Roberto Castaldo, business coach e fondatore di 4 MAN Consulting
In Italia è sempre più difficile fare impresa, soprattutto a causa della pressione fiscale. Nonostante ciò, però, gli italiani continuano ad essere un popolo che crede nelle proprie capacità imprenditoriali, e che è pronto a sfidare la sorte e il delicato assetto economico per realizzare il proprio sogno imprenditoriale. Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia operano 63,8 imprese ogni mille abitanti, un tasso di concentrazione tra i più alti in Europa, e se è vero che sono molte le attività che sono state costrette a chiudere a causa della crisi, altrettante sono le startup che ogni anno decidono di lanciarsi sul mercato. Le motivazioni che portano alla costituzione di un’azienda possono essere suddivise in tre macro categorie: aziende nate per clonazione; aziende frutto di successione; aziende nate da grandi idee. Ognuna di queste tipologie ha in sé determinati punti di forza ma, al tempo stesso, è soggetta a specifiche minacce. Le aziende nate per clonazione sono le aziende familiari, che applicano un meccanismo di recruiting vecchio stampo: mio figlio, mio nipote, figli di amici, o comunque persone fidate. Spesso i giovani che iniziano a lavorare in questo modo, una volta imparato il “mestiere” decidono di aprire la loro azienda ed offrono ai clienti dell’ex-capo lo stesso prodotto, ma ad un prezzo più basso. Queste aziende basate principalmente su una politica di prezzo sono destinate a chiudere non appena il mercato cambia. Le aziende frutto di successioni sono aziende familiari in cui il passaggio generazionale avviene quando il capo decide di andare in pensione, lasciando il comando dell’attività al giovane figlio 40/50 enne. Il parco dipendenti è spesso coetaneo del capo uscente, nonché padre dell’attuale leader, per cui il tutto va rifondato. Il rischio in questo tipo d’impresa è che fallisca a causa dell’incapacità del successore di implementare, o almeno replicare, le dinamiche organizzative del fondatore. Negli ultimi anni sono nate moltissime start up, aziende innovative fondate su grandi idee, ma spesso gestite da tecnici che niente hanno a che fare con il mondo imprenditoriale. Queste imprese rischiano di non riuscire a decollare, o di avere vita breve, a causa dell’eccessivo orientamento al prodotto, senza avere un adeguato supporto sul fronte manageriale. E’ indispensabile dire che senza un’adeguata preparazione del suo leader, qualsiasi azienda chiude entro i primi 5 anni. Spesso nei miei corsi di formazione mi viene chiesto di parlare della figura dell’imprenditore, proprio perché molti che si ritrovano a capo di un’attività non hanno una vera cultura imprenditoriale. Possiamo sintetizzare in questi pochi punti le chiavi per gestire al meglio un’azienda.
L’imprenditore deve essere un buon venditore. Deve vendere la sua idea d’impresa: ad altre persone per farle lavorare alla sua idea; alle banche, per farsi finanziare; ai clienti che diventano i primi finanziatori dell’impresa; ai fornitori che devono affiancare la sua idea imprenditoriale;
deve avere capacità di visione e leadership, l’imprenditore deve essere carismatico, deve avere coerenza, una visione chiara e deve diventare un catalizzatore di talenti in azienda. Competenza primaria: “capire le persone”, che si tramuta in capacità di reclutare personale, clienti, fornitori;
deve essere curioso di conoscere e di imparare. Il primo investimento che deve fare è sulle sue competenze: “chi non si forma si ferma”;
deve avere un’altissima capacità organizzativa, per gestire flussi di informazioni per se e per i collaboratori;
deve capire quando è il momento di lasciare. Questo vale anche sulle attività di delega più semplici. Spesso si entra in un delirio di onnipotenza nel quale si pensa di poter controllare tutto, e che tutti dovrebbero essere come lui… rischiando di diventare così il nemico numero 1 della sua stessa creatura.