locali, sembrava votato alla deindustrializzazione». Adesso, dopo un anno, Vht occupa 13 persone e ha chiuso il 2012 con un fatturato intorno ai 500mila euro, con un obiettivo di raggiungere 1 24 milioni di euro entro i 5 anni di avvio dell’attività, per un’occupazione di 80 addetti entro il 2016. Il piano di investimenti prevede, per i primi tre anni, 1,5 milioni di euro in ricerca e sviluppo, 500mila euro in infrastrutture e 3,5 milioni di euro per l’acquisto del sito produttivo di Bodio Lomnago. «Dal mercato italiano ci sono state alcune sorprese, anche se in generale la contrazione è pesante, il mercato ha fatto segnare -40% in tre anni», continua Donati. «Noi continuiamo a tener fede ai nostri impegni e per crescere ci stiamo concentrando sui mercati esteri: economie emergenti come Brasile India, Sudafrica, Europa dell’Est, ma anche Usa e Canada». Vht non ha difficoltà a imporsi fra i competitor per la qualità suoi prodotti, che hanno un elevato contenuto in esperienza e know how, ma anche un ottimo rapporto qualità-prezzo, con garanzia assoluta di sicurezza. «Abbiamo raccolto attorno a noi, in una sorta di filiera corta, le migliori realtà produttive del territorio», conclude l’imprenditore.

Dal declino alla rinascita: protagonista della plastica torna a crescere del 20%

CAMPOGALLIANO – Nell’Emilia devastata dal terremoto c’è chi crede che investire nel nostro Paese, e nella produzione industriale sul nostro territorio, abbia ancora un senso, nonostante tutto. Lo conferma l’esperienza della LAR, azienda storica? salvata recentemente dal declino da una famiglia di imprenditori illuminati, rappresentata da Ezio e Gabriele Ferrini.? Quarantuno dipendenti che mantengono il posto di lavoro e che, insieme ad altri nove colleghi neoassunti, continuano a produrre instancabilmente in un’azienda che, dopo un periodo di flessione, ora sta crescendo. Non di poco: alla LAR dichiarano una crescita di fatturato in pochi mesi pari al 20% con oltre 4.500 clienti vecchi e nuovi, grandi e piccoli, sparsi in tutta Europa, che continuano a credere nella rinascita dell’azienda modenese. Trasferitasi da Formigine a Campogalliano, sempre nel distretto industriale noto a livello internazionale per la lavorazione delle materie plastiche, la LAR ha iniziato la produzione nel lontano 1939 come laboratorio artigianale per la produzione di porta trucco, occhiali e pettini color tartaruga, fatti a mano separando i denti uno per uno, ed è diventata famosa negli anni Quaranta per gli inimitabili occhiali che “umiliano il sole”, venduti in quantità e fogge inimmaginabili negli Stati Uniti. Ma la vera svolta dell’azienda è arrivata negli anni Cinquanta, quando la LAR sostenne le sperimentazioni segrete di Giulio Natta, che portarono alla produzione del primo oggetto in moplen, un materiale ottenuto grazie alla lavorazione del polipropilene prodotto dalla Montecatini, meglio conosciuto come “plastica”, quella plastica moderna che ha fruttato al suo inventore il Premio Nobel per la chimica nel 1963. Da allora la strada è stata solo in discesa, per arrivare nel 2005 a un fatturato di 27 milioni di euro con un’azienda leader di mercato a livello europeo per la produzione di isotermici di fascia alta: 250mila pezzi prodotti all’anno che, insieme al mezzo milione di cassette per l’appassimento delle uve – uniche al mondo per efficienza –, ai 2 milioni di secchielli di varia tipologia e ai 2 milioni di taniche e flaconi giustificano il salvataggio e l’obiettivo di rilancio di un’azienda che non poteva essere lasciata morire nell’assoluto silenzio. Un’azienda che – unica realtà industriale in Europa – vanta la contemporaneità di tre diversi tipi di produzione: lo stampaggio per iniezione, il soffiaggio per estrusione e la lavorazione del poliuretano espanso. Basi solide queste per poter guardare al futuro con un concreto progetto di rinnovamento basato sulla ricerca scientifica e sulla valorizzazione del capitale umano che l’azienda si porta dietro da quasi un secolo.

