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GLOBAL STRATEGY: Per l’Osservatorio Pmi raddoppiate in un anno le aziende eccellenti italiane

MILANO – Visione strategica, capacità di innovare prodotto ed efficienza aziendale e l’abilità di anticipare la direzione in cui si muoverà il mercato. Ecco l’identikit delle 483 imprese eccellenti italiane, vera spina dorsale dell’economia del nostro Paese, che crescono di ben il 50% rispetto allo scorso anno. Sono aziende capaci di performance di crescita, di redditività e di solidità patrimoniale da 2 a 10 volte superiori rispetto alla media. È la via italiana al successo internazionale: innovazione, caparbietà imprenditoriale e capacità strategica come elementi costituenti il fattore umano delle imprese eccellenti. E’ quanto emerge dal rapporto annuale dell’Osservatorio Pmi di Global Strategy, società di consulenza strategica e finanziaria, che ha presentato i risultati dell’edizione 2015 nel corso del convegno “L’importanza del fattore umano. Tendenze e testimonianze dalle imprese eccellenti 2015”, organizzato in collaborazione con Borsa Italiana, Negri-Clementi Studio Legale Associato e Great Place to Work. L’Osservatorio Pmi ha analizzato oltre 40mila imprese italiane manifatturiere e di servizi, tra le quali ha individuato circa 7mila aziende che hanno registrato un valore della produzione tra 20 e 250 milioni di euro. Partendo da questo universo di riferimento, ha poi selezionato quelle che negli ultimi cinque anni hanno superato la media del loro specifico settore in ben 11 parametri economico-finanziari e patrimoniali. Quest’anno sono 483 le imprese che hanno dimostrato capacità di crescita eccezionali: ben 156 in più rispetto allo scorso anno, con un incremento del 47,7%. Si tratta di aziende che hanno registrato un incremento medio del valore di produzione del 170% nel quinquennio, uno sviluppo più che proporzionale di redditività (Ebitda +212%, Roi +168%) e patrimonializzazione, con una accelerazione significativa nell’ultimo biennio, e aspettative di ulteriore sviluppo nei prossimi tre anni. Si tratta prevalentemente di imprese di proprietà familiare (92,5%), dove l’importanza del fattore umano si è dimostrata centrale per far fronte alle sfide della competitività nazionale e internazionale. In oltre 6 casi su 10 (57,8%) sono aziende presenti sul mercato da più di un quarto di secolo: per circa il 30% da 25 a 35 anni, per il 20% dai 36 ai 50 anni e per il 7,5% da oltre 50. Ma mentre persiste una limitata delega gestionale (intorno al 35%), si nota una struttura dall’elevata seniority aziendale anche nel Top Management, che per il 60,6% ha una anzianità in azienda superiore ai 10 anni. Questo elemento consente di assicurare continuità e sviluppo, anche in assenza di sistemi di retention delle risorse chiave strutturati o formalizzati in oltre il 66,7% del campione analizzato. Ma come interpretano il “fattore umano” le imprese eccellenti? Come un mix di innovazione, caparbietà imprenditoriale, capacità strategica e doti organizzative (36,6%), che con i valori e cultura aziendale (26,8%) sono alla base del loro successo. Altro elemento importante che emerge dal Report 2015 è la presenza di queste imprese non esclusivamente in nicchie di mercato specialistiche (61% del campione), ma anche in settori maturi, indifferenziati e globali, ovvero in arene competitive lontane dall’archetipo “classico” della piccola e media industria italiana. Un successo frutto di strategie consapevoli, come la focalizzazione, scelta 74% rispetto alla diversificazione, in particolare rispetto a prodotti ad alto valore aggiunto (63% rispetto a una strategia basata su prezzi competitivi). La tendenza all’internazionalizzazione, riscontrata in tutte le ultime edizioni dell’Osservatorio Pmi, viene ulteriormente confermata quest’anno. La quota di export è ormai oltre il 40%: il 44,8% per le aziende sopra i 50 milioni di fatturato, ma anche per quelle più piccole (20-50 milioni) la quota è ormai del 40,8% (+10pp), con l’aspettativa di superare il 50% nel prossimo triennio. Una crescita nei mercati esteri che coinvolge non soltanto le aree geografiche limitrofe (Europa 47%) ma tutti i mercati globali (Nord America 14%, Far East, Cina e India 19%). L’ingresso nei mercati esteri inoltre è avvenuto e avviene non solo mediante distributori locali (29,5%), ma in oltre il 44,5% dei casi, attraverso una presenza diretta e strutturata, ovvero filiali commerciali, siti produttivi o partecipazioni in imprese estere.

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