Architettura a km 0 con le risorse del bosco

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CUNEO – «Con l’architetto Dario Castellino stiamo impostando un progetto che prevede la realizzazione di un’unità immobiliare in legno, a km 0.  Si va dalla pulizia del bosco al recupero del materiale di scarto per produzione di energia, fino alla realizzazione del modulo e degli allestimenti interni. C’è allo studio l’utilizzo di un’essenza per la realizzazione dei mobili, il pino cembro, presente nel bosco dell’Alevè nel Parco del Monviso, che ha particolari caratteristiche terapeutiche»: così Giacomo Verrua, imprenditore e responsabile dell’Associazione Tranchero, illustra lo stato dell’arte del progetto di eco-edilizia che punta alla tutela e allo sfruttamento intelligente delle risorse boschive. Per saperne di più abbiamo intervistato l’architetto Castellino.

Anni di incuria hanno devastato la qualità dei boschi. E’ ancora possibile recuperare le essenze autoctone? 

«I territori montani italiani non sono mai stati luoghi selvaggi ma luoghi fortemente antropizzati in cui l’uomo da millenni ha abitato e coltivato. Il bosco ha avuto un ruolo molto importane per la sopravvivenza dell’uomo in quei luoghi  per l’approvvigionamento di legname da ardere, legname per le costruzioni, per l’atigianato eccetera. Dal dopoguerra in poi il bosco ha subito innumerevoli stravolgimenti normativi e comportamentali che ne hanno compromesso profondamente il suo aspetto. Lo spopolamento non ha più permesso un costante avvicendamento dei tagli e della quantità di piante tagliate fino ad arrivare a situazioni eccessive di non taglio o di taglio selvaggio e indiscriminato. La legislazione ha creato vincolistiche autorizzative tali da non permettere più una coltivazione normale e chiara del bosco che ha avuto come conseguenza la fine dell’economia del legno e la crescita indistinta del bosco, con il repentino abbassamento della qualità del legno e la totale assenza di un controllo capillare del territorio con le conseguenze che ben conosciamo».

Attraverso la coltivazione del bosco, è possibile pensare ad una riqualificazione del territorio? 

«Sono convinto che se si cominciasse a immaginare il bosco non solo come superficie estetica naturale indistinta da utilizzare per le passeggiate della domenica, ma come fonte di sostentamento e rinascita economica, si otterrebbe come risultato la sua riqualificazione e il ripopolamento vero e sano dei territori montani, cosa che a oggi non è assolutamente compresa nell’immaginario collettivo e nelle classi dirigenti. Tutto ciò è possibile creando una forte sinergia tra il legislatore e gli attori locali della  filiera e avendo come obiettivo una procedura chiara di abbattimento e dandosi dei parametri di qualità molto virtuosi».

Quali sono le migliori opportunità per i soggetti interessati a rientrare in montagna? 

«Le opportunità che offre la nostra montagna per chi intende riabitarla sono tante ma devono essere solo ed esclusivamente economiche e non dettate da meccanismi di sovvenzione pubblica. Questo è possibile se si sa riconoscere nella filiera del legno gli elementi di una nuova economia verde. Il mondo è in continua evoluzione e si sente sempre più forte l’esigenza di conoscere e vivere territori come il nostro nel cuore dell’Europa, ma ancora poco abitati e selvatici, dove la speculazione edilizia e industriale ha fatto pochi danni e dove è possibile creare economie verdi. Credo che sia un passaggio chiave di riconoscibilità dei nostri territori e di questa potenzialità inespressa oggi molto richiesta».

Quali sono i settori o le tipologie produttive che potrebbero trarre vantaggio dal recupero della vita montana?

«Il settore del legno sicuramente: ultimamente dopo la ripartenza mondiale post Covid il prezzo del legno proveniente dall’Austria è più che raddoppiato e ha avuto come conseguenza positiva il ri-innesco del circuito virtuoso del legno locale, diventato economicamente vantaggioso rispetto a quello austriaco. Ma non solo il legno: anche l’agricoltura in generale, la produzione di piccoli frutti e fiori, ovviamente il turismo leggero escursionistico, culturale ed enogastronomico, il tutto in una nuova visione leggera e poco impattante».

Ci sono requisiti o pre-condizioni ideali per poter operare su questo mercato attirando investitori esteri?

«Ritengo importante cogliere noi stessi questa opportunità e farla diventare risorsa economica solida e ben strutturata e solo dopo coinvolgere investitori stranieri, altrimenti il rischio è quello di non creare le condizioni naturali di ripopolamento e di ridistribuzione della ricchezza ma di mero sfruttamento».

Che consigli si sente di dare a un privato che intende ristrutturare il proprio immobile , a km 0? 

«Innanzi tutto saper guardare con occhi nuovi il fabbricato che si intende recuperare, cogliendone gli elementi della tradizione dell’uso dei materiali e delle tecniche utilizzate e utilizzando in modo ragionato materiali del luogo come legno, pietra, calce, paglia, lana, terra, canapa eccetera. Si scoprirà che esistono materiali di qualità molto alti a portata di mano e che permettono di recuperare in modo ottimale con risultati tecnici ed estetici notevoli».   

Quali servizi, supporti o strumenti possono essere messi a disposizione? 

«E’ importante rendere cosciente il territorio delle proprie risorse e di quali sono gli esempi da imitare e quali possono essere i meccanismi che devono essere messi in campo per innescare la ripartenza. C’è bisogno di figure professionali e imprenditoriali esterne molto preparate per fare da supporto e instradamento a questi nuovi processi economici, oltre al ripensamento e un serio coinvolgimento di tutte le figure istituzionali già attualmente presenti sul territorio come le unioni montane, provincie, associazioni di categoria che in questi anni sono state spesso solo di ostacolo o peso».

Può raccontarci la storia di intervento sul territorio? 

Lavoro sempre più spesso con materiali del mio territorio evitando se possibile di acquistare materiali che arrivano da molto lontano. La comodità di approvvigionamento dei materiali standard non del nostro territorio fa parte di un automatismo consolidato e inconsapevole che arricchisce multinazionali o economie molto lontane e non permette di ri-innescare economie locali di materiali altrettanto validi. Recentemente ho appena concluso il recupero di un piccolo essiccatoio con un ampliamento in legno che sarà utilizzato come B&B utilizzando quasi tutti materiali locali. Ho recuperato in modo filologico le parti esistenti in pietra di un vecchio essiccatoio e isolato il tetto con calce-canapa ( calce di Piasco e Canapa di Carmagnola), ho rimesso le vecchie lamiere a copertura del tetto e ho realizzato l’ampliamento con legno di larice dell’alta Valle Stura e isolato i muri con isolante in calce- canapa e fibra di legno. La forma riprende le volumetrie della tradizione ma riletta in chiave contemporanea. Il recupero ha permesso di mettere in scena le potenzialità dei materiali locali e di far comprendere che è possibile fare architettura di qualità».

    

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