La leader dei tappi di sughero rinnova gli impianti e aumenta la produzione del 30%

CONEGLIANO VENETOC’è chi ristruttura e investe in tempo di crisi: è il caso della Amorim Cork Italia, l’azienda trevigiana filiale dell’omonima compagnia portoghese (la prima azienda nella produzione di tappi in sughero con una quota del 25% del mercato mondiale) e leader in Italia nella vendita di tappi in sughero, che ha ultimato di recente i due terzi dei lavori di ristrutturazione dello stabilimento situato nella zona industriale di Scomigo. Un intervento che si concluderà nel 2013 e grazie al quale l’azienda potrà aumentare la sua capacità produttiva del 30% grazie allo sviluppo dell’automazione industriale e del processo di flusso dei tappi. Con i suoi 34 dipendenti e una forza commerciale composta da 30 elementi, nel 2011 Amorim Cork Italia ha venduto 350 milioni di tappi per un fatturato, in crescita, di 35 milioni di euro, riuscendo a soddisfare il 18% della domanda nazionale. Importante anche l’investimento economico che sottolinea l’importanza strategica dell’Italia per il gruppo Amorim: «Crediamo molto nell’Italia – spiega l’amministratore delegato Carlos Santos – e anche nella capacità dell’industria vitivinicola di esportare nel mondo il valore aggiunto del made in Italy». In questa prima fase dei lavori si è proceduto con l’automazione di tutti i processi di alimentazione e la completa revisione dei sistemi di lubrificazione e imballaggio. «Abbiamo introdotto – continua Santos – dei sistemi di carico e scarico a sforzo zero perché per noi essere “sostenibili” significa partire soprattutto dalle persone. Abbiamo sempre rispettato i limiti di legge relativi agli sforzi fisici a cui sono sottoposti i nostri dipendenti ma ora abbiamo deciso proprio di azzerarli per garantire una sempre migliore qualità del lavoro». I lavori proseguiranno nell’agosto 2013 con la revisione completa del processo di timbratura.

Producendo macchine utensili “just in time” il fatturato cresce del 6%

CASTELLEONE ? Nel cuore del polo produttivo della meccanica cremonese, tra le campagne che circondano Castelleone, lavorano incessantemente gli impianti e i trenta addetti della ABM Benelli Macchine, azienda specializzata nella produzione di macchine utensili per la lavorazione della lamiera e ad asportazione di truciolo, operando per altri costruttori ma anche con una propria linea di prodotti. Lo confermano i dati sul fatturato: «nel 2011, che pure ha segnato una lieve battuta di arresto, abbiamo chiuso a ?6,5 milioni di euro, mentre nel 2012 avremo una crescita del 6%, la stessa attesa anche per il 2013», spiega Alberto Benelli, fondatore e attuale amministratore delegato della società, che funge da capogruppo per altre tre imprese nate grazie allo sviluppo delle attività: la Benelli Cablaggi, che realizza cablaggi elettrici, la BTB Carpenteria, azienda a suo tempo rilevata da uno stato di crisi, che svolge le lavorazioni di carpenteria, e la Cabe, che cura i servizi di installazione e assistenza alla clientela. Ma come è riuscita a imporsi sul mercato questa piccola realtà imprenditoriale, che opera già su un’area produttiva di 3.200 metri quadrati e vede viaggiare verso l’estero il 90% dei suoi macchinari? «Abbiamo cominciato in due, lavorando come service di manutenzione alle macchine utensili. Poi abbiamo iniziato a ?svolgere attività di costruzione conto terzi, prima limitata al montaggio meccanico e successivamente integrata con la parte elettrica fino ad arrivare alla produzione completa della macchina su progettazione del cliente», racconta Benelli. Nel tempo si è sviluppata anche una produzione a marchio ABM, incentrata su alcune linee di accessori quali le tavole di sollevamento e la produzione di alcune macchine speciali: «in sostanza abbiamo sviluppato la capacità di risolvere specifici problemi produttivi posti dal cliente, quindi dedicandoci a una produzione esclusivamente personalizzata e non standard. Su alcune problematiche, in particolare la lavorazione delle lamiere per deformazione, l’esperienza sviluppata dal nostro ufficio tecnico costituisce ormai un know how distintivo e ci differenzia dai contoterzisti tradizionali». Tanto che dai capannoni della ABM sono uscite macchine totalmente innovative, come ?un’attrezzatura per la lavorazione del marmo a cinque assi, con testa di lavorazione brevettata, e una macchina per il taglio al plasma che l’azienda ha cominciato a commercializzare direttamente. «I nostri clienti, come ad esempio Coesia o Salvagnini, ?sono grandi realtà industriali, leader nei loro settori, per i quali lavoriamo con lead time molto brevi, tra le due e le tre settimane dalla data dell’ordine alla data di consegna del materiale. Per raggiungere questi livelli di qualità ed efficienza produttiva, negli ultimi anni abbiamo mantenuto un livello medio annuo di investimenti intorno ai 200mila euro». In un quadro certamente positivo, non mancano i coni d’ombra: «In prospettiva mi preoccupa la concorrenza internazionale, in considerazione della tendenza a delocalizzare la produzione all’estero da parte delle aziende nostre clienti. La nostra risposta al differenziale di costo tra la nostra produzione e quella estera è la focalizzazione sulla qualità e l’efficienza del servizio al cliente, così come rimane il know how specifico sulle soluzioni produttive. Si assiste però alla tendenza dei clienti a far acquisire la componentistica all’estero (Europa dell’est, Est asiatico?), non solo quella elettronica ma anche alcune parti meccaniche, che prima erano parte della nostra produzione, con il conseguente impoverimento del nostro processo di produzione». Sarà il prossimo step della ABM: investire sulla propria identità ed esclusività, per far conoscere anche sui mercati più lontani l’eccellenza produttiva di una piccola impresa manifatturiera della Pianura Padana.

