Ancora in calo l’indice di fiducia Ifiit (l’indice di fiducia sugli investimenti in innovazione tecnologica), che scende a 30,30 punti dai 30,70 della precedente rilevazione pubblicata a novembre. Rispetto all’indicazione di ottobre (31,60), l’Ifiit ha perso un punto e 30. In termini assoluti la perdita in due mesi di 1,30 basis point di fiducia non è certamente il calo più vistoso finora registrato dall’Indice Ifiit, ma in termini relativi la perdita di tale consenso, su una base già ridotta di apprezzamento, è un dato da registrare con vivida preoccupazione, in quanto conferma ormai da mesi che meno di un terzo della base imprenditoriale mostra una significativa propensione a investire in innovazione produttiva. Viene così confermato il clima di progressiva rassegnazione da parte di una componente rilevante di produttori, ai quali restano poche prospettive: ristrutturazione, migrazione delocalizzativa, internazionalizzazione, accordi e politica di acquisizione passiva (diversi imprenditori segnalano interesse a farsi acquistare l’azienda da parte di altri gruppi). La difficoltà a reperire credito sui mercati è senza dubbio un fattore di criticità del sistema. Tuttavia a questo elemento si deve aggiungere per alcuni settori come il commercio e l’edilizia la percezione di una certa mancanza di prospettiva sul versante del mercato interno. E ciò appunto rallenta l’elaborazione di piani e progetti di investimento. Segnalano un robusto scatto di fiducia nei confronti degli investimenti tecnologici alcuni comparti come l’aerospaziale, la meccanica fine e una parte della filiera logistica.
Stabili, su posizioni elevate, la fiducia degli imprenditori nei comparti delle alte tecnologie, della farmaceutica, della chimica, della comunicazione e del settore energetico, mentre la fiducia è in leggero calo per i settori dell’agroalimentare e del lusso. Sul tema del digital divide il sentiment resta sostanzialmente stabile, mentre per quanto riguarda le aree geografiche, la propensione ad investire resta elevata in Lombardia, nel Nord-Est e in alcune aree del Centro. In prevalenza è in calo nel resto del Paese.
Il calo della propensione agli investimenti è certamente legato alla fase congiunturale, al mood degli imprenditori e alla grande incertezza che contraddistingue il ciclo economico. Sarebbe tuttavia ingeneroso non considerare anche l’aspetto elettorale. E’ intuitivo che “in attesa del voto si investe di meno”. La decisione di rimandare una politica di investimenti, sia produttivi sia innovativi, sarebbe dunque legata all’incertezza del quadro politico. Secondo i sondaggi, gli italiani che si recheranno al voto nella prossima primavera potrebbero far prevalere un quadro di assoluta ingovernabilità. E’ quanto mai difficile che dalle urne esca una maggioranza forte e qualificata: lo impedirebbero una legge elettorale complicata e la mancanza di chiare leadership, anche se le primarie del Centro-sinistra hanno in un certo qual modo contribuito a rasserenare il clima. Un Monti-bis? Un governicchione di varia aggregazione? E se dalle urne sortisse una complessità di “peggioranze”? Di fronte a questi e ad altri potenziali rischi e pericoli, meglio non rischiare. E così molti imprenditori battono in ritirata, in attesa di tempi migliori. E’ la strategia del ghiro, che contribuisce a rallentare la propensione. Già, ma quanto pesa questa indecisione sull’indice Ifiit e sul suo calo degli ultimi mesi? Secondo le stime realizzate attraverso la valutazione compiuta con alcuni esperti del Focus Group di Ifiit, una quota compresa tra il 15 e il 25% delle piccole e delle medie imprese italiane sarebbe “grandemente influenzata” da questa attesa mentre un altro 40% – 50% potrebbe subire una “discreta ripercussione”, mentre solo un 20-30% non mostrerebbe particolare preoccupazione. La combinazione di fattori come recessione e incertezza politica contribuisce a comprimere gli “animal spirits” della piccola imprenditoria, soprattutto i più esposti alle linee dettate dalla politica economica.