MILANO – Gli investimenti fatti dalle maggiori utility italiane nel settore acqua portano a ricadute economiche stimate per il Paese in oltre 3,6 miliardi euro all’anno e creano 21.000 posti di lavoro. Sono alcuni dei dati presentati da Alessandro Marangoni, ceo di Althesys, alla seconda conferenza nazionale sulla regolazione dei servizi idrici, organizzata a Milano dall’Autorità per l’Energia. Secondo l’analisi di Althesys, il totale delle ricadute degli investimenti delle imprese idriche tra le 100 maggiori utilities nazionali, pari nel 2011 a 1,1 miliardi di euro, è di 3,601 miliardi, pari allo 0,22% del Pil con una stima di circa 110 miliardi di euro in 30 anni. Questo volume di investimenti genera circa 11.850 posti di lavoro diretti e 9.070 indiretti, per un totale di quasi 21.000 occupati. Le aziende del settore del ciclo idrico integrato hanno investito mediamente l’11,3% del fatturato, contro il 4% circa degli altri comparti utility. Le principali aree di intervento sono nella sostituzione delle tubazioni, ampliamento e adeguamento della rete fognaria e degli impianti di depurazione. Nonostante la congiuntura economica negativa, ha rilevato ancora Marangoni, il settore delle utility ha svolto infatti storicamente un ruolo anticiclico e difensivo, dimostrandosi anche relativamente stabile rispetto ad altri comparti. Gli investimenti nel settore costituiscono un motore di sviluppo date le loro peculiarità tipicamente infrastrutturali e il carattere trasversale della domanda indotta rispetto ai vari settori produttivi. Questa stima fa riferimento ai soli profili economici, escludendo quelli ambientali e intangibles. Tuttavia, la sola tariffa non può risolvere tutti i problemi del settore idrico, secondo Marangoni: è necessario migliorare il rapporto qualità/prezzo. «Occorre favorire – dice il docente dell’Università Bocconi – efficienza e aggregazioni per ottenere economie di scala. Per fare questo è necessario anche avere una visione complessiva della risorsa acqua, che coinvolga non solo le utility, ma anche altri settori come agricoltura, energia e industria. Insomma serve una politica nazionale per l’acqua a tutto tondo».
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