Nel segno dei carrelli elevatori la cronaca di una fusione riuscita

CORMANO  – Come affrontare il momento critico di passaggio generazionale senza disperdere know how, aggregando capacità produttiva e sviluppando valore: è la formula di una fusione perfettamente riuscita, quella che ci racconta Marco Ungari, attuale amministratore dell’Arce Ungari Group, mentre ci accoglie nella nuova sede di Cormano. Sede ancora in fase di sistemazione per accogliere i nuovi spazi destinati alla partnership con l’ azienda tedesca E & K Automation di Amburgo, che permetterà ad Arce Ungari di  fornire servizi sui veicoli automatici Agv e Lgv, quindi di aumentare la sua capacità di intervento sulle nuove soluzioni di logistica di magazzino, integrando la tradizionale area di competenze sui carrelli elevatori con soluzioni di logistica automatizzata. Il Gruppo Arce Ungari rappresenta infatti l’unione di due storiche aziende che hanno operato sin dagli anni Sessanta nella vendita e nell’assistenza tecnica dei tradizionali carrelli elevatori. L’operazione di fusione delle due aziende, appena conclusa, rappresenta un felice caso di successione generazionale che coinvolge due famiglie di imprenditori e  testimonia la lungimiranza dei fondatori delle rispettive aziende e la chiarezza di visione che ha permesso, nel giro degli ultimi tre anni, di integrare due realtà aziendali in un progetto di sviluppo che ha retto anche l’attuale crisi economica, portando l’azienda nel 2011 a un  fatturato di 7,5 milioni di euro, livello confermato per l’anno in corso. «Il risultato del processo di integrazione delle due società, un tempo concorrenti, è un’organizzazione che conta 42 persone, una forte struttura di assistenza tecnica alla clientela, un vero centro di formazione disponibile anche per tutti i clienti che tengono alla preparazione dei propri carrellisti», spiega Ungari.  «Tutto ciò è stato possibile grazie a un forte investimento nel capitale umano dell’azienda:  in questi ultimi anni ogni collaboratore dell’azienda ha seguito mediamente due corsi di aggiornamento all’anno, non solo tecnici ma anche rivolti alle metodologie di gestione aziendale». La strategia di sviluppo sul mercato è stata dettata dal principio di seguire il cliente nell’evoluzione dei suoi bisogni: un patrimonio di circa 2.500 clienti molto fidelizzato che, riconoscendo la qualità del servizio dell’azienda, ha richiesto ad Arce Ungari di dare risposte alle  varie esigenze connesse alle problematiche di movimentazione e di logistica di magazzino. «Abbiamo risposto attivando partnership con aziende selezionate, fornitrici di attrezzature e servizi che vanno dalle scaffalature al software per la movimentazione del magazzino,  dalle macchine per la pulizia ai sistemi di movimentazione automatica Agv-Lgv». Marco Ungari ci lascia spiegandoci che «la scelta dell’azienda è quella di mantenere serietà nel seguire le esigenze dei clienti, scegliendo dei partner che condividono la medesima serietà e filosofia del servizio al cliente, attrezzandosi con adeguate soluzioni di servizio tramite integrazioni di partnership. I nostri clienti, in massima parte piccole e medie imprese, grazie anche alle scelte compiute dalla nostra azienda, possono approcciare l’evoluzione della logistica, strutturandosi per aumentare l’efficienza e la produttività delle strutture dedicate ai magazzini».

In tempo di crisi c’è chi investe 3 milioni di euro per aumentare la produttività

OSNAGO ?– «Per noi la crisi ha significato dare un segnale di svolta radicale al nostro modo di operare, investendo sulla qualità e sull’affidabilità della produzione per i grandi volumi di ordinativi»: Vincenzo Colombo, amministratore delegato della Torneria Colombo, azienda lecchese che proprio quest’anno festeggia i suoi primi cinquant’anni di vita, osserva con orgoglio l’ampio capannone che ospita i macchinari e gli impianti recentemente rammodernati, dove si producono 130 milioni di pezzi di minuteria di precisione all’anno, per un fatturato complessivo che nel 2011 ha raggiunto gli 11,5 milioni di euro, di cui il 35% destinato all’export. «Nel corso del 2011 abbiamo investito il 30% del fatturato in un piano globale di riqualificazione e innovazione tecnologica del nostro sistema di produzione, dalle macchine a controllo numerico fino al controllo di processo. ?Oggi raggiungiamo un tasso di produttività pari a 25mila pezzi all’ora, con diametri da 1 a 35 millimetri, per settori che richiedono massima qualità e precisione come l’automotive (che assorbe il 50% della produzione), il controllo fluidi, il medicale, l’oleodinamica o le telecomunicazioni». Con la sua cinquantina di addetti la Torneria Colombo guarda ora allo sviluppo del business orientandosi verso mercati che richiedono alte prestazioni quali-quantitative: l’ultimo passo riguarda il mercato svizzero, dove la società debutterà a fine novembre partecipando per la prima a volta a Swisstech, la più importante fiera elvetica della subfornitura meccanica.

Quelli che crescono abbattendo i costi di produzione dei clienti

BRESCIA – Ci sono aziende che hanno superato la crisi dell’ultimo biennio aiutando altre imprese a ottimizzare i costi di produzione e aumentare il vantaggio competitivo: è il caso della bresciana Stain, società specialista nelle ?soluzioni software “mes” (manufacturing execution system), che dopo il sensibile miglioramento di fatturato registrato tra il 2010 e il 2011, con giro d’affari salito a 2 milioni di euro, ha mantenuto la tendenza di crescita anche nel primo semestre 2012. «Abbiamo mantenuto alto il livello degli ordinativi sia sui clienti storici dei settori metal (acciaierie, fonderie, trafilerie, tubifici?) e manufacturing (automotive, rubinetterie, pressofusioni, stampaggio plastica, officine meccaniche ecc) sia su nuovi progetti in ambiti diversi», spiega l’amministratore delegato Claudio Morbi, che fondò la Stain quasi 25 anni fa con l’idea di sviluppare soluzioni innovative per l’automazione industriale. Un percorso vincente che ha portato l’originalità della piattaforma tecnologica (basata su plc Siemens) e della metodologia Stain a essere apprezzate da clienti top quali Arvedi, Feralpi, Aso, Lucchini RS, Fondital, Beretta Armi, Valsir, Italfond, Raffmetal, Eredi Gnutti Metalli, Brawo, Trw, Mta, Itap e la “new entry” Fidelitas. Anche settembre si apre su uno scenario di intensa attività. A cominciare dal lancio del nuovo sito – che metterà a disposizione di clienti e operatori una configurazione di più facile leggibilità e nuovi tools (filmati, newsletter, webinar?) – fino al nuovo piano di comunicazione, con impegni significativi anche sul fronte delle partecipazioni fieristiche. «Il mercato sta riconoscendo la validità della nostra metodologia e delle nostre soluzioni – aggiunge Morbi – e ci premia con i risultati». Il punto di forza di Stain, strutturata con un organico di 25 addetti tutti laureati, risiede proprio nell’esclusivo modello tecnologico e metodologico posto alla base della sua offerta produttiva: «Nati 25 anni fa come specialisti di soluzioni di controllo processo per l’automazione industriale, dalla fine degli anni ’90 abbiamo puntato sull’area “mes”, sviluppando soluzioni che permettono di controllare l’intero processo produttivo, dai dati acquisiti direttamente dalle macchine fino alla logistica. Noi controlliamo tutto quello che è rilevabile dalla macchine e impianti, ottimizzando i processi e abbattendo i costi di produzione, anche quelli occulti», aggiunge Andrea Casati, direttore commerciale.

Fanno squadra e business le tornerie automatiche del magentino

MAGENTA – Metti due cognati attorno a un tornio e ottieni una piccola ma efficiente rete di imprese: sono la Cozzi e la Tam (Torneria automatica magentina), le due aziende di lavorazione minuterie che, grazie all’alleanza strategica costruita dai due rispettivi titolari nonché parenti Francesco Cozzi e Maurizio Turrina, hanno deciso di operare come un unico soggetto per meglio reggere alle ondate della crisi. «Anche nel periodo più difficile abbiamo cercato di investire per migliorare la nostra produzione», spiega Cozzi, figlio di quel Bruno Cozzi che aveva fondato l’azienda esattamente cinquant’anni fa. «Soprattutto il 2009 è stato disastroso, poi ci siamo ripresi anche se non siamo tornati ai livelli pre-crisi. Invece di leccarci le ferite abbiamo cercato di aumentare la nostra produttività e il nostro livello di automazione, acquistando nuovi macchinari per avere pezzi con lavorazioni dirette senza riprese, anche su grandi diametri e con materiali diversi, dai metalli alle plastiche». A fronte di un fatturato di 3,5 milioni di euro e un’occupazione di 25 addetti, la Cozzi ha investito 500mila euro nel miglioramento tecnologico della propria area produttiva. A quel punto era logico ottimizzare le potenzialità: «La collaborazione con la Cozzi è stata una conseguenza naturale, sia perché siamo parenti sia per una evidente convenienza d’integrazione e diversificazione della gamma. Da un punto di vista commerciale, ci presentiamo sempre come due aziende distinte, ma partecipiamo alle fiere insieme, anche per un logico contenimento dei costi», racconta Turrina della Tam. Molto ampio, anche se concentrato per l’80% in Italia, è il mercato di sbocco della produzione Cozzi & Tam: «Lavoriamo per tutti i settori industriali, ma in prevalenza per l’automotive, l’oleodinamica e la rubinetteria».

Undici imprenditori per una super squadra votata alla meccanica e all’edilizia

SARONNO – C’è quello che fa parapetti e inferriate artistiche e quello che lavora la lamiera con il taglio laser; c’è il produttore di carriponte e impianti di sollevamento e quello che piega a salda i tubi: ci sono undici aziende, tutte situate nell’hinterland a nord-ovest di Milano, che dopo due anni di incontri, tavoli di lavoro e discussioni davanti a una buona pizza hanno deciso di mettersi insieme e costituire il Gruppo Carpentieri Alto Milanese. Per quale ragione? Lo ha raccontato Marino Innocenti (a destra nella foto), titolare della Nuova Ocim e portavoce del gruppo, durante il primo Forum della meccanica organizzato a Saronno da alcune sedi locali della Compagnia delle Opere: «E’ un’iniziativa nata e cresciuta tra aziende anche concorrenti che, con grande semplicità e pazienza, hanno cercato e cercano di trovare un punto di sintesi. L’aspetto importante è che ha prevalso la fiducia rispetto alla concorrenza. Gli incontri preparatori si sono svolti nelle diverse aziende, per conoscere e condividere l’eccellenza, le dotazioni tecniche, le possibilità operative di ciascun membro del gruppo», che oltre a Nuova Ocim comprende Benito Mattiolo, CMG, DAV, Futura, Lacomet, Latorretta, Mazza Sollevamenti, Neofin, Officina Meccanica Selmo e Tecnofer. Tutte aziende impegnate nel settore della carpenteria, con produzioni e lavorazioni destinate sia all’edilizia sia alla meccanica. Che hanno messo in comune capacità produttive e visione di mercato per raggiungere obiettivi più ambiziosi. Quali? «Ora ci possiamo presentare insieme, come un soggetto unico e specializzato, con l’obiettivo di poter soddisfare anche richieste di grande sostanza tecnico-economica, proprio perché insieme possiamo “aggredire” un progetto in molti dei suoi aspetti. Abbiamo investito in un portale (http://carpenteria-metalmeccanica.it/) in cui è preponderante l’immagine di gruppo, che mette sul piatto una serie importante di competenze progettuali, know how, strumentazioni». Oltre alla fondamentale questione di aver trovato una modalità innovativa per approcciare un mercato quanto mai in crisi, la costituzione del gruppo ha risposto ad altre esigenze, forse ancor più rilevanti: «Abbiamo cominciato a scambiarci i preventivi, quando uno di noi non riesce a soddisfare un ordine, oppure a farci affiancare nel soddisfare una richiesta; spesso questo sistema fiduciario consente di dare una mano a chi è in difficoltà nel completare una commessa. E’ successo anche che chi aveva un po’ più di lavoro per se’ sia riuscito a girarne un po’ agli altri. Ma anche più in generale aver lavorato sull’idea del gruppo ci ha consentito di avere attenzione verso chi era più in difficoltà». Poi l’operare in gruppo ha comportato anche vantaggi pratici, ad esempio nel campo della formazione: «Diverse aziende avevano la necessità di fare formazione per poter conseguire alcune certificazioni, così abbiamo potuto attivare dei corsi in comune risparmiando una cifra consistente. Stiamo anche cercando finanziamenti per poter fare come gruppo i corsi per il rilascio dei patentini per saldatori», ha concluso Innocenti.

Con lo stampo per la Formula 1 il fatturato sorpassa la crisi

SPINETOLI – Gianluca Straccia non ha ancora quarant’anni ma può definirsi un imprenditore affermato. Non nella forma ma nella sostanza: uno stampo progettato e fabbricato nella sua azienda marchigiana, la Meccanica Santa Barbara, è stato utilizzato da una delle scuderie più importanti della Formula 1 per realizzare uno snoker, cioè una presa ?d’aria per motore, in fibra di carbonio. «Siamo un’azienda giovane, nata nel 2001 e con un organico di una ventina di collaboratori che non supera l’età media di 30 anni», racconta Straccia, che guida l’azienda insieme alla moglie Barbara. “Abbiamo sempre lavorato nella subfornitura, rispondendo alle richieste di componenti e particolari meccanici per settori come l’automotive, l’alimentare, il parafarmaceutico e l’automazione industriale, con 18 centri di lavoro di tornitura e fresatura a controllo numerico, cui si è aggiunto un innovativo reparto di carpenteria con saldatura. Qualcuno ha osservato la nostra capacità e ci ha commissionato la realizzazione di questo stampo speciale, un incarico prestigioso e tecnologicamente molto avanzato». Una capacità davvero notevole, se è vero che, in assoluta controtendenza con la situazione recessiva, la Santa Barbara ha chiuso il 2011 con un fatturato in crescita del 40%, di cui il 15% generato su mercati esteri, in particolare Germania, Gran Bretagna e Spagna. Come è stato possibile? «La crisi del 2009 ci ha rallentato per quattro mesi, poi abbiamo diversificato, portando l’azienda su settori più innovativi, come il racing e l’energia. Oltre allo snoker per la Formula 1, abbiamo realizzato per un grande gruppo italiano un interruttore speciale per un modulo da 50.000 volts, e abbiamo inserito a catalogo 400 esemplari diversi di pezzi speciali. Un’evoluzione riconosciuta anche dalle istituzioni, che ci hanno assegnato per due anni consecutivi il premio regionale Marche Innovazione». Per Straccia il sistema delle pmi non è ancora fuori dalla crisi, «ma per superarla serve un modello differente di collaborazione tra imprese italiane», un processo che sta contribuendo a sviluppare insieme ai colleghi del Consiglio nazionale dei Giovani imprenditori della Cna. E continuando a puntare sul capitale umano: «E’ fondamentale, insieme alla possibilità di introdurre procedure innovative e trattamenti speciali. In tal senso abbiamo avviato diversi progetti di ricerca con tre centri universitari e due organizzazioni di categoria».

Se la crisi «morde», bisogna reingegnerizzare i processi produttivi

FINO MORNASCO – Concepire, Realizzare, Migliorare. Questo potrebbe essere il vero significato dell’acronimo dell’azienda di Fino Mornasco. «Mai come ora è necessario ripensare i processi produttivi per rimanere competitivi», dichiara Arturo Mazzoccato, socio fondatore di C.R.M. di Mazzoccato & Figli, «e con il nostro know how stiamo aiutando molte aziende a proseguire la loro storia», conclude con legittimo orgoglio. La piccola azienda, 12 dipendenti e circa 1 milione di euro di fatturato, con certificazione Iso 9001/2008, ha recentemente contribuito alla reingegnerizzazione di linee produttive di aziende medio-grandi, impedendone la delocalizzazione con la conseguente perdita di posti di lavoro. «Progettiamo e produciamo utensili speciali per lavorazioni ad asportazione di truciolo da oltre trent’anni – sottolinea Antonella Mazzoccato, socia – ma mai come in questo momento il nostro lavoro ha avuto una valenza sociale così pronunciata. Salvaguardare posti di lavoro significa arrestare l’erosione del tessuto produttivo e, quindi, sociale di questo territorio. Le aziende hanno la loro ricchezza vera nella professionalità dei propri collaboratori». Spiega: «Ci mettiamo a disposizione del cliente: a uno stesso utensile si possono far svolgere diverse operazioni, riducendo drasticamente i tempi di preparazione delle macchine utensili. Fino al 30% in meno di costi. Per noi innovazione è affiancare il cliente nella risoluzione dei suoi problemi, privilegiare il lato tecnico sempre e comunque». Per la Mazzoccato, «le aziende italiane hanno nel proprio dna un plus che oggi si prova a definire invisible assets: sono avanzate nell’approccio al mercato e al cliente. E’ un plus umano, sociale e creativo: il saper fare e il sapersi relazionare, verticalmente in filiere e orizzontalmente in distretti, contraddistingue particolarmente anche dimensioni piccole e piccolissime. E’ questo il vero made in Italy».

Dall’Everest alla conquista del mondo, con gli impianti acchiappa-meteo

SETTALA ?– E’ là, sull’Everest, a poche centinaia di metri dalla vetta, la più «alta» stazione di monitoraggio meteorologica del mondo: l’ha progettata e realizzata la Lsi-Lastem, piccola (35 addetti) azienda dell’hinterland milanese caratterizzata da un riuscito connubio tra leadership imprenditoriale familiare e conduzione manageriale, che dagli anni Settanta ha collocato in Italia e anche all’estero migliaia di centraline per la rilevazione delle condizioni meteorologiche per scopi civili e industriali. Ma la più innovativa area di sviluppo del business, oggi stabilizzato a 4 milioni di euro all’anno, è quella che ha a che fare con le fonti energetiche alternative, il solare e l’eolico, che oggi vale il 20% del giro d’affari, come spiega il direttore commerciale Federico Pasquini: «Dalle grandi installazione sui tetti di capannoni e magazzini agli impianti a terra della Sun Valley pugliese, in questo ultimo biennio abbiamo disseminato il Paese di centinaia di stazioni per rilevare la risorsa energetica disponibile, cioè la radiazione solare, e verificare così l’efficacia di rendimento degli impianti fotovoltaici rispetto alle condizioni atmosferiche». Misurazioni fondamentali per determinare tutti gli aspetti economici connessi alla produttività dei pannelli e alla cessione dell’energia alla rete nazionale. Nel campo dell’eolico, l’intervento della Lsi-Lastem precede l’installazione delle pale, «perché occorre verificare la qualità e l’intensità dei flussi ventosi per dimensionare grandezze e potenze dell’impianto eolico». L’aspetto sorprendente dell’attività diversificata dell’azienda di Settala è che ci sono aree d’intervento apparentemente inconciliabili: «Abbiamo realizzato i sistemi di monitoraggio delle condizioni igrometriche dei Musei Vaticani e, al tempo stesso, gli impianti posizionati presso discariche e termovalorizzatori per la rilevazione dell’impatto delle condizioni atmosferiche sulla gestione dei rifiuti», aggiunge Pasquini. Ora la Lsi-Lastem guarda all’estero, per aumentare la quota di export sul fatturato, oggi al 25%. «In Italia siamo leader, ora vogliamo portare queste tecnologie, interamente studiate e prodotte nel nostro stabilimento,? su molti altri mercati».